Caro amico, cara amica che mi segui, avevo già accennato ai tre principi che, avendo come riferimento essenziale la persona e le relazioni, sono fondamentali per la morale sociale: solidarietà, sussidiarietà e bene comune. (YC 324). Proseguendo la riflessione, il catechismo dei giovani parla anche del ruolo dell’autorità. Una presenza necessaria in ogni società per tutelare la coesione, lo sviluppo, l’ordine della vita sociale: agendo in conformità con la giustizia. Ovviamente si tratta di un’autorità legittima, che non può derivare da arroganza ma da un ordinamento costituzionale che prevede il coinvolgimento dei cittadini. (YC 325). La Chiesa non si vincola a determinati ordinamenti costituzionali e, pur apprezzando il sistema della democrazia, ribadisce che un’autorità agisce in conformità alla giustizia quando lavora al servizio del bene comune e usa mezzi giusti per raggiungere il suo scopo (YC 326). Ma cosa si intende per “bene comune” e come si realizza? Ne troviamo una definizione sintetica nella Gaudium et Spes 63. “L’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi, quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente” (GS 63). Nel perseguimento del bene comune si incontra e si riconosce la reciprocità tra chi esercita l’autorità e chi è sottomesso: infatti, la corresponsabilità nel bene comune comporta l’esigenza morale sia di vigilare, ordinare e provvedere a quanto necessario per il bene di tutti; sia esercitare il diritto di voto, il versamento delle tasse, partecipare alla difesa del paese. Un impegno responsabile per ogni cittadino ricordato anche nel Catechismo della Chiesa cattolica (CCC 2240). Se provi a pensarci seriamente, caro amico, scoprirai da solo che si tratta di un principio che, non solo è valido per ogni società locale e nazionale, si allarga anche alla comunità internazionale per il necessario aiuto tra paesi ricchi e paesi poveri di risorse. Il bene comune, infatti, è un principio che riguarda tutti componenti della società civile, nessuno escluso. A partire dall’autorità costituita, attraverso elezione o designazione, chi comanda deve agire con giustizia e deve lavorare al servizio della popolazione che lo ha eletto cercando di perseguire il bene comune con mezzi giusti (YC 326). Il modo migliore per verificare la realizzazione del bene comune è rendersi conto che al centro dell’attenzione stanno realmente sia il bene delle singole persone sia il bene delle cellule più piccole della società, per esempio la famiglia.
Ma anche ogni singola persona deve apportare un proprio contributo al bene comune, assumendosi la propria parte di responsabilità degli altri. Ciò significa lavorare per il bene comune, perché riguarda tutti. Questo avviene in primo luogo quando ognuno si impegna e si assume delle responsabilità nel proprio ambiente sociale, nella famiglia, a scuola, nel posto di lavoro. Ed è naturale che, colui che ha competenza, si assuma la responsabilità di mettersi al servizio, senza abusare del potere, ma piuttosto prendersi costantemente cura degli altri con giustizia e amore. Per comprendere bene questo principio si deve tenere presente la famiglia. Come nella famiglia è indispensabile l’apporto di tutti secondo la capacità, la responsabilità e le possibilità di ciascuno, così nella vita sociale.
Caro amico/a, se non hai ancora letto il Documento conclusivo del lavoro fatto da oltre 3000 giovani coinvolti da papa Francesco in vista del Sinodo vai a cercarlo sul sito del Vaticano www.vatican.va.sinodogiovani. Mi permetto di ricordarti che in occasione della Giornata mondiale della Giornata Mondiale della Gioventù, papa Francesco ha affidato ai giovani un tema di riflessione e discernimento che continua il percorso proposto iniziato per la preparazione del Sinodo 2018.
Con san Gabriele viviamo questo tempo di Pasqua nel Cenacolo con Maria e gli apostoli nell’attesa dello Spirito Santo.