MINORI A RISCHIO?

By Ciro Benedettini
Pubblicato il 1 Ottobre 2023

Recenti fatti di cronaca nera, che hanno avuto come protagonisti minorenni o comunque giovanissimi, hanno allarmato l’opinione pubblica e costringono a interrogarci sul tipo di educazione che diamo ai nostri ragazzi. Vedi il caso del giovane musicista Giovanni Battista Cutulo, 24 anni, ucciso con tre colpi di pistola sparati a sangue freddo e per futili motivi da un diciasettenne, membro di una banda giovanile, nella centralissima Piazza Municipio di Napoli. Parimenti ha suscitato orrore lo stupro da parte di un gruppo di ragazzi, alcuni minorenni, su due bambine di 10-12 anni, a Caivano. La violenza, filmata e posta sui social, stava diventando abituale.

Comportamenti di questo tipo, oltre a bullismo, si registrano un po’ in tutta Italia e mettono in luce quanto diffusa sia, anche tra i minorenni, la mancanza di rispetto per la vita e, in particolare, per la dignità della donna. C’è chi sdrammatizza dicendo che è sempre stato così, che accade solo in alcune zone di degrado delle nostre città e che la maggiore risonanza dipende dai mass-media e in particolare dai social, sui quali i ragazzi, per esibizionismo, postano i video delle loro scabrose avventure. In realtà il problema vero è educativo: quale tipo di educazione ricevono i ragazzi dalle famiglie e nella scuola?

La violenza contro le donne, portatrici di vita, è l’emblema del disprezzo per la vita stessa. Si dice che gli italiani siano “mammoni” ma l’attaccamento alla mamma non sembra indebolire la mentalità del maschio dominatore e la pretesa di possesso sulla donna. A riprova un sondaggio di Save the Children mostra che il 70% delle ragazze fra i 14 e 18 anni dichiara di aver subito molestie. I femminicidi sono già più di ottanta quest’anno in Italia.

Non si può far ricadere tutta la responsabilità sulla famiglia. Per almeno 8 anni gli adolescenti trascorrono metà giornata nella scuola che deve trasmettere non solo conoscenze ma valori. Fenomeno grave è l’abbandono scolastico che è il vivaio dove la malavita pesca i suoi giovani adepti. Anche la società civile ha le sue colpe perché la mancata equiparazione degli stipendi fra uomo e donna fa prevalere inconsciamente l’immagine della superiorità maschile.

C’è poi Internet con i social. Risulta che molti ragazzi, già a 7-8 anni, quando hanno in mano il primo smartphone, vengono a contatto con la pornografia, che presenta un’immagine distorta, violenta di una sessualità slegata dall’amore e un’immagine della donna come oggetto da usare per il proprio piacere.

Il Governo, nel mese scorso, ha approvato il cosiddetto “Decreto Caviano, misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”, che inasprisce alcune pene (sottrazione dello smartphone, carcere), prevede sanzioni anche ai genitori che non mandano i figli a scuola, norme per impedire l’acceso di minori ai siti violenti e pericolosi. L’App “Controllo parentale” sarà installata per default su tutti gli strumenti di comunicazione digitale. Allo studio anche un sistema digitale di accertamento dell’età per chi accede a questi siti. Molti educatori trovano il decreto più repressivo che preventivo, debole sul lato dei servizi sociali per la famiglia e la gioventù.

È fuori dubbio che tutto è inutile se manca l’educazione in famiglia e nella scuola. Nessuno meglio dei genitori può insegnare ai figli il rispetto per l’altro, l’affettività e soprattutto che la sessualità trova la sua bellezza e pienezza solo come linguaggio di amore e in un contesto stabile di amore. Scrive il Papa: “I figli, prima di abitare una casa fatta di mattoni, abitano un’altra casa, ancora più essenziale: abitano l’amore reciproco dei genitori” (Amoris Laetitia).

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