SPETTACOLI IN POLITICA E IN PARLAMENTO

By Nicola Guiso
Pubblicato il 1 Dicembre 2013

Mentre scrivo sono in corso spettacoli (due nella politica e uno in parlamento) destinati a restare sconcertanti e deprimenti qualunque possa essere il loro finale. Nella politica sono quelli che si recitano nel Pdl e nel Pd, parti decisive della maggioranza di governo. In parlamento, quello offerto dalla legge che dovrà indicare le entrate e le spese dello stato per il 2014, e per alcune voci anche per periodi più lunghi. Lo spettacolo nel Pdl è massimo nel confronto-scontro (con ferocia e intemperanze che si usano solo per nemici corali, e starebbe per portare alla scissione) tra coloro per i quali principio e fine del partito debba continuare a essere la guida da sovrano assoluto di  Berlusconi. E coloro che ritengono, invece, che il ciclo storico che ha visto nel partito, nella politica e nelle istituzioni il ruolo dominante del fondatore e leader del Pdl si è concluso nel novembre del 2011, quando Berlusconi ha dovuto lasciare la guida del governo a Monti. E sia dunque necessario partire dagli elementi positivi e negativi di quella esperienza, per pensare e realizzare la evoluzione del partito che è stato (e dovrà ancora essere) dei moderati italiani. Comunque, nello scontro in corso nel Pdl le questioni vitali del paese sono emarginate.

Nella forma e nella sostanza, lo spettacolo che offre il Pd non è meno sconcertante e deprimente. Nella forma, perché il confronto-scontro per dare al partito un nuovo segretario (che non si sa ancora se destinato a essere anche designato a primo ministro in caso di elezioni) si sta svolgendo tra quattro vocianti candidati, che si accusano a vicenda di fare ricorso a imbrogli nel tesseramento, a vuota demagogia e a malafede quando parlano di alleanze e di sostegno al governo, al fine di prevalere nelle elezioni “primarie” tra gli iscritti e gli elettori del Pd. Nella sostanza perché, come nel Pdl, le questioni inerenti l’identità culturale del partito, le analisi e le proposte rispetto ai problemi vitali della società nazionale e delle istituzioni, vengono affrontati dai quattro soprattutto in forma di enunciazioni generiche, di slogan propagandistici legati a nostalgiche posizioni “democratico-comuniste”, o a suggestioni espresse dalla dilagante retorica (al fondo di tutto anarconichilista) sui “diritti civili e sociali” da affermare senza più limiti. La decisione di Romano Prodi di non votare alle “primarie” è un segnale forte del reale stato di cose nel Pd.

Lo spettacolo che sta dando il parlamento ha il suo centro negli oltre 3000 emendamenti presentati al testo della “legge di stabilità (oltre metà dei quali da parlamentari della maggioranza). E soprattutto nel fatto che la stragrande maggioranza chieda aumenti di spesa immediati (per esempio, per la sanità, per le pensioni, per le opere pubbliche, per la scuola, per la fiscalità, per la giustizia, per gli aiuti umanitari eccetera), senza indicare in concreto come coprire le nuove spese; limitandosi a declamare che sia possibile farlo con la lotta all’evasione fiscale, con la vendita di immobili e di spiagge pubbliche, con la riduzione delle pensioni d’oro oppure, nel migliore dei casi, col solito aumento delle accise sui carburanti, sui tabacchi, sugli alcolici, sui “gratta e vinci”. Mentre la Costituzione (sempre esaltata ma in questo caso spesso disattesa) afferma (art. 81) che ogni legge “che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. Mezzi certi, cioè, non ipotetici nella misura e nei tempi in cui poterne disporre.

Sulle gravi situazioni di crisi economica e sociale che patisce il paese mai che si sentano nei dibattiti dei partiti e in parlamento franche autocritiche: le colpe sono sempre degli altri. E siccome il popolo ha molta più sensibilità e intelligenza di capire e di interpretare i fatti di quanto gliene venga attribuita, in settori sempre più vasti di opinione pubblica si allarga la convinzione che partiti e istituzioni non abbiano l’autorità (innanzitutto morale) di chiedere ai cittadini che ciascuno faccia la sua parte di sacrifici (sicuramente) necessari a fare fronte in modo adeguato alle situazioni drammatiche dell’oggi e del domani. è un segnale pericoloso, che non può essere più ignorato o sottovalutato.

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