Assistiamo increduli al degrado del linguaggio politico. Una volta si sarebbe detto da postribolo o da latrina. Certe espressioni troppo forti, volgari, creavano scandalo. E generale riprovazione. Oggi ci apparirebbero del tutto innocue. Quasi normali. La personalizzazione della politica esalta il rapporto diretto tra leader e popolo. Chi cerca voti e consenso è portato ad adottare un linguaggio più spontaneo e sincero. Non sarebbe di per sé una male se, in questo modo, esprimesse uno sforzo di concretezza e di semplicità espositiva. Pane al pane, vino al vino. Dobbiamo però constatare che la digitalizzazione delle comunicazioni e la libertà di accesso alle piattaforme, hanno liberato più le viscere del pensiero, dato spazio più alla pancia della testa. Il bar o anche la sua toilette è diventato la Rete. Non solo. Chi usa parole forti, e magari ricopre di epiteti il prossimo, appare al pubblico (l’audience in quei momenti sale sempre) come più sicuro di sé e delle proprie idee. Votabile. Al contrario, chi è educato non suscita picchi di attenzione e appare timido, incerto. Poco votabile. La mitezza in politica non è più una virtù. Non accade solo in Italia, pensate soltanto all’asprezza del confronto tra i candidati alla presidenza americana.
La comunicazione digitale poi non conosce né ironia né sarcasmo. Non c’è fioretto, preferita è la clava. Palmiro Togliatti sconvolse il popolo comunista quando, nel 1951, diede dei “pidocchi” ai dissidenti reggiani. Che gli era preso? Lui che nelle polemiche più cruente con gli avversari amava citare l’Orlando furioso. Fu considerato inutilmente acido Mino Martinazzoli, segretario del risorto (per poco) Partito Popolare quando contestò le idee di Rosy Bindi. E la sventurata rispose, disse. Ma la sua era una citazione manzoniana. Lei ovviamente ci rimase molto male. Ugo La Malfa, segretario repubblicano al massimo dell’ira omerica diede del “miserabile” a un parlamentare monarchico, salvo poi pentirsene. Poi venne il “barbaro” Umberto Bossi con il suo “celodurismo” e il dito medio alzato. E la politica sembrò aver raggiunto gli inferi della maleducazione dilagante. Oggi anche Bossi ci fa tenerezza. Celebre fu una fotografia, durante un congresso della Democrazia Cristiana, di un anziano militante che tirò a forza entrambe le orecchie ad Amintore Fanfani. I telefonini non c’erano se no avremmo avuto sequenze infinite e particolari gustosi. Ecco, oggi ognuno, se lo vuole, è esattamente nelle condizioni di quel militante deluso. Ma può fare molto di più. Prendere a schiaffi il prossimo a tutte le ore. Con il beneficio del completo anonimato. Il problema è che anche il personaggio politico (Fanfani ci rimase male ma finì lì) si sente autorizzato a reagire in tutti i modi. Nel mondo digitale tutto è bianco e nero. Non ci sono sfumature, nuance. Non si stempera nulla. Nell’ansia di avere voti, like e audience, c’è chi imita il peggiore dei navigatori pensando così di essere autentico, credibile, forte e sicuro. Il circolo vizioso si alimenta apparentemente senza limiti.