L’inizio del 2022 è stato reso triste in Italia e in Europa dalla morte di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. Persona colta e politico di grande valore, al quale molto deve l’Europa nella sua difficile marcia verso una concreta unità e un ruolo adeguato nel mondo. È anche un inizio d’anno reso complesso da fatti politici,
istituzionali, economici e sociali di grande rilievo, derivanti, in tutto il mondo, dalla pandemia, creata e diffusa dal Covid 19, che peserà ovunque per tempi imprevedibili, sia pure in modi diversi. Con la pandemia, infatti, assumono rilievo soprattutto le strutture sanitarie, diffuse e spesso efficienti in Europa, Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda; con presenze significative in Russia e Cina. Scarse e poco efficienti in gran parte dell’Africa e in molte aree dell’Asia e dell’America Latina. Fatti che stanno però rivelando che anche nei paesi avanzati – tra i quali l’Italia – la pandemia ha creato o sta aggravando situazioni di nuove crisi, o l’accentuazione di vecchie deficienze nelle strutture sanitarie, determinando non facili situazioni tra i cittadini. Perché ha reso difficile in quelle strutture (soprattutto per l’alto numero di colpiti in modi gravi o leggeri dalla pandemia) gli interventi di cura delle malattie tradizionali. Basti considerare che in Italia, come negli altri Paesi d’Europa e America del Nord, sono stati sospesi o ritardati decine di migliaia di interventi per malattie di ogni altro genere della pandemia, con eccezionale logorio del personale medico e delle strutture sanitarie.
In Italia, inoltre, la situazione è resa più complessa da alcuni fatti di grande rilievo politico e istituzionale che ricordiamo in sintesi estrema, in quanto alcuni dei quali prevedono processi che stanno per iniziare, e altri che si concluderanno nel 2023.
Il primo è la possibile candidatura di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica, che verrebbe da lui confermata tra qualche giorno. Incarico certamente per il quale sarebbe auspicabile il massimo consenso tra i grandi elettori. Mentre quella di Berlusconi è sostenuta da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, e respinta dal Partito democratico, i Cinque Stelle e i piccoli gruppi di estrema sinistra.
Il secondo fatto è la possibile elezione a capo dello Stato di Mario Draghi, fatto che imporrebbe anche l’elezione immediata di un presidente del Consiglio. Cosa che considerata la personalità dimostrata da Draghi negli incarichi ricoperti per l’Europa e ora in Italia, vi è da augurarsi che a presiedere il nuovo governo possa essere una persona in grande sintonia con la sua visione politica e istituzionale.
Il terzo fatto potrebbe essere che Draghi scelga di restare a capo del governo, con conseguente elezione del nuovo capo dello Stato, scelta che porterebbe in primo piano la posizione di Mattarella. Sollecitato da molte parti ad accettare una riconferma nella carica (per i 7 anni previsti dalla Costituzione, o meno per intese raggiunte tra lui e gli elettori) sino a ora ha risposto negativamente con significative decisioni personali e sintetiche considerazioni di natura istituzionale. Se la decisione di Mattarella fosse irreversibile, si dovrebbe concludere che una soluzione adeguata – nelle persone e nella procedure – potrebbe avere costi politici molto alti.
Da ricordare, infine, una questione sicuramente non classificabile di alta politica, ma espressiva di incisive situazioni della stessa: il gran numero di parlamentari (oltre 100 solo dei Cinque Stelle) eletti per la prima volta e contrarissimi a elezioni immediate; perché non completando i cinque anni di legislatura previsti non acquisirebbero il diritto alla pensione. Il loro peso, a partire dai voti del 7 febbraio per l’elezione del capo dello Stato, potrebbe risultare determinante. E nello stesso tempo, a seconda dei loro comportamenti, potrebbero contribuire a sottolineare il non brillante stato delle nostre