GOVERNABILITÀ E RAPPRESENTANZA

Il prossimo anno sarà il centenario della nascita di Giovanni Sartori. Nessuno più del politologo fiorentino e prestigioso collaboratore del Corriere della Sera, comprese i pericoli che corre un sistema democratico. Non solo il non voto, l’astensionismo. C’è il rischio della progressiva disaffezione verso le procedure democratiche che sono per loro natura lente. Certo le autocrazie sono più veloci nel prendere delle decisioni. E per questo suscitano simpatia e ammirazione anche là dove c’è quell’opinione pubblica (l’architrave della democrazia, scriveva Sartori) che nelle dittature è del tutto assente (ma lo dimentichiamo spesso). Inizialmente, durante la prima ondata del Covid, furono in molti ad avere una certa invidia per il decisionismo cinese e russo. Sembravano più bravi nello sconfiggere il virus. E pure nel produrre dei vaccini, ambiti persino da alcune Regioni italiane. La Storia ha dimostrato il contrario. E tutto ciò è avvenuto nel rispetto della dignità e dei diritti delle persone, nonostante i tanti no vax nostrani che, guarda caso, spesso nutrono aperte simpatie per Putin.

Sartori insisteva per preservare l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità. I costituenti privilegiarono la prima, con una legge elettorale proporzionale, perché ritenevano che, dopo una dittatura, fosse essenziale dare ascolto a tutte le voci, anche le più piccole. Specie in un Paese plurale come il nostro. La prima repubblica si esaurì per l’eccesso di partitocrazia e i troppi scandali. Ma soprattutto per l’impossibilità di avere esecutivi che durassero mediamente più di un anno e mezzo. Anche se bisogna dire che poi i partiti al governo erano sempre gli stessi. Il pentapartito è stato stabilissimo. E democristiano il presidente del Consiglio fino al 1981, quando il presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, nominò Giovanni Spadolini, fiorentino come Sartori, e suo direttore al Corriere. Le riforme istituzionali divennero urgenti in quegli anni, con la prima bicamerale guidata dal liberale Aldo Bozzi. Un lungo e tormentato processo che non si è ancora esaurito e torna oggi d’attualità con la proposta di un premierato forte, eletto direttamente e in grado di sciogliere le Camere. Una soluzione avversata da chi ritiene che così si svuoti il ruolo del capo dello Stato. Fosse ancora vivo, Sartori con la sua indiscutibile verve polemica, da scienziato della politica spiegherebbe che un simile sistema si è visto solo in Israele, certo non un esempio di stabilità politica.

Il pendolo fra governabilità e rappresentanza va mosso con saggezza sapendo che il necessario rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, non può avvenire indebolendo i contrappesi. Il presidente americano fa i conti con un Congresso che può paralizzarne l’azione politica. Se perde il controllo è un’anatra zoppa. E lo stesso capo dello Stato francese – il sistema semipresidenziale piaceva a Sartori – si è accorto che la rappresentanza dell’Assemblé Nationale non può essere più, come un tempo, simbolica e figurativa. Pena il rischio di trasformarsi in un monarca repubblicano senza popolo.