CATTIVERIA UMANA, MERAVIGLIE DI DIO

Vito Messere
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 2 Giugno 2014

Dopo la morte di Gabriele, febbraio 1862, il conventino di Isola del Gran Sasso dove il giovane ha trascorso l’ultimo brano di vita, resta dolosamente vuoto. I religiosi sono stati mandati via da leggi crudeli e assurde del governo italiano. Ormai rettili e spine vi crescono indisturbati, rovi ed erbacce profanano l’aiuola dove Gabriele coltivava i fiori per l’altare della Madonna; delle preghiere che, vivente Gabriele, profumavano il convento non resta neppure una flebile eco. I ventiquattro religiosi espulsi violentemente, si sono trasferiti a Manduria (Taranto), nelle Puglie dove i passionisti erano del tutto sconosciuti. Nella terra di esilio essi portano con sé il rimpianto del conventino ai piedi del Gran Sasso e il ricordo di Gabriele. Tra gli esuli vi sono alcuni suoi compagni di noviziato e di studentato. Il superiore, padre Valentino Lucarelli, lo ha conosciuto e ammirato fin dal 1858; commosso gli ha amministrato il viatico e, il giorno stesso della morte, ne ha scritto il primo brevissimo ma significativo profilo spirituale. Tutti sono stati testimoni del suo rapido progredire verso la perfezione.

In esilio, con la mente e con il cuore essi ricordano la sua vita, sostano con affetto sul suo sepolcro, tornano con nostalgia al mai dimenticato convento di Isola. Di Gabriele parlano tra di loro; di lui raccontano ai fedeli che incontrano nei ministeri. L’esilio imposto dall’odio e dalla prepotenza dell’uomo si trasforma, nei piani della provvidenza, in veicolo per far nascere conoscenza, amore e ammirazione verso Gabriele anche nelle Puglie. E proprio nelle Puglie, a Gallipoli (Lecce), Gabriele opererà uno dei due miracoli approvati per la sua canonizzazione. Inoltre per testimonianza di molti, a cominciare dagli interessati, Gabriele attrae ragazzi e giovani a seguirlo nella vita religiosa.

Tra questi c’è anche Vito Messere. Nato a Uggiano Montefusco, popolosa frazione del comune di Manduria, Vito incontra i passionisti fin da bambino. Frequenta la loro chiesa, resta stupito guardando l’abito che indossano, li sente parlare di Gabriele sul cui sepolcro a Isola del Gran Sasso da qualche anno germogliano grazie a non finire, fioriscono miracoli stupendi. E in lui diventa sempre più forte il desiderio di entrare in convento. Il sogno, a lungo coltivato, può realizzarsi solo nel 1903. I suoi buoni genitori, accolgono con gioia la vocazione del figlio e lo accompagnano con la loro benedizione. Il 20 dicembre 1903, Vito indossa l’abito religioso a Ceglie Messapica (Brindisi), dove compie l’anno di noviziato. Cresce nella gratitudine al Signore per il dono della vocazione, si sente a proprio agio nella vita in convento; tutti ammirano la sua condotta esemplare e la sua disponibilità al sacrificio. Il 21 dicembre 1904 emette la professione dei voti come religioso fratello: il suo servizio al Signore sarà vissuto nella preghiera e nel lavoro per il bene dei confratelli.

I superiori, che già ne apprezzano la laboriosità e lo spirito di sacrificio, gli affidano subito il compito di cuoco che Vito svolge con amore e diligenza. Ma nell’aprile del 1906 arriva subdola e imprevista la tisi che consumerà il giovane nel breve spazio di sette mesi. Vito viene inviato nel convento di Manduria, luogo più adatto per lui. Il malato si rende conto prima ancora dei medici e dei confratelli che la sua salute è gravemente compromessa e che la situazione, umanamente parlando, non potrà che peggiorare. Durante la malattia il giovane offre meravigliosi esempi della sua bontà: immerso a lungo nella preghiera, paziente e sereno nel dolore, riconoscente verso chi lo assiste e che ringrazia con commoventi espressioni di riconoscenza. Nonostante la sofferenza, resta gioviale e affabile. Vicino a lui c’è sempre il suo padre spirituale che ritiene una grazia assistere a una morte tanto edificante.

Il 31 ottobre, al termine del mese dedicato alla Madonna del rosario, Vito muore all’età di 23 anni e nove giorni. Durante la mezz’ora che ha preceduto la sua morte, i presenti lo hanno visto fissare ininterrottamente lo sguardo verso un punto preciso della stanza con il volto soffuso di dolcezza e soavità. La Madonna, da lui amata con tenero affetto filiale, gli era apparsa ed era venuta a prenderlo come aveva fatto con Gabriele dell’Addolorata? I confratelli che lo hanno visto morire, sono convinti che sia successo proprio così. (170)             p.dieugenio@virgilio.it

Comments are closed.