Un pieno di energia e gusto. Tra i piatti simbolo della tradizione contadina ve n’è uno caratterizzato da una ricetta semplice dal forte apporto nutrizionale e dal sapore intenso: taijarilli, fasciule e coteche, ovvero tagliolini fagioli e cotiche.
Specialità originaria della area vestina, in provincia di Pescara, ma che trova apprezzamento in tutto il territorio regionale. Il successo è da attribuire al connubio bontà e sostanza in un contesto storico dove il faticoso lavoro si scontrava con la povertà più o meno diffusa. Il vigore derivante dal consumo dei legumi era molto prezioso e a buon mercato rispetto alle proteine della carne.
Vediamo allora come si prepara. L’impasto, composto da acqua e farina di grano tenero, viene steso a mano fino a raggiungere uno spessore medio, la sfoglia viene tagliata con il coltello (da cui trae il nome) a strisce sottili di 8-10 cm di lunghezza e 1 cm di larghezza. Le dimensioni, comunque, sono legate al gradimento familiare e locale. La pasta viene condita con un battuto di aglio, cipolla, sedano, prezzemolo, origano, pomodori e lardo messo a soffriggere in olio extravergine assieme alle cotiche ridotte a striscioline. Ai fagioli, messi a bagno per una notte, a cottura avvenuta si aggiunge il soffritto, mentre una parte viene ridotta a purea.
I tagliolini si cucinano in circa due minuti (volendo anche nell’acqua di cottura dei fagioli) mentre il tocco finale è affidato alla “doppia P”, ovvero l’aggiunta di pecorino abruzzese e peperoncino piccante. Considerato l’alto livello calorico del piatto viene consumato principalmente nel periodo invernale o di inizio primavera.
La coltivazione dei legumi è praticata da millenni nel bacino del Mediterraneo, tanto da divenire basilare nell’alimentazione. Se ne fa addirittura riferimento a livello religioso. Sono citati nella letteratura, nell’arte pittorica, nei cartoons e nel cinema. Nel dopoguerra il loro utilizzo si è molto ridotto a favore delle proteine animali, mentre negli ultimi anni sono tornati prepotentemente in auge trovando spazio anche nei menù raffinati per l’apporto di sapore e anche a ragione delle notevoli proprietà salutari per la presenza di minerali, vitamine e pure per gli effetti benefici sull’intestino per la presenza di fibre.
Le leguminose, inoltre, sono utili anche sotto il profilo agronomico perché fissano l’azoto e migliorano la fertilità dei suoli. Per questi motivi la FAO ne incentiva la coltivazione e gli ha dedicato l’anno 2016, ritenendole risorsa irrinunciabile nella lotta contro la fame nel mondo, ma anche come alternativa sostenibile alla carne da un punto di vista ambientale.
Pasta e fagioli, anche senza cotenna di maiale, è un piatto molto amato dagli abruzzesi, con la possibilità di utilizzare varie tipologie di pasta fatta in casa in alternativa ai taijarilli. Ad esempio le ottime sagne/tacconelle. Inoltre possono essere utilizzate le straordinarie e numerose varietà di fagioli autoctoni, con forme, colori e sapori diversi che possono deliziare il palato. Consumati anche senza pasta, cioè sotto forma di zuppe e insalate. Alcuni, per i loro pregi e rarità, sono Presidi Slow Food, come il fagiolo tondino del Tavo e i fagioli a pane di Paganica. Meritano di essere citati anche i fagioli “suocere e nuore” della Majella, così denominati per il contrasto di colori dei semi; il minuscolo e quasi scomparso fagiolo a caffè di colore verdolino-marroncino; il fagiolo a quaranta che deve il nome al ciclo precoce, schiacciato, vocato per accompagnare la pasta (Valli Aventino e Sangro); il fagiolo aquilano, bianco avorio, indicato per le minestre; il fagiolo cannellino, particolarmente apprezzati quelli dell’Altopiano di Navelli, ottimi per accompagnare zuppe di legumi, altri ortaggi o la pasta e il fagiolo poverello abruzzese, facile da cuocere e particolarmente gradevole.
Insomma, in Abruzzo, grazie alla bellezza di parchi e borghi, agli usi e costumi non completamente globalizzati e alla grande offerta enogastronomica, tutto “cade a fagiolo” per un buon vivere.