SU QUESTA PIETRA EDIFICHERò LA MIA CHIESA

L’esperienza e la prova di Pietro sono i passaggi che molte volte le nostra fede incerta deve attraversare
By domenico dambrosio
Pubblicato il 11 Marzo 2020

Possiamo scegliere diversi, contrastanti aggettivi per descrivere la variegata ricchezza della personalità dell’apostolo Pietro nel suo rapporto con Gesù: sincero, generoso, premuroso, appassionato ma anche incoerente, volubile, presuntuoso. Nelle grandi occasioni, nelle situazioni più difficili, nel silenzio degli altri undici, Pietro è il più immediato e pronto a sintonizzarsi con le richieste e gli impegni che il Maestro domanda.

Lo vediamo a Cesarea di Filippo quando Gesù chiede ai suoi discepoli: Ma voi chi dite che io sia? (Mt 16,15) e, nel silenzio degli altri, è Simon Pietro a rispondere: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt16,16). A Cafarnao a conclusione del discorso sul pane di vita quando molti discepoli vanno via e Gesù dice ai dodici: Volete andarvene anche voi? (Gv6,67). Simon Pietro risponde: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv6,68). Quando i discepoli, spaventati, credono di vedere un fantasma camminare sulle acque è ancora Pietro a dire: Signore se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque (Mt14,28). Conosciamo anche la conclusione: non sa fidarsi di Gesù, preda della paura, sta per affondare e quindi il grido: Signore, salvami! Sul Tabor, di fronte al Cristo trasfigurato, è comprensibile il tentativo di Pietro di fermare il tempo: Signore, se vuoi, farò tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia (Mt174). Al Getsemani Simon Pietro tira fuori la spada per difendere Gesù: (Gv18,10). Dopo la risurrezione nel mentre il discepolo che Gesù amava riconosce e indica il Signore sulla riva, Pietro brucia tutti: è già in acqua per raggiungere a nuoto il Signore sulla riva (Gv21,7).

Accanto a questi slanci che dicono tutto l’amore immediato e spontaneo che lega il pescatore del lago a Gesù, Pietro dovrà fare i conti con un itinerario di conversione che lo porterà di nuovo sulle rive del lago dove aveva incontrato e seguito Gesù con slancio e generosità, per risanare l’amore ferito e tradito  con il timido ma deciso: Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene (Gv21,17).

Il cammino accidentato di Pietro

A Cesarea di Filippo, nel silenzio degli altri undici, risuona forte e decisa la professione di Simone: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt16,15). Gesù ricorda a Pietro che la solenne professione di fede non è frutto della sua intelligenza, viene da Dio: Né carne, né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio (Mt16,17). Ora Simone, oggetto di una rivelazione divina, riceve da Gesù un nome che indica una nuova funzione: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (Mt16,18). “Gesù ha preso questo nome di cosa e ne ha fatto un nome di persona che ha dato a Simone” (Vanhoye). E in forza di questa professione di Pietro che Gesù annunzia la costruzione della sua Chiesa: Edificherò la mia Chiesa.

Il fondamento per la costruzione della Chiesa è ormai stato posto e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Mt16,18). La costruzione è appena iniziata e già si affacciano le potenze ostili: Gesù dovrà soffrire, venire ucciso. È l’annunzio della passione. Questa parola di Gesù è talmente nuova, improvvisa e inattesa da oscurare l’ultima parola di Gesù: Venire ucciso e risorgere il terzo giorno (Mt16,21). Pietro è legato da amore potremmo dire viscerale a Gesù. Non può tollerare la sua condanna, la sua morte, perciò si mise a rimproverare Gesù: Questo non ti accadrà mai (Mt16,22). Pietro non può accettare l’annientamento e l’umiliazione del suo maestro. Il suo è un amore sbagliato verso Gesù; deve convertirsi. La reazione di Gesù è dura e Simon Pietro da beato e pietra di fondazione, viene apostrofato con un Va dietro a me, Satana! (Mt16,23).

Lo slancio di amore e di generosità di Pietro intralcia il progetto di Dio. Simone il figlio di Giovanni (Bar Jona), ora Pietro, attraverso le prove e umiliazioni comprenderà che il progetto di Dio passa attraverso l’annientamento, la prova, il rifiuto, la morte.

L’esperienza e la prova di Pietro sono i passaggi che molte volte le nostra fede incerta deve attraversare. Se non sperimentiamo la fatica e lo scandalo della croce, il tributo d’amore e fedeltà a Cristo reggerà su basi incerte e fragili che potranno portarci ancora al fallimento e alla caduta.

Nel cenacolo Pietro rinnova fedeltà a Gesù usque ad mortem: Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò (Mc14,31). E invece il discepolo, potremmo dire il preferito, colui al quale il Signore ha dato il nome di pietra sprofonda nella menzogna: Non conosco quell’uomo. (Mt26,72), ripete per tre volte la sua estraneità con Gesù spergiurando e imprecando. Mentre Pietro avverte tutta la sua miseria e solitudine c’è l’incrocio con lo sguardo di Gesù: il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro (Lc22,61). Il Signore ha fissato, ha guardato dentro e il tradimento si scioglie: Uscito fuori, pianse amaramente (Lc22,62). È lo sguardo che apre a Pietro ancora una volta la tenerezza e l’amore del Maestro, amore che sperimenterà sulle rive del mare di Galilea laddove era iniziata la sequela.

Lo scivolone di Pietro è lo scivolone di tanti cristiani. La sequela di Cristo, se lo sguardo non rimane sempre fisso su di lui, non ci protegge da debolezze, fragilità, tradimenti. Sarà l’incrocio con il suo sguardo che ci riporterà laddove lo abbiamo incontrato per ricevere e accogliere ancora una volta la ricchezza del suo amore.

Dopo il pianto amaro di pentimento che lo accompagnerà per tutta la sua restante vita, ora Pietro è pronto per ricevere da Gesù risorto la conferma della sua missione.

Tu sai che ti voglio bene

È il vangelo di Giovanni che ci riporta il dialogo di Gesù con Pietro sulle rive del mare di Galilea. Scrive Xavier Leon-Dufour: “Il dialogo è situato dopo il pasto conviviale con il quale Gesù ha ri-stabilito con i suoi discepoli, la comunione che era stata spezzata dalla sua morte”. A questo punto Gesù ristabilisce la comunione piena con Simon Pietro attraverso la triplice richiesta di amore: Mi ami? Mi vuoi bene? E per giunta più di costoro? La risposta di Simone figlio di Giovanni ci svela un Pietro inedito, quasi timoroso e libero dalla presunzione di farsi strada prima e più degli altri discepoli. Non risponde: Si, Signore ti amo; mette da parte l’io e si affida al tu: Signore, tu sai che ti voglio bene. Al Signore non bastano le due risposte. Vuole tutto il suo amore e insiste per la terza volta, riempiendo il cuore di tristezza e il volto di lacrime di Simone figlio di Giovanni che per tre volte aveva spergiurato e negato di conoscere il Maestro. La risposta sommessa, umile ma vera, rimanda alla conoscenza che Gesù ha di lui: Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene (Gv21,17). Il Signore autentica la professione di amore e di fedeltà di Pietro e gli affida il compito di guidare, vegliare, pascolare il suo gregge.

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