SENZA VACCINO CONTINUERANNO LE EPIDEMIE

L’America annuncia la pillola anti Covid, ma…
By Gino Consorti
Pubblicato il 30 Ottobre 2021

Con il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, parliamo del nuovo farmaco e degli scenari futuri. “La strada più semplice – afferma – è vaccinare il mondo il più rapidamente possibile, inclusi i bambini”

In attesa che il buonsenso, il senso di comunità, il rispetto verso gli altri e soprattutto nei confronti della vita abbiano il sopravvento su quanti ancora, con assoluta negligenza rifiutano il vaccino, la cronaca recente ha annunciato dall’America l’arrivo della pillola anti Covid: il Molnupiravir. Precisamente la Merck & Co., una delle più grandi società farmaceutiche del mondo con sede nel New Jersey e Ridgeback Biotherapeutics, un’azienda biotecnologica di Miami, in Florida, hanno presentato domanda di autorizzazione all’uso di emergenza alla Food and Drug Administration (Fda), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, per il trattamento antivirale orale per Covid-19. Di conseguenza, se venisse autorizzato, Molnupiravir potrebbe essere il primo farmaco antivirale orale per il trattamento della malattia causata dal coronavirus Sars-CoV-2. E in vista di un potenziale via libera, Merck & Co. ha dichiarato di aver iniziato a confezionare la pillola prevedendo di arrivare alla produzione di 10 milioni di cicli di trattamento entro la fine del 2021.

Per meglio capire l’efficacia, il funzionamento e gli scenari futuri legati a questo nuovo farmaco, ci siamo rivolti a un illustre e noto interlocutore, nonché amico della nostra rivista. Parliamo del professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs. Un’eccellenza nel suo campo e un professionista-comunicatore di grande intelligenza il cui valore aggiunto è l’attenzione che riserva ai concetti della promozione della salute.

Ai nostri interrogativi il direttore Remuzzi ha risposto come sempre con chiarezza e competenza, le stesse peculiarità della dottoressa Raffaella Gatta, sua preziosa e valida collaboratrice nonché “seconda voce” nella nostra chiacchierata. Ascoltiamoli.

Iniziamo sgombrando il campo da ogni equivoco o fraintendimento: la pillola può sostituire il vaccino?

Assolutamente no. Prevenire il Covid-19 con il vaccino è sempre e comunque preferibile al trattamento. Come affermato da un virologo della università della Carolina del Nord, curando si possono commettere errori, anche fatali purtroppo.

Come agisce il Molnupiravir?

Innanzitutto diciamo che è un antivirale originariamente sviluppato per il trattamento dell’influenza. Il nome del farmaco prodotto dalla casa farmaceutica Merck riprende quello mitologico del martello del Dio del Tuono Thor (Mjolnir). È progettato per bloccare la replicazione del coronavirus, inserendo errori nel suo codice genetico in maniera casuale.

Il target farmacologico è l’enzima che copia in maniera continua il materiale genetico virale, chiamato RNA polimerasi. A differenza del remdesivir, l’antivirale usato per curare dal Covid che si limitava a creare solo una specie di pausa nella replicazione del materiale genetico virale, il Molnupiravir è invece capace di creare un vero e proprio blocco permanente. L’enorme numero di mutazioni introdotte in tutte le copie virali fanno sì che venga superato il valore soglia, oltre il quale il virus non può sopravvivere. Questo fenomeno è chiamato “catastrofe di errore virale”.

Il Molnupiravir potrebbe, inoltre, essere efficace non solo verso il SARS-CoV-2 ma anche verso altri coronavirus. Studi effettuati in laboratorio, poi, suggeriscono che oltre ad inibire la replicazione, questo farmaco sia in grado anche di bloccare la trasmissione e di ridurre la carica virale nei pazienti.

In termini di sicurezza che si può dire? Ci sono controindicazioni?

Lo studio clinico che ha analizzato l’utilizzo della pillola della Merck nella lotta al Covid-19, ha coinvolto 775 persone con malattia lieve o moderata non vaccinate. I partecipanti avevano almeno un fattore di rischio per sviluppare Covid-19 grave, come età avanzata o obesità. Metà di loro ha ricevuto il farmaco mentre l’altra metà ha ricevuto il placebo. Iniziando il trattamento entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi, il tasso di ospedalizzazione e di morte nelle persone che hanno ricevuto il farmaco era del 7,3% – circa la metà rispetto a quelli che hanno ricevuto un placebo. Questi risultati, quindi, dimostrano che il farmaco offre una protezione significativa, in maniera sicura e senza controindicazioni.

Può essere prescritto a tutti oppure ci sono delle categorie che non possono usufruirne?

Sì, una volta approvata dalle autorità regolatorie potrà essere prescritta a tutti, e se l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) deciderà che ci sono gli estremi perché possa essere inserita nel prontuario farmaceutico, potrà anche rimborsata dal Servizio sanitario nazionale.

Come e quando avviene la somministrazione?

La somministrazione deve iniziare molto precocemente, alla comparsa dei primi sintomi, dopo aver ottenuto l’esito positivo del tampone molecolare. La terapia antivirale si esegue per bocca ed è composta da quattro capsule, due volte al giorno, per cinque giorni, per un totale di quaranta pillole.

Se il fattore tempo è fondamentale ciò significa che il paziente, per avere una diagnosi certa, dovrebbe sottoporsi subito a tampone… Con quali tempi?

Bisogna sottoporsi a tampone molecolare ai primissimi sintomi, facendo richiesta tramite il proprio medico. E non appena ricevuto l’eventuale esito positivo, iniziare la terapia antivirale.

Quali costi ha la pillola anti Covid?

Dal punto di vista economico, il trattamento con il Molnupiravir costa circa un terzo rispetto a quello degli anticorpi monoclonali.

In Italia quando pensa possa essere messa in commercio?

La pillola sarà messa in commercio non appena avrà avuto tutte le autorizzazioni da parte delle agenzie regolatorie. La Merck pensa che ci sarà un’autorizzazione in emergenza da parte della Food and Drug Administration molto presto e negli Stati Uniti la pillola potrebbe essere disponibile entro la fine di quest’anno. Ancora più incerta è la previsione sulla sua disponibilità in Europa.

Immagino ci siano altre aziende che stanno lavorando sui farmaci anti Covid. Con quali tempi?

Anche la casa farmaceutica Pfizer pare se ne stia occupando. Tempo fa, infatti, ha annunciato la partenza di uno studio clinico di fase 2-3 per valutare l’efficacia di un farmaco antivirale sperimentale con somministrazione orale, dedicato ai pazienti infettati dal SARS-CoV-2 adulti e sintomatici, non ricoverati. A differenza della pillola della Merck, l’antivirale della Pfizer interviene su un meccanismo enzimatico dell’ospite che il virus utilizza per replicarsi.

Tornando ai vaccini, la terza dose sarà per tutti? Dovremo dunque vaccinarci due volte l’anno?

Al momento il Ministero della Salute italiano raccomanda di dedicare una terza dose aggiuntiva ai pazienti immunodepressi o in terapia con farmaci immunosoppressori, che hanno già completato il ciclo vaccinale. Inoltre, raccomanda anche la somministrazione di un richiamo (“booster”), almeno 6 mesi dopo la seconda dose, agli over 80 anni e agli ospiti delle RSA. Successivamente, sarà offerta la possibilità del richiamo anche agli operatori sanitari. L’efficacia della dose di richiamo è documentata da un recente studio del New England Journal of Medicine, che ha coinvolto 1,1 milioni di over 60 in Israele: in queste persone nei 20 giorni successivi alla somministrazione della “terza dose” (effettuata a più di 5 mesi dalla seconda dose) il rischio di forme gravi di malattia si è ridotto di 19 volte rispetto alle due dosi. Si tratta di un dato incoraggiante anche se un periodo di osservazione più lungo sarà utile per confermare ulteriormente che la maggiore efficacia del richiamo si manterrà nel tempo.

Per quello antinfluenzale quali sono le indicazioni?

Un recente lavoro inglese ha supportato l’idea di fare la terza dose insieme all’antinfluenzale: lo studio condotto su 679 persone dimostra che gli effetti collaterali (dolori muscolari, febbre, stanchezza e dolori articolari) non aumentano quando i due vaccini vengono somministrati insieme.

In conclusione professor Remuzzi, quando usciremo “a riveder le stelle”?

Possiamo guardare all’immediato futuro con speranza e spingerci a fare previsioni ottimistiche, data l’alta percentuale di vaccinati tra la popolazione. È importante però che questa percentuale continui ad aumentare, soprattutto in quelle parti del mondo in cui l’adesione alla vaccinazione rimane ancora scarsa. Senza un’alta percentuale di vaccinati, non solo da noi ma dappertutto nel mondo, continueranno a esserci epidemie.

Non siamo soli, questa è una pandemia globale che ha bisogno di una risposta globale. Se non lo facciamo e se non lo facciamo presto, il virus continuerà a mutare e poi tornerà da noi, forse in una forma difficile da neutralizzare con il vaccino. È vero, saremo capaci di fare vaccini per tante nuove varianti, ma non sappiamo fino a che punto il virus potrebbe continuare a mutare. Insomma, la strada più semplice è vaccinare il mondo il più rapidamente possibile, inclusi i bambini. Facciamolo con lo spirito di solidarietà tra uomini che dovrebbe animare ciascuno di noi, altrimenti facciamolo per egoismo, perché serve anche a noi per non ritrovarci ai tempi del lockdown. Comunque facciamolo, è la sfida più importante che abbiamo di fronte.

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