Leggendo le Regole di san Paolo della Croce, emergono fin dal primo capitolo due elementi molto importanti: “lo spirito di orazione” e “l’attività missionaria”. Da queste peculiarità scaturisce il carisma specifico dei passionisti: “Insegnare a viva voce ai popoli la devota memoria della Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo, come mezzo efficacissimo per distruggere il vizio e condurre in poco tempo le anime ad una grande santità”. Non meraviglia, quindi, se san Paolo della Croce abbia svolto oltre 300 missioni. È stato missionario a tutto tondo. Senza risparmiarsi. Si addice perfettamente a lui l’espressione di Paolo apostolo: Caritas Christi urget nos, cioè: L’amore del Cristo ci spinge (2Cor 5,14).
Lo scopo fondamentale per lui è quello di salvare le anime. Soprattutto le più trascurate. Potremmo considerarlo l’antesignano del pensiero di papa Francesco: raggiungere “le periferie”. Difatti nelle Regole approvate nel 1741, “Raccomandava ai religiosi di non cercare mai di predicare nelle città, ma di mostrare ai vescovi il desiderio di andare alle povere terre più bisognose. Anzi, l’andare nei luoghi solitari, maremme, isole, e altri luoghi che paiono più abbandonati dai ministri apostolici, doveva ritenersi missione specifica dell’Istituto”.
Ecco perché padre Paolo della Croce, “eccettuate le due missioni predicate a Roma nel 1749 e nel 1769, non sia mai comparso nelle maggiori città dello stato pontificio, del regno di Napoli e del granducato di Toscana. L’umiltà e lo zelo – depone nei processi di canonizzazione padre Domenico di sant’Antonio – gli fecero preferire borgate e paesi pressoché dimenticati e in condizioni deplorevoli, obbligandolo a battersi sulle linee più avanzate del campo missionario, fra gente civilmente arretrata, spesso violenta e minacciata da bande di fuorusciti. La maggior parte delle fatiche apostoliche furono da lui impiegate non in città e luoghi colti, ma in luoghi di aria malsana, in luoghi dove si rifugiavano i malviventi, o dove regnava grande ignoranza delle cose di Dio. Doveva affaticarsi molto nell’insegnare loro le cose necessarie per sentirsi cattolici, per confessarsi bene, per osservare la legge di Dio. Doveva fare una gran forza a se stesso e usare somma pazienza in udire le confessioni di tali genti, povere, ignoranti, pezzenti e testarde. Genti che avevano più del selvatico che del ragionevole, e molto meno del cristiano. Persone orride di volto, truci di aspetto, cariche di armi e tali da spaventare, salvo chi non temeva la morte per amor di Dio. Ci voleva il suo ardimento per esporsi a sedare risse di genti armate, comporre liti, discordie, e riportare pace fra persone che si cercavano per uccidersi”.
San Paolo della Croce affronta ogni situazione senza mai tirarsi indietro e senza paura. Va sicuro, perché è cosciente di avere Dio con sé. A dimostrazione di ciò, narro alcuni episodi accaduti durante le sue missioni.
A Canino, in provincia di Viterbo, “un brigante desiderava ascoltare padre Paolo e confessarsi da lui; ma, scoperto da una pattuglia di sbirri, il malvivente per difendersi dovette aprire il fuoco. Avvertito dello scontro – testimonia don Francesco Scarsella – il santo uscì dalla chiesa e si precipitò sul luogo. Giunto lì, sedò i belligeranti. I gendarmi si arresero, lasciando libero il bandito. Questi, deposte le armi, poté seguire la missione e cambiò vita”.
“In un altro paese – racconta padre Antonio di sant’Agostino – terminata la predica, andò a scovare un fuoruscito che era lo spavento e il terrore di tutti. Voleva non solo ammansirlo, ma indurlo anche ad allontanare una donna equivoca. Lo minacciò di ricorrere al Granduca e riuscì a smontarlo su due piedi, tanto che il fuorilegge licenziò subito la donna, si confessò e si ravvide”.
“A Magliano (GR) – narra il biografo san Vincenzo Maria Strambi – un famoso capo di banditi spiava l’occasione favorevole per uccidere un signore di Orbetello (GR) che, intimidito dalla tracotanza di quello scellerato, non ardiva uscire dalla città. Molti si erano interposti per indurlo al perdono, ma era stato tutto inutile. Paolo, appena ne fu informato, decise di recarsi a Magliano. Sconsigliato per il pericolo cui si esponeva, non diede ascolto e si avventurò col suo crocifisso. Non conosceva personalmente il bandito, ma lo individuò subito, vedendolo carico di armi. Per accertarsene tuttavia, volle interrogarlo. L’uomo risponde di essere precisamente quel desso, e il santo, inginocchiatosi: Son venuto apposta per chiedervi una grazia a nome di Gesù Cristo nostro Signore e non parto se non l’ottengo. Il criminale, con volto rabbuffato, domanda cosa voglia, e Paolo: Non altro se non che perdoniate al tale e non lo molestiate.
Ah, padre – rispose – alzatevi su, ché non ve la posso negare! Voi solo potevate essere, per ottenere questo. Sì, gli perdono di cuore. Per tutta risposta il santo tira fuori una dichiarazione di perdono, che legge e presenta all’uomo perché la sottoscriva. Ottenuto anche questo, comincia a parlargli di Dio e il bandito ascolta, si compunge, chiede di confessarsi e comanda ai suoi di non molestare più nessuno. Quei delinquenti presi dalla soave fermezza del santo, seguono l’esempio del capo: si confessano e il successo di Paolo è completo”.
La descrizione fatta fin qui di san Paolo della Croce ci lascia stupefatti e ammirati. Nei servizi che seguiranno, vedremo altre sfaccettature della sua eccezionale personalità. (lancid@tiscali.it)