POLITICA DI BASSO RILIEVO
Meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Credo che questo giudizio di Andreotti su uno dei possibili modi di fare politica possa essere completato dall’osservazione che “tirare a campare” alla fine porta i partiti a “tirare anche le cuoia”. Quando premono per loro, siano al governo o all’opposizione, gravi e urgenti problemi, interni e internazionali, che essi mostrino di ignorare o di non saper affrontare con prontezza e realismo. In materia, le vicende politico-istituzionali italiane tra il 1987 e il 1992, per esempio, ne sono una dimostrazione incontestabile. Comunque, il giudizio del grande politico della Ricostruzione, e non solo, credo che si adatti ai modi di operare di gran parte dei partiti protagonisti della politica dopo la formazione del governo Conte due. Un modo di operare, infatti, caratterizzato dalla proclamazione continua di proposte di grande portata politico-istituzionale e socio-economiche. Ma nello stesso tempo da insistite polemiche di basso profilo tra le proprie correnti interne e tra i partiti alleati di maggioranza e di opposizione, sui grandi problemi della società nazionale e delle istituzioni; sull’ordine di priorità da dare a essi; sui modi e tempi per reperire le risorse per affrontarli con concretezza.
Pochi esempi bastano a evidenziare tale fatto. Di Maio, nel convegno di Napoli, celebrativo del decennale della nascita del Movimento, ha dichiarato che ancora per decenni il partito resterà il centro della politica italiana. Ma ha taciuto sul fatto che dei 300 parlamentari del Movimento ne erano presenti soli un centinaio. E aumenta il numero di quanti (perlopiù vicini a di Di Battista e a Fico) rivendicano, di fronte alla crescente considerazione di Di Maio e dei “governativi” per le organizzazioni delle imprese e della finanza, le posizioni originali del Movimento, che quelle organizzazioni consideravano espressione dei maggiori nemici del popolo.
Nel Pd Zingaretti ha lanciato – con evidente leggerezza – la proposta di una alleanza ideologico-politica, programmatica ed elettorale con i 5Stelle, dopo averli definiti, in un recentissimo passato, avversari corali. Ottiene da Di Maio una risposta negativa per il presente, interlocutoria per il futuro, sia pure in un quadro confuso di dettagli e di condizioni generiche. Positiva invece la risposta di Grillo, che da qualche tempo sembra voler considerare le questioni del Movimento, e la politica in generale, soprattutto come fatti dai quali trarre spunti per i suoi programmi teatrali, ai quali è tornato con grande passione.
Renzi continua a usare le posizioni acquisite nella maggioranza e nel governo in funzione della crescita del suo Italia Viva, ancora bassina nei sondaggi elettorali. Ma promettendo che alla prossima “Leopolda” spiegherà a tutti come si risolvono, con adeguate risorse e alcune decisioni politiche originali, tutti i problemi vitali dell’Italia.
Il centro-destra, a sua volta, è segnato dai tentativi di Berlusconi di rianimare FI, minacciata dal passaggio di non pochi dei suoi alla Lega, proponendosi (è la terza volta nella storia politica del fondatore) come il più autentico interprete in Italia della democrazia liberale. Ed è segnato soprattutto dai tentativi di Salvini di riprendersi dalle sberle ricevute con la nascita del Conte due. Cosa che fa nel suo stile, di scarsa misura, proclamandosi il più affidabile so-stenitore dell’alleanza Italia-Usa, dell’Unione Europea e dell’Euro; mentre i sondaggi cominciano a segnalare un, sia pur lento, regresso dei consensi elettorali per la Lega rispetto ai mesi scorsi.
Tutto questo, mentre governo e parlamento saranno chiamati ad affrontare in tempi ristretti questioni vitali per il futuro immediato del paese quali, per ricordarne alcune, l’approvazione entro dicembre della legge finanziaria (in sintonia con le direttive dell’UE e con le scarsissime risorse a disposizione del governo); il sostanziale fallimento delle speranze di redistribuzione sistematica e automatica nei paesi dell’Unione dei migranti sbarcati in Italia; speranze create dalla riunione a quattro (Italia, Francia, Germania, Malta) svoltasi a Malta nel mese di settembre; le questioni politico-istituzionali aperte dalla richiesta di autonomie speciali da parte di alcune regioni del Nord.