A TAVOLA CON SAN MARTINO

By Gloria Danesi
Pubblicato il 1 Novembre 2022

IL “SANTO CAVALIERE” NELLA RICORRENZA DELLA SUA FESTA CONSENTE UNA RIFLESSIONE SULLA BUONA PRATICA DELLA CONDIVISIONE DEI BENI ALL’INSEGNA DEL CIBO LEGATO  ALLA TRADIZIONE DEL TERRITORIO

Vino novello, oca e castagne: così si festeggia san Martino nel nord Italia, mentre nell’Abruzzo te-ramano, in Val Vibrata, l’oca è sostituita dal tacchino alla Neretese. Un santo popolare e generoso merita di essere ricordato con un piatto generosamente speciale la cui ricetta è tramandata di generazione in generazione, e il contorno tradizionale previsto è a base di verze, li fuje strascinit. Il tacchino è cucinato arrosto con aglio, olio, vino bianco, acqua e un rametto di rosmarino. Viene servito ben caldo con il suo brodo di cottura per gustare appieno il sapore sapido ma delicato.

A San Valentino, in Abruzzo Citeriore (Pe), dopo la processione di origine molto antica, organizzata per “la festa dei cornuti”, nelle case e in tutti i ristoranti del paese ci si delizia con lo spezzatino di san Martino realizzato con carne di vitello al sugo. A Salle (Pe) l’usanza vuole, tutti i venerdì del mese di novembre, che le famiglie si riuniscano ogni volta in case diverse per consumare insieme l’ottima pizza di san Martino. La ricetta vede tra gli ingredienti farina, uova, zucchero, lievito, olio, semi di anice, acqua o latte; la si accompagna con formaggio pecorino e vino novello, all’insegna del detto “a san Martino, pizza, cacio e vino”. Nello splendido borgo di Scanno (Aq) nella vigilia della festa di san Martino si svolge il rito antichissimo delle “Glorie”, fiamme, fuoco, balli, canti, suoni di campanacci per deliziare gli occhi e lo spirito. Per accontentare invece il palato si mangia la pizza coi quattrini, deliziosa focaccia realizzata con farina gialla, miele, noci e fichi secchi, con all’interno, come fosse un uovo di Pasqua, una sorpresa: un “quattrino” per la gioia dei più piccoli.

Numerose le pizze di san Martino, in alcune zone si usa mettere in tavola quella con le alici. Ingrediente, questo, che la rende appetitosa e favorisce il consumo di vino. Molto amata per l’occasione è anche la pizza scema o pizza scima che si caratterizza per l’assenza di lievito nell’impasto ed è una croccante focaccia ideale per accompagnare salumi e formaggi. In alcune contrade abruzzesi ci si delizia con la torta di san Martino, tra gli ingredienti: noci tritate, cacao/cioccolato fondente e il mosto cotto. Il vino appena spillato si sposa bene anche i taralli chietini di san Martino realizzati con farina 0, zucchero, olio Evo, vino rosso e sale.

Nereto (Te) è meta di buongustai, provenienti anche da fuori regione, per i numerosi prodotti e i piatti tipici. Oltre al tacchino, infatti, è rinomata anche per un’altra specialità che rientra nei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat): la capra alla Neretese. Una bontà “pasquale”, legata alla pratica della pastorizia, dal gusto sapido, gradevolmente forte, preparata con bocconcini di carne di ovino cucinati in umido con sugo di pomodoro e l’aggiunta, a fine cottura, di peperoni rossi fritti. Tra gli ingredienti, inoltre, troviamo anche chiodi di garofano, cipolle e cipolline, peperoncino piccante e vino bianco.

Nereto, arte culinaria e non solo, vanta origini molto antiche. è stata, infatti, “zona di confine” tra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie. Luogo dove è stata sempre fiorente l’attività commerciale. Al santo patrono Martino è intitolata una bella chiesa, appena fuori il centro storico, eretta dai monaci benedettini nella prima metà del XII secolo. Diversi i rifacimenti nel tempo, quello più importante risale alla seconda metà dell’ottocento (attualmente è in ristrutturazione). Nel portale della facciata, in pietra, troviamo nella chiave d’arco un bassorilievo raffigurante il santo di Tours che dona parte del suo mantello a un mendicante; al di sopra è collocato un rosone, raffinato e semplice al contempo. Interessanti anche la chiesa madre, in stile neoclassico, con un bel campanile in cotto di epoca tardo rinascimentale, l’edificio municipale e la Fontana Vecchia. Nereto, agli inizi del novecento, è stato un “cenacolo culturale” grazie a Gabriele d’Annunzio che, insieme a studiosi e poeti del luogo, frequentava il Palazzo Sorge.

Il “santo cavaliere” nella ricorrenza della sua festa consente una riflessione sulla buona pratica della condivisione dei beni all’insegna del cibo legato alla tradizione del territorio.

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