UN AMORE A PRIMA VISTA

By Lorenzo Mazzoccante
Pubblicato il 2 Giugno 2019

Quando si pensa alla vita religiosa e al sacerdozio, probabilmente si pensa in bianco e nero. E immaginando i suoni della vita religiosa (complice anche certa filmografia) si immaginano grandi silenzi. Al santuario di San Gabriele, invece, 150 religiosi e religiose di origine vietnamita (nella foto), hanno colorato la prima domenica di maggio coi loro abiti e i loro carismi e animato una messa nella loro lingua con canti pieni di gioiosa armonia.

Non è insolito che qualcuno si fermi al santuario di passaggio, magari per fare una pausa all’interno di un viaggio più lungo, visiti i luoghi del santo e la cripta quasi per caso, e ne resti colpito. Purtroppo, talvolta capita di arrivare tardi, magari al termine di una domenica: quando la comunità si ritira, le luci si spengono e una alla volta vengono chiuse le porte del santuario.

Una domenica come tante, di qualche mese fa, è capitato a tre sacerdoti vietnamiti. Erano di passaggio, fanno una sosta, ma la chiesa era chiusa e sarebbero ripartiti senza aver visto nulla se un dipendente non mi avesse spiegato la situazione.

Decido così di accompagnarli in un breve tour in cui in poche battute illustro loro la vita del santo, quindi li guido nella camera, nel coro, nelle chiese e infine nella cripta. Il risultato? San Gabriele ha fatto breccia nel cuore di questi tre giovani sacerdoti e uno di loro, un “monsignore”, si domandava come promuoverne la devozione anche nella loro terra.

L’occasione, però, non tarda ad arrivare. Una sera squilla il telefono. “Sono monsignor Giovanni Pham – mi dice – e vorrei organizzare una visita a San Gabriele con alcuni pellegrini del Vietnam”.

Monsignor Pham è uno dei tre sacerdoti incontrati quella sera. Fa parte di una associazione di sacerdoti e religiosi vietnamiti in Italia e quando si è trattato di organizzare un viaggio insieme agli altri aderenti, ha proposto il santuario di San Gabriele.

Ne è nato così un pellegrinaggio che nella prima domenica di maggio ha portato al santuario circa 150 religiosi e sacerdoti vietnamiti di varie famiglie religiose (camilliani, francescani, agostiniani, e tante altre ancora). Una vera e propria varietà di carismi e di abiti. Appena arrivati, dopo un breve momento di ristoro, si sono radunati tutti nella chiesa antica per celebrare la messa nella loro lingua: poco meno di cinquanta i sacerdoti concelebranti.

E nonostante la differenza linguistica non permettesse di comprendere le parole, l’armonia del canto ha riempito gli ambienti del vecchio santuario e toccato il cuore anche di chi si fosse trovato di passaggio in quel momento.

Date le dimensioni del gruppo, poi, si è ritenuto di spiegare la vita e i luoghi di san Gabriele direttamente in chiesa così da beneficiare dell’amplificazione anche per monsignor Pham, che per l’occasione ha fatto anche da interprete. Poi ciascuno avrebbe visitato i luoghi del santo con libertà e secondo la propria particolare sensibilità.

Così, mentre una suora vietnamita mi chiedeva se non fosse possibile dormire sulla “tomba dei miracoli”, qualcuno rimaneva affascinato del museo degli “ex voto” e dei doni “per grazia ricevuta” vedendo in essi i segni non solo di un santo molto amato, ma anche di un santo che ama i suoi devoti. Così quando ho illustrato il programma della veglia mariana internazionale, con il santuario collegto con Polonia, Kenya, Slovacchia e Uruguay, già si pensava alla possibilità di avere un collegamento con il Vietnam, magari nel prossimo anno, tra l’altro centenario della canonizzazione di san Gabriele (1920-2020).

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