UNA SPENDING REVIEW DOMESTICA

tra sprechi e nuove abitudini alimentari
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 2 Ottobre 2016

Da un’analisi Coldiretti/Swg sugli effetti della crisi emerge che più della metà degli italiani si è orientato verso una spesa più oculata riducendo le dosi acquistate, utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e guardando con più attenzione alla data di scadenza Ogni volta che facciamo la spesa di prodotti alimentari, il 30 per cento di quello che compriamo è destinato a finire direttamente nel cestino dei rifiuti. Una percentuale altissima. Un peccato mortale, se consideriamo gli oltre 4 milioni di poveri assoluti. Coldiretti ha calcolato che ogni italiano butta nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno. Questi sprechi costano al nostro paese 12,5 miliardi, denaro che si perde al consumo (il 54 per cento), nella ristorazione (21), nella distribuzione commerciale (15), nell’agricoltura (8) e nella trasformazione (2). A fare i conti è stata la Coldiretti che poi, assieme a Swg, ha condotto un’analisi sul fenomeno. Così è emerso che le cose stanno cambiando, negli ultimi tempi si sta accentuando la tendenza a ridurre questo sperpero ingiustificato, anche per colpa-merito della crisi che induce a essere più oculati, a porre più attenzione al portamonete.

Una spending review domestica per eliminare – o, quantomeno, ridurre – il superfluo anche nel frigorifero. Proprio dall’analisi Coldiretti/Swg sugli effetti della crisi, è emerso che più della metà degli italiani (il 51 per cento) ha ridotto o annullato lo spreco di cibo. Il 66 per cento di questi virtuosi lo ha fatto attraverso una spesa più oculata, il 43% riducendo le dosi acquistate, il 54% utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e il 45% guardando con più attenzione alla data di scadenza. Il 53% degli italiani – sottolinea l’associazione dei coltivatori – ritiene che il contenimento degli sprechi alimentari dipenda soprattutto dalle scelte dei consumatori, e il 46% che sostiene gli sprechi possano essere combattuti con una migliore pianificazione della spesa.

Il cambio di tendenza ha generato anche un gustoso ritorno alle ricette povere di una volta, come il pancotto, la frittata di pasta, la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta. Addirittura una signora, Lisa Casali, dell’arte di cucinare con gli sprechi ha fatto un blog seguitissimo (www.ecocucina.org) dal quale ha tratto anche un originale libro di ricette. Si va dalla pasta ai piccioli di peperone al pesto di foglie di ravanello alle bruschette con le bucce di melanzana sott’olio. Tutte ricette preparate con gli scarti: pane raffermo e avanzi di verdura che normalmente vengono buttati via dopo la pulizia (bucce e baccelli, coste e gambi).

Lo spreco alimentare è un triste fenomeno che non riguarda solo l’Italia: pensate che negli Usa, nonostante l’allarme sull’aumento dei prezzi della produzione alimentare locale e la siccità che sta mettendo in ginocchio le colture, ogni anno buttano oltre il 40% del cibo che arriva sulle tavole. Uno sperpero che avviene lungo tutta la catena, dal campo alla tavola, tanto che il governo ha deciso di destinare delle risorse per combatterlo. In questa lotta, occorre dire che in Europa va molto meglio: in Gran Bretagna da cinque anni è in corso la campagna Love food Hate waste (ama il cibo, odia lo spreco) che vede alcuni rivenditori impegnati in azioni per dissuadere i clienti dal comperare più di quanto abbiano realmente bisogno; una specie di “prendi la metà” invece del “compri due-paghi uno”. Inoltre, il parlamento europeo ha adottato una risoluzione per dimezzare lo spreco di cibo entro il 2020. La Francia ha approvato nel febbraio scorso una legge che prevede penalizzazioni per chi non contrasta lo spreco alimentare.

E l’Italia? Beh, in questo ambito possiamo considerarci più avanti degli altri. Da poche settimane è entrata in vigore la cosiddetta legge Gadda che, in senso opposto a quella francese, favorisce le donazioni dei prodotti alimentari eccedenti e destinati al macero, attraverso semplificazioni burocratiche e incentivi. In questo modo nei prossimi dieci anni si potrebbe addirittura dimezzare il volume di questa dissipazione, secondo l’imprenditore Giorgio Fogliani, presidente della onlus QUI Foundation, attiva con il progetto Pasto buono per il recupero delle eccedenze alimentari. “Se tutti gli esercizi pubblici mettessero a disposizione le loro eccedenze – afferma – con una media di 20 pasti al giorno si potrebbero distribuire ogni giorno 7 milioni di pasti”. Una ricerca del Politecnico di Milano indica in 5 milioni di tonnellate le eccedenze di cibo e in 500 mila le tonnellate di risorse alimentari recuperate dalle organizzazioni non-profit per lo scopo umano, grazie alle donazioni di aziende, gruppi e privati cittadini. Con la nuova legge si conta di raddoppiare la quota di cibo recuperato.

La differenza con il passato è che prima le aziende e le catene di distribuzione potevano donare liberamente cibo in eccedenza fino a un valore di 5 mila euro, oltre il quale era necessaria la comunicazione all’Agen-zia delle Entrate: un meccanismo che scoraggiava molti soggetti. Ora la soglia è stata elevata a 15 mila euro per chi vuole donare cibo in eccedenza alle realtà non-profit e caritatevoli, mentre chi vuole distruggere le eccedenze deve seguire quella procedura piuttosto complessa. Insomma, se doni hai la strada spianata, se distruggi hai la vita più complicata.

Finalmente una buona notizia, a fronte della quale va registrato – per dovere di cronaca – quanto denunciato in diversi centri di assistenza. A Reggio Emilia, per esempio, la presidente della Mensa del povero, Maria Chiara Visconti Gramoli, ha confermato ai media che il dono non è sempre gradito. La mensa ha cominciato a essere frequentata anche dai profughi del programma Mare nostrum: pur godendo di un buono per l’acquisto di un pasto, frequentano la mensa dove il cibo è gratis (evidentemente i buoni pasto vengono rivenduti…). “Alcuni guardano se il cibo è di loro gradimento o meno. Se non gradiscono, lo buttano. Hanno contestato la pasta scotta e si sono lamentati anche di panini buonissimi lasciati da un catering”. Accade anche questo, purtroppo.

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