BENEDETTO E FRANCESCO DUE PAPI UNA STESSA FEDE

…se oggi ci commoviamo di fronte all’operato di papa Francesco, non dobbiamo dimenticare che egli non è una meteora…

Di fronte a personaggi come quelli degli ultimi due papi che si sono avvicendati sulla cattedra di SAN Pietro dobbiamo fare un piccolo sforzo e cercare di andare oltre il nostro modo usuale di giudicare. Siamo infatti fin troppo abituati a riconoscere e premiare – anche con qualche lacrimuccia furtiva – coloro che ci vengono presentati come i vincitori, coloro che in qualche modo rappresentano lo “spirito del nostro tempo”. Sembra infatti che l’epoca postmoderna non si sia ancora emancipata dallo spirito romantico, sempre a caccia di eventi ed eroi che svelino la verità di un’epoca e portino l’umanità a una sua maggiore realizzazione. Ma è proprio questo lo spirito giusto con cui leggere quanto accade oppure questa logica dell’aut aut, che contrappone il vincitore ai vinti e che ci porta a canonizzare ora questo ora quello, senza poter scorgere la trama che si rivela nei singoli passaggi?

Pochi giorni dopo l’elezione di papa Francesco, appena terminati i servizi “coccodrillo” sul papa dimissionario, i media sono tornati al consueto cinismo e a sfoderare gli artigli fino ad allora celati sotto i morbidi cuscinetti del politically correct. Si è subito voluto leggere l’operato e lo stile personale del papa argentino secondo un’ermeneutica di discontinuità, in termini cioè di una contrapposizione tra i due.

A darci una chiave di lettura più corretta è arrivata la Lumen fidei, la prima enciclica di papa Francesco, scritta a quattro mani con il suo predecessore: infatti lo stesso papa Francesco attesta che Benedetto XVI aveva già quasi completato la prima stesura di una lettera enciclica sulla fede e “nella fraternità di Cristo assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi” (LF 7). Una esplicita dichiarazione di continuità, tanto più che, come è noto, la prima enciclica di un pontefice ha un’importanza unica; essa tende a fornire i lineamenti di quello che sarà il nuovo papato delineandone la linea programmatica e definendone l’approccio pastorale.

C’è chi si è tuffato in questo documento per scorgere i punti di sutura tra il pensiero dell’uno e la mano dell’altro, ma dietro a questa scelta del papa argentino c’è molto di più che un semplice atto di umiltà o riconoscenza. Si mostra evidente la necessità di restituire i riflettori della scienza mediatica al vero protagonista: nel pontificato dei due papi c’è una continuità dettata da un fattore essenziale: l’avere entrambi fede nello stesso Dio provvidente che è il vero Signore della storia. è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe il vero protagonista e segno di continuità di ogni papato ed esperienza ecclesiale. Ogni papa – come ogni cristiano – è a servizio del regno di Dio nel quale Gesù ci ha preparato un ruolo e un posto (Gv 14,2-3).

Questa consapevolezza non indica solo una continuità nella fede, ma promuove anche la libertà interiore di ciascuno di realizzare tale regno nel proprio contesto. Sono state proprio le esigenze del nostro tempo – e non certo la viltà – la causa che spinse Benedetto XVI al gran rifiuto dichiarando a sorpresa che “nel mondo di oggi per governare la barca di san Pietro e annunciare il vangelo, è necessario anche quel vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato” (Declaratio, 11 febbraio 2013). Un atto di umiltà, ma anche di sano discernimento su quello di cui la chiesa ha oggi bisogno.

Se oggi allora ci commoviamo di fronte all’operato di papa Francesco e giustamente lo sentiamo come un dono del Signore, non dobbiamo dimenticare che egli non è una meteora, ma la sua azione è stata resa possibile da chi gli ha preparato il terreno. Nell’avvicendarsi di questi due grandi papi abbiamo avuto la grazia di vedere all’opera quella che in gergo viene chiamata traditio: un papa che consegna (in latino tradere appunto) ad un altro i beni della chiesa affinché la traghetti verso il futuro, verso la realizzazione del regno di Dio.