UNA PIAGA CHIAMATA ABUSIVISMO

dossier di Legambiente
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 1 Gennaio 2019

Cosa c’entra la ricostruzione di un ponte crollato al Nord, con decine di case abusive costruite al Sud? C’entra, c’entra. Lo vedremo quest’anno, quando entrerà in piena attuazione il decreto per l’abbattimento e la ricostruzione il ponte Morandi, crollato nell’agosto del 2018 a Genova. In quel documento sono state inserire poche righe che condonano le case abusive a Ischia, rendendo legali, e quindi beneficiarie dei contributi statali, anche quelle costruzioni che erano illegali! Il solito condono edilizio che, ciclicamente, si abbatte sulla rettitudine dei milioni di italiani che rispettano le regole e fa gioire coloro che fanno i furbi, sicuri che prima o poi la faranno franca. Perché costruire in modo abusivo sembra una cosa talmente normale, che nessuno ci fa più caso. Anche perché, quand’anche la magistratura dovesse disporre l’abbattimento dei fabbricati, ben difficilmente ciò avviene. Ricordate i nove morti dell’ottobre scorso in Sicilia, quando l’esondazione di un fiume si trascinò a Casteldaccia una villetta per la quale era stato addirittura ordinata la demolizione? Ebbene, era ancora al suo posto; addirittura il proprietario aveva ottenuto la residenza in quel manufatto, affittato negli ultimi tempi alla famiglia di quelle povere vittime! Da noi si costruisce ovunque, in riva al mare, vicino ai corsi dei fiumi, in aree protette, sui terreni demaniali. Insomma, dove capita, tanto arriva un condono e tutto si sana. E se non dovesse arrivare? Le possibilità che si debba abbattere la casa sono talmente infinitesimali, che vale la pena correre il rischio. Anche perché la prescrizione vale pure per le irregolarità edilizie! Comunque, i riflettori si accendono solo in sporadiche occasioni, come le alluvioni, spesso letali proprio in zone dove cemento e mattoni hanno preso il posto – senza concessione edilizia, ma con qualche condono – degli alberi, dove si fa manutenzione nei quartieri abusivi mentre non si puliscono le strade, i canali di scolo eccetera. Per il resto, se non ci sono vittime, tutto va nel dimenticatoio e gli stessi comuni tendono a non smuovere troppo le acque.

Se ne ha conferma da un dossier di Legambiente: solo il 22,6 per cento dei comuni interpellati (1.804) ha fornito i dati sull’abusivismo, altri 6.094 hanno temporeggiato all’italica maniera, facendo orecchie da mercante, e 84 hanno risposto brutalmente picche! L’indagine è stata realizzata analizzando il fenomeno dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, e il quadro complessivo che emerge rappresenta la sostanziale inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. Il fatto che la stragrande maggioranza non abbia risposto alla richiesta dei dati, dimostra che siamo di fronte a informazioni gelosamente custodite. Perché? Ma è ovvio: anche chi costruisce abusivamente vota. La platea degli interessati aumenta notevolmente ove si consideri che il segnale trasmesso: caro concittadino, non preoccuparti, sistemati come puoi perché io non vedo…

Eppure non si tratta di un fenomeno marginale, nonostante negli ultimi trent’anni siano stati varati ben tre condoni edilizi (il condoncino di Ischia fa scuola ma non testo), che hanno prodotto 15 milioni di pratiche e un danno consistente alle casse del paese. Cinque milioni di pratiche risultano inevase, perché i comuni hanno rinunciato a procedere, perdendo così 21,7 miliardi di euro, pari a 1,4 punti del Pil. Un esempio dell’abusivismo è il quartiere “Zen” di Palermo: la Procura ha accertato che molti porticati dei palazzi popolari sono stati trasformati in mini-appartamenti abusivi dove servizi di gas ed energia erano forniti alle famiglie dalla mafia.

Il condono edilizio è un provvedimento che consente a un cittadino di sanare la propria posizione con la giustizia, nel caso in cui sia proprietario di edifici costruiti senza rispettare la legge. Lo stato, così, gli permette di evitare una condanna a fronte del pagamento di alcuni oneri. Negli ultimi decenni, in Italia sono stati promulgati tre condoni edilizi, con la legge n. 47 del 28 febbraio 1985; la legge n. 274 del 23 dicembre 1994; e il decreto-legge 30 settembre 2003, n°. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n°. 326. Semplificando: un cittadino proprietario di un edificio costruito illegalmente può fare domanda di condono al proprio comune, che ha la facoltà di legittimargli l’abuso edilizio.

Nel Primo rapporto sul condono edilizio in Italia – realizzato dal Centro Studi di Sogeea, sui dati di tutti i capoluoghi di provincia, di tutti i comuni con una popolazione superiore ai 20.000 abitanti e di un campione ponderato e rappresentativo del 10% di quelli con popolazione inferiore a tale cifra – si afferma che in Italia rimangono ancora 5.392.716 domande da evadere, circa un terzo delle domande presentate, cioè15.431.707. Tra le città, Roma è in testa alla classifica sia nelle domande presentate (quasi 600 mila) che in quelle ancora in attesa di risposta (oltre 213 mila). Nella prima graduatoria è seguita da Milano, Firenze, Venezia e Napoli; nella seconda, da Palermo, Napoli e Bologna. Per quanto riguarda le regioni, il Molise, solitamente nella parte bassa di ogni classifica, stavolta svetta: è primo con oltre il 41,5 per cento di case abusive: per ogni 100 case autorizzate dai Comuni, 71,1 sono abusive; seguono Campania (39%) e Calabria (36%), mentre le “più virtuose” sono Trentino Alto-Adige (2,0), Piemonte (5,8) e Valle d’Aosta (5,8).

Tutto questo, in barba ai soliti… onesti e al mercato, con un’economia sommersa che sfugge alle regole e alle imposte. Infatti, costruire una casa abusiva può costare anche la metà di una costruzione in regola, perché tutta la filiera ha un prezzo ridotto: i materiali acquistati in nero, la manodopera pagata in nero, nessuna spesa per la sicurezza sul cantiere, nessun pagamento dell’Imu… Quando si dice che il mattone è una sicurezza: quello abusivo costa di meno.

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