INDIZI DI UN ANNO POLITICAMENTE DIFFICILE

By Nicola Guiso
Pubblicato il 1 Marzo 2019

Non è facile fare una sintesi della situazione economico-sociale e politico-istituzionale italiana; per il numero e la complessità, e per le interpretazioni e previsioni sulle loro componenti che vengono fatte dai protagonisti. Però ci sembra utile farla, al fine di dare ai lettori elementi il più possibile concreti, tali da consentirgli essenziali  conoscenze a base di convinti giudizi. Dai dati dell’Istat (Istituto centrale di statistica) risulta che la produzione industriale italiana, rispetto al 2017, è diminuita nel 2018 del 5,5 per cento; dato peggiore dal 2012, con calo a dicembre dello 0,8, il maggiore in un mese. Nello stesso tempo, i dati elaborati dall’Unione Europea, da Banca Comune Europea, Fondo Monetario Internazionale. Banca d’Italia, Il Pil (Prodotto interno lordo, cioè i beni e servizi prodotti in un anno nel territorio nazionale) nel 2019 dovrebbe crescere dello 0,2 per cento (contro l’1,5 previsto dal governo) la crescita più bassa tra quella dei 27 paesi dell’ Unione. Il presidente del Consiglio Conte, i titolari dei dicasteri economici e i vice presidenti del Consiglio Di Maio e Salvini si dicono però certi che l’entrata in vigore dei provvedimenti sul Reddito di Cittadinanza e sulla “quota 100” per le pensioni anticipate rovesceranno le previsioni pessimistiche degli organi che abbiamo ricordato. Le stesse previsioni, però, le hanno fatte i sindacati Cisl, Cgil e Uil nel corso di una grande manifestazione a Roma. Nel corso della quale hanno chiesto al governo di incontrarsi, per discutere della ripresa immediata dei lavori e di nuovi investimenti nelle infrastrutture ferroviarie, viarie, energetiche e del Web; al fine, soprattutto, di contrastare la disoccupazione (giovanile e non) pur’essa la più alta rispetto alla media europea. Sulla questione infrastrutture si manifesta un crescente divario tra il M5S e Lega, a partire dall’alternativa sul completamento o meno dei lavori per la linea ad alta velocità Torino-Lione. Infatti, dopo che il ministro Toninelli ha reso noto il giudizio negativo di una commissione (contestato dalle opposizioni e da uno dei 5 membri per ragioni di forma e di sostanza) sui costi-benefici dell’opera, il M5S ha ribadito l’avversione al suo completamento, al fine di destinare più risorse al miglioramento dei servizi ferroviari interregionali. La Lega è invece si è ancora espressa a favore, per non tagliare fuori dai grandi itinerari ferroviari commerciali internazionali l’Italia e le sue imprese.

Segnali di distensione, invece, nei rapporti Francia Italia dopo una conversazione telefonica tra il presidente Mattarella e il presidente Macron. Altra vicenda con elementi non sempre positivi (istituzionali ed economico-finanziari) è quella seguita alle critiche rivolte dalla maggioranza di governo alla Banca d’Italia e alla Consob (l’organismo pubblico che controlla la correttezza delle operazioni in borsa) per le critiche espresse nei due istituti, e le previsioni in parte negative sui cardini economico-finanziari, del “contratto” che regola i rapporti di governo tra M5S e Lega. Vicenda che ha suscitato preoccupazioni anche nel capo dello stato, primo custode dell’indipendenza della Banca d’Italia da eventuali interferenze del potere politico sulla sua attività istituzionale.

Quanto alla situazione in Venezuela, Camera e Senato hanno approvato la posizione del governo, favorevole a nuove elezioni presidenziali, perché quelle che hanno portato alla elezione di Maduro sono state inquinate da irregolarità. Ma senza riconoscere – come la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea – l’autorità di presidente “pro tempore” a Guaidò. Resta da ricordare i risultati delle elezioni regionali in Abruzzo, segnate da una forte astensione, dove il M5S, ha perso metà dei voti rispetto alle politiche; vinte dal centro-destra (con la Lega diventata primo partito in regione) e un buon risultato del Pd. Da segnalare infine che il governo sta per decidere della parte di risorse pubbliche in più del passato da trasferire alle regioni Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna in base a una interpretazione della Costituzione, contro la quale hanno preso posizione – in difesa del Mezzogiorno – i presidenti di Campania e Puglia.

 

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