Videogiochi a cinque cerchi

By Fabrizio Cerri
Pubblicato il 6 Dicembre 2017

Ma mia madre si convincerà che le ore trascorse alla consolle del mio videogioco equivalgono ad altrettante ore di palestra, o di piscina, o di campo di calcio/calcetto/calciotto? In questi termini hanno subito almanaccato i nostri baldi ragazzotti quando hanno appreso della decisione del Comitato olimpico internazionale di ammettere i videogiochi come disciplina olimpica, quindi sportiva tout court, nella rassegna a cinque cerchi in programma a Tokyo 2020. La decisione ha lasciato sconcertati un po’ tutti: al punto che sui social non sono mancati commenti salaci, come di quel sarcastico follower che ha scritto: già che ci siamo, nel programma olimpico aggiungerei anche moscacieca, rubabandiera, un-due-tre stella, i quattro cantoni, madama dorè, campana, e i circuiti segnati col gesso sull’asfalto dei marciapiedi.  È pur vero che ci sono le Olimpiadi del bridge, ma giocatori ed organizzatori di quel gioco di carte si sono ben guardati dal proporle per un inserimento nell’ambito e negli stessi tempi delle Olimpiadi propriamente dette.

La storica decisione del Cio è arrivata dopo un summit a Losanna: per la prima volta i cosiddetti “e-sports” sono considerati «attività sportiva in piena regola», anche se, hanno puntualizzato al Cio, per essere pienamente riconosciuti come sport dovranno naturalmente rispettare i valori olimpici e dotarsi di strutture per i controlli antidoping e la repressione di fenomeni come le scommesse.

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