ANGELA MERKEL SUPERA UN IMPORTANTE TEST ELETTORALE

i tedeschi non respingono l’accoglienza ai profughi
By Angelo Paoluzi
Pubblicato il 30 Aprile 2016

 

Nella consultazione in Sassonia-Anhalt, il partito antieuropeista AfD ha guadagnato il 24 % dei voti, ma il governo locale resta ai cristiano democratici. Nelle altre due, in Laender economicamente più forti, gli estremisti hanno avuto il 15 % di consensi in Baden-Wuerttenberg e hanno raggiunto il 12,6 in Renania-Palatinato, in cui comunque continuano a governare i socialdemocratici.           Troppo presto dalla stampa e dai commentatori la Cancelliera tedesca Angela Merkel è stata data per battuta guardando all’avanzata delle destre filonaziste, antieuropee e antiemigranti in tre elezioni regionali svoltesi in Germania a metà dello scorso mese e considerate come una prova di popolarità. Si è trattato, sì, di un insuccesso per le forze al governo a Berlino, non di una disfatta, anche per il test, tutto sommato, abbastanza ristretto ma non per questo meno importante in un momento di acuta polemica sulla politica dell’accoglienza. E, bisogna aggiungere, in un passaggio delicato per una Europa che non può permettersi di avere una Germania in crisi.

Nella consultazione in Sassonia-Anhalt (la regione con meno abitanti), il partito antieuropeista AfD ha guadagnato il 24 % dei voti, ma il governo locale resta ai cristiano democratici. Nelle altre due, in Laender economicamente più forti, gli estremisti hanno avuto il 15 % di consensi in Baden-Wuerttenberg (dove però i Verdi conservano il potere che già avevano e anzi vedono aumentare i consensi), e hanno raggiunto il 12,6 in Renania-Palatinato, in cui comunque continuano a governare i socialdemocratici.

La Merkel ha detto in ogni caso che i criteri dell’accoglienza non cambiano e, nonostante il disagio di un settore del suo partito e le minacce dei cristiano sociali bavaresi, tiene il timone in mano, sia pure con alcune incertezze (che possono diventare qualcosa di più se l’Europa non attua ciò che a proposito dei rifugiati ha promesso nel vertice di metà marzo). Con intuito politico sa che il tempo lavora a suo favore, perché, bene o male, per i migranti si stanno cercando e forse trovando soluzioni non ottimali ma in ogni caso attuabili.

Certo l’avanzata delle destre (inquinate dai filonazisti) può preoccupare, se si sta ai numeri. È molto meno inquietante se si getta un’occhiata fuori di casa. Per esempio in Francia, dove il successo del Fronte Nazionale al primo turno delle regionali, appena pochi mesi fa, dopo aver suscitato tanto clamore e timore, si è sgonfiato ai ballottaggi, con le destre a bocca asciutta. Alimentando, anzi, una rissa di famiglia tra i principali protagonisti: da una parte i “duri” di Marine Le Pen e dall’altra i “possibilisti” di Marion Le Pen-Maréchal, nipote della precedente, oltretutto dopo il clamoroso contrasto fra Marine e suo padre Jean-Marie, addirittura cacciato dal partito che aveva fondato. Se poi lo sguardo viene girato sulla situazione italiana, è facile costatare la spaccatura, almeno in occasione delle amministrative, fra le destre, siano o no europeiste.

Con l’obiettivo ulteriormente spostato verso l’est dell’Europa, si vedrà che su Polonia, Ungheria e Slovacchia si stanno dirigendo le sospettose premure della Com-missione e del Parlamento europei circa il mancato rispetto di diritti politici e umani. I governi di Varsavia e Budapest, si sa, cavalcano la tigre del nazionalismo; più difficile è la situazione a Bratislava, dove i socialdemocratici, un po’ malmessi alle ultime elezioni di marzo, hanno formato un esecutivo con il Partito nazionale slovacco (estrema destra), cui sono stati confidati due ministeri chiave come l’educazione e la difesa.

Di tutto ciò certamente consapevole, la Cancelliera – sia pure contestata dai cristiano sociali bavaresi – ha appunto affermato, come scrivevamo, di voler continuare ad aprire ai richiedenti asilo, magari con alcune attenuazioni. Così, di fronte alle minacce della Csu di lasciare il governo, qualcuno ha fatto i conti e ha visto che c’è una maggioranza fra Cdu e socialdemocratici, almeno per arrivare alle elezioni politiche dell’autunno 2017, nei due rami del parlamento, e che i bavaresi potrebbero essere tranquillamente lasciati fuori. È difficile anticipare il futuro ma, conoscendo la Germania (e la Baviera), possiamo azzardare che la coalizione a tre, Cd-Spd-Csu, non si romperà, anche se qualcuno periodicamente farà la faccia feroce e minaccerà lo sfascio.

La Merkel ha preso atto che cinque o sei elettori su sette stanno con lei, anche se la sua politica non sempre piace, specialmente per quanto riguarda i rifugiati: il consenso dell’85 per cento dei votanti (con un aumento di affluenza alle urne) è andato a partiti e formazioni – cristiano-democratici, socialdemocratici, verdi – che sostengono l’accoglienza. Si dà il caso, infine, che nella Cdu due dei più decisi avversari dell’apertura ai migranti siano stati battuti proprio in Renania-Palatinato e Baden-Wuerttenberg. Quell’uno su sei, o poco più, che resta dell’elettorato, anche se fa molto rumore, deve piegarsi alle regole della democrazie, cioè che, piaccia no, la maggioranza governa e decide.

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