BENVENUTI NEL PAESE DELLE OPERE INCOMPIUTE

ne sono circa 900 per una spesa di oltre 4,5 miliardi di euro
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 30 Aprile 2016

 

Dalle Alpi a Lampedusa è tutto un pianto greco, miliardi spesi per nulla. Tra queste ve ne sono addirittura alcune che sono state anche inaugurate quando mancava pochissimo ma che alla fine non sono mai riuscite a vedere la luce. Renzi ha annunciato per il prossimo 22 dicembre l’apertura della Salerno-Reggio Calabria ma la verità è che…

Non fare oggi quello che potresti finire tra 40 o più anni. Sem-bra essere questa la barra di navigazione delle opere pubbliche italiane. Anzi, non “sembra”, è. L’elenco ne conta circa 900, con una spesa che sinora è stata di oltre 4,5 miliardi di euro; per completarle ne occorrerebbero almeno altri 1,2, ma – si sa – i costi lievitano più di una torta nel forno. Tra queste ve ne sono addirittura alcune che sono state anche inaugurate quando mancava pochissimo alla fine, solo qualche formalità. Eppure, non sono mai riuscite a vedere la luce, nonostante i tagli di nastri con tanto di fanfara. Simbolo di questo andazzo è l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, i cui lavori furono avviati sul finire degli anni sessanta. Il 22 dicembre sarà inaugurata (lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi). Finalmente, si dirà, qualcosa comincia ad arrivare a compimento. Finalmente? Fino a un certo punto, perché dei 499 chilometri complessivi, 58 resteranno così come sono, cioè una statale; per altri 40 devono ancora essere appaltati lavori che miglioreranno la viabilità, ma non trasformeranno quel tratto in un’autostrada, bensì una specie di superstrada. Quindi, mancherà all’appello un buon 20 per cento di quella che doveva essere la prosecuzione della A/1 (la cosiddetta Autostrada del Sole Milano-Napoli, 761 chilometri realizzati in appena otto anni). Se questa è un’autostrada….

Ci distingue, però, la tendenza a mettere la ciliegina sulla torta prima che questa sia finita: la città dello sport di Tor Vergata, a Roma, prevista per il 2009 e mai consegnata, ha già il suo simbolo, una vela disegnata dall’archistar spagnolo Santiago Calatrava Valls (lo stesso dell’orrendo Ponte della Costituzione sul Canal Grande di Venezia): peccato che intorno non ci sia nulla. Altri soldi buttati via. Come la strada provinciale 2 Bovalino-Bagnara Calabra (già spesi più di 10 milioni di euro) o la ferrovia Ferrandina-Matera, ancora di là da venire, un collegamento che sarebbe servito per rendere meno isolata la capitale europea della cultura del 2019. Il triste elenco è interminabile e copre tutta la penisola, a testimonianza che quando c’è da fare figuracce non ci sono nord o sud che tengano: l’Italia è davvero unita e tutta uguale.

Spulciando nel copioso elenco dell’anagrafe delle opere pubbliche incompiute di interesse nazionale – consultabile sul sito del ministero delle Infra-strutture – emerge il terminal dell’aeroporto di Saint-Christophe di Aosta: per chiudere il cantiere, costato già  8,8 milioni, ne occorrono altri 3,3, ma i vandali hanno già messo mano a quel poco che c’è; a Verduno (Cuneo) s’alzano al cielo i pilastri dell’ospedale di Alba e Bra: 159 milioni buttati visto che il terreno è franoso, quindi… Nell’elenco vi sono anche strade che finiscono nel nulla: lo svincolo di Desio, in Lombardia, quello di Monteroni d’Arbia (Toscana), la bretella sull’A22 tra Mantova e l’area industriale di Valdaro. E che dire della mini-metro Pincetto-Monteluce (Perugia), ferma al 67 per cento dei lavori dopo 140 milioni? O dell’idrovia Padova-Venezia, costata 461 milioni e ancora da realizzare? Dell’ospedale di San Bartolomeo in Galdo (Benevento), una delle incompiute più vecchie d’Italia? Addirittura ci sono opere per la cui conclusione mancherebbero pochi… spiccioli, affidate dopo tanto spreco dallo stato ai comuni i quali, non avendo neppure gli occhi per piangere, non possono completarle. E laddove i lavori sono finiti, l’opera non parte, come la diga del Pappadai di Taranto: in trent’anni sono stati spesi 70 milioni e non ha raccolto neppure una goccia d’acqua.

Insomma, dalle Alpi a Lampedusa è tutto un pianto greco. Miliardi spesi e sparsi per nulla (ma per alcuni, no!). Adesso si pensa di riconvertire alcune strutture in costruzione – come caserme – per farne centri per anziani o ostelli  per la gioventù, come ha ipotizzato il viceministro per le infrastrutture, Riccardo Nencini. Ma c’è un particolare: le norme non consentono di  stornare i fondi. La legge non prevede che si possa cambiare in corsa la destinazione dei relativi finanziamenti. I soldi sono stati stanziati per quello scopo e non c’è verso di destinarli altrove. Si dirà: basta cambiare la legge. Certo, ma chi l’approva se chi deve farlo è interessato a non cancellare le “opere” nel suo territorio? Meglio avere una cattedrale nel deserto e promettere che sarà aperta, piuttosto che correre il rischio di non tagliare un nastro dopo tanti anni e perdere consensi. Tanto chi paga siamo sempre noi, e chi incassa sono sempre loro.

’ospedale di San Bartolomeo in Galdo 7395715_orig la diga del Pappadai di Taranto

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