Ricorre il 20 marzo. L’ha proposta un orfanello raccolto dalle suore di madre Teresa per le strade di Calcutta in India. Conferma il detto che non bastano i soldi a dare felicità. Quella che dona Dio è ben altro!
Marzo è mese di giornate mondiali. C’è quella della natura (Wildlife) il 3. L’8 è dedicato alla donna, il 19 al papà (vale per i cristiani). Il 21 è la giornata mondiale dell’eliminazione della discriminazione razziale, il 22 dell’acqua, il 23 della meteorologia. Ma il 20 marzo è la giornata mondiale della felicità dal 2012.
Felicità! Si ha quasi paura a pronunciare la parola tanto sembra una realtà irraggiungibile. I cristiani in verità hanno dimestichezza almeno con la parola perché si aspettano che Dio doni loro la felicità, ora e poi. Se Dio non fosse capace di dare la felicità a che serve Dio? Tuttavia la felicità di Gesù è ben diversa, alta e totalizzante, di quella cui allude l’Onu.
L’idea di istituire una giornata mondiale della felicità è di Jayme Illien, che una quarantina di anni fa era un orfanello abbandonato sulle strade di Calcutta in India. Raccolto dalle suore della Carità di Madre Teresa, fu poi adottato da una signora statunitense, Anna Belle Illien. Propose la data del 20 marzo, perché equinozio di primavera, inizio del risveglio della natura.
Bella l’idea di una giornata della felicità. L’Onu vorrebbe addirittura proporre un nuovo paradigma economico, non basato più solo sul reddito, sul Pil (Prodotto interno lordo), a conferma del detto popolare “I soldi non fanno la felicità” o meglio non la fanno da soli. Infatti anche Gesù dice: “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Mt 4,4).
I paesi più felici al mondo secondo l’Onu nel 2018 erano la Finlandia, seguita da Danimarca, Islanda, Svizzera, Olanda, Canada, Nuova Zelanda, Svezia e Australia. L’Italia è solo 47esima… Eppure l’Italia avrebbe tutti gli ingredienti per una felicità terrena: sole, musica, arte, cucina fra le migliori al mondo.
È fuori dubbio che tutto quello che facciamo lo facciamo per il desiderio di essere felici. Ma dove sta la felicità? Quante delusioni! Quanti ideali di felicità desolanti e falliti! Anche i tossicodipendenti cercano la felicità nei “paradisi artificiali” e trovano schiavitù e autodistruzione. Invece un ragazzo di 18 anni, benestante, intelligente, bello, trova la vera felicità solo quando lascia tutto, si rinchiude nel convenuto di un istituto fra i più austeri. I lettori hanno capito che parlo ovviamente di san Gabriele, che, cantava la sua felicità: “La mia vita è un continuo godere. Non cambierei questa vita per nessun’altra cosa al mondo”.
Sono molte le ricette per una felicità puramente terrena: abbiamo già visto quella dei soldi che da soli non fanno la felicità. Ghandi sosteneva: “La vera felicità dell’uomo sta nell’accontentarsi” perché l’avidità toglie la pace dell’anima, senza la quale non c’è felicità. Altri: “Le persone più felici non sono necessariamente quelle che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno”.
La felicità di Gesù Cristo inizia sulla terra e trionfa nell’aldilà. La si potrebbe sintetizzare così: la felicità non sta nel possedere ma nel dare, cioè fare della propria vita un dono. Papa Benedetto XVI un giorno spiegò: Così come i genitori trasmettono ai figli i propri geni, il proprio Dna, allo stesso modo anche Dio, che è essenzialmente amore, creandoci “a sua immagine e somiglianza”, ci ha lasciato l’impronta della sua natura. Ed è per questo che siamo felici solo quando amiamo e siamo amati.