Tanto tuonò che… non piovve… Perdonate la modifica alla celebre frase attribuita a Socrate ma fortunatamente per l’Abruzzo, gli abruzzesi e tanti altri automobilisti e autotrasportatori del nostro bellissimo Stivale la paventata chiusura del traforo del Gran Sasso non ci sarà. Sarebbe stata una vera follia, infatti, dopo le ferite ancora “sanguinanti” causate dal terremoto, accanirsi contro una popolazione che con grande sacrificio, forza d’animo e dignità cerca pian piano di risollevarsi. L’Italia autostradale sarebbe stata spezzata in due commettendo un grave “delitto”. E nessuna scelleratezza, come ci ricorda lo storico romano Tito Livio, può essere giustificata o scusata. In attesa dunque della conversione in legge della cosiddetta norma Sblocca cantieri, a gestire la questione sarà un commissario ponte scelto dalla Protezione civile aspettando, poi, quello ufficiale che dovrebbe portare in dote anche 170 milioni di euro per mettere in sicurezza l’acqua del Gran Sasso. Questa la fumata bianca uscita dal “conclave” tenutosi alcune settimane fa al ministero delle Infrastrutture e Trasporti alla presenza dei vertici della società concessionaria Strada dei Parchi di Carlo Toto.
Archiviata dunque l’ennesima pagina di una vicenda sicuramente complessa e nello stesso tempo imbarazzante, resta però il casus belli e cioè il rischio di inquinamento dell’acquifero del Gran Sasso. Come accertato infatti dall’inchiesta giudiziaria e la successiva citazione diretta a giudizio per dieci indagati in una sorta di maxi processo che inizierà il prossimo settembre e che che vede coinvolti l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare e le società Strada dei Parchi e Ruzzo Reti, le opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate al consumo umano presentano un insufficiente grado di isolamento dall’esterno. Tradotto in soldoni le acque sarebbero esposte a rischio di contaminazione da parte delle sostanze inquinanti potenzialmente contenute nelle condotte di scarico o nelle acque di falda con cui esse entrano, in più punti direttamente a contatto. Al di là quindi di quello che sarà l’epilogo del processo, resta da capire come togliere questa sorta di spada di Damocle che pende sulla testa di oltre 700 mila utenti serviti dalle sorgenti del Gran Sasso. Secondo il presidente di Azione popolare, un comitato nato a Teramo poco più di un anno fa e con oltre tremila iscritti, l’unica via d’uscita sarebbe la chiusura dei laboratori di Fisica nucleare. Elso Castelli, combattivo e stimato medico di base teramano sa di avere pochi “amici” lungo questa strada, ma non per questo però arretra di un solo millimetro. “A noi non interessano i rinvii a giudizio o i processi, anzi siamo dispiaciuti di tutto ciò – commenta il presidente che provvede di tasca sua al mantenimento del comitato composto di volontari – tant’è che non ci siamo neanche costituiti parte civile. Il nostro unico obiettivo è mettere fine a una situazione pericolosissima. È arrivato il momento di agire e di dire chiaramente che il sito non è idoneo a contenere i laboratori di Fisica nucleare sperimentale. Oltre al pericolo sismico, che come è noto, interessa l’intera zona, c’è anche il rischio di un errore umano o di un incidente, che nessuno può escludere, e quindi di una contaminazione dell’acquifero attraverso le sostanze tossiche e radioattive presenti nei laboratori. Con la radioattività non si scherza, pensarla poi su una sorgente d’acqua è follia pura. D’altra parte l’articolo 94 del Testo unico dell’Ambiente in merito presenza di sostanze chimiche pericolose e/o radioattive non lascia spazio a dubbi o interpretazioni. Gli obblighi relativi alla zona di tutela assoluta parlano di 10 metri attorno al punto di captazione e di 200 nella zona di rispetto. Tra l’altro l’area di salvaguardia di 200 metri è minimale visto che gli elaborati di uno studio serio e approfondito parlano di chilometri… Non a caso dal 2006 la Regione non ha ancora approvato il Piano delle aree di salvaguardia. Se lo facesse tutta la montagna del Gran Gasso verrebbe interdetta…”.
Il presidente di Azione popolare non crede neanche alla fattibilità degli annunciati lavori di messa in sicurezza del sistema idrico. “Come si può pensare oggi di impermeabilizzare i laboratori mentre si effettuano gli esperimenti? Per farlo bisognerebbe prima smantellarlo e poi ricostruirlo… Noi abbiamo presentato esposti alla Procura e alla Corte dei Conti, anche perché circa 100 litri di acqua al secondo, captati sotto le strutture dei laboratori, vanno dispersi sempre a seguito del rischio di contaminazione. Una perdita di acqua potabile pesantissima…”.
Com’era prevedibile, l’attivismo di Elso Castelli e del comitato da lui presieduto hanno suscitato alcune reazioni diciamo poco british, tanto per usare un eufemismo… “Diciamo solo che qualcuno ha voluto darmi dei consigli amichevoli…” chiosa il medico della Asl di Teramo mostrandosi per nulla turbato e intimidito. “In Europa non c’è nulla di simile – continua Castelli – nessuno ha mai pensato, neanche lontanamente, di costruire un laboratorio di Fisica nucleare sperimentale su un importante bacino idrico com’è quello del Gran Sasso. Il laboratorio era nato per svolgere fisica pura, ricerche di modelli matematici e non invece per essere riempito di sostanze altamente pericolose per la salute e l’ambiente. Chissà noi abruzzesi chi dobbiamo ringraziare per questo grande ‘regalo’… Tra i tanti potenziali siti più idonei a ospitare i laboratori di Fisica sparsi in Europa si è scelto, infatti, proprio il Gran Sasso che nella sua pancia custodisce un patrimonio idrico pazzesco, fonte di vita per tanti. Tra l’altro – termina il presidente di Azione polare – l’Abruzzo tra le sue più interessanti peculiarità ha un ambiente naturale favoloso, insostituibile volano di sviluppo del tessuto economico e sociale. Rinunciarci per avallare scelte del genere, dunque, significa farsi del male, molto male… Ma noi non ci arrendiamo”.
Come dargli torto? Al di là delle varie “prove di forza”, rimpalli di responsabilità e dispute più o meno edificanti, una sola cosa deve essere ben chiara cari ministri, amministratori delegati, scienziati, direttori generali, politici, funzionari, responsabili di reparto, presidenti di società, eccetera, eccetera: la scienza, la conoscenza e il progresso devono senza dubbio andare avanti, ma innanzi a tutto dev’esserci sempre e solo il rispetto della sacralità della vita.