PROTEGGIAMO LE NUOVE GENERAZIONI

La salute mentale di bambini e giovani post pandemia
By antonio sanfrancesco
Pubblicato il 31 Marzo 2022

I dati che abbiamo finora sull’impatto del Covid-19 a livello globale, sottolinea un report dell’Organizzazione mondiale della sanità, mostrano solamente la punta dell’iceberg…

Due anni fa, in questi giorni, l’Italia scoprì un termine che conoscevano solo i nostri nonni che avevano vissuto la guerra: coprifuoco. Eravamo tutti in casa per proteggerci da un virus tanto misterioso quanto insidioso. Chiuse le scuole e le chiese, i bar e i locali, gli stadi e i negozi, i teatri e i cinema. Il 9 marzo 2020 l’Italia diventava un’unica zona rossa.

Due anni dopo, mentre la pandemia offre spiragli di miglioramento, abbiamo imparato che l’emergenza Covid, di cui il lockdown è stato il picco, non si è limitata a colpire i polmoni uccidendo, purtroppo, centinaia di migliaia di persone. “Ha lasciato il segno” dicono, più o meno in coro, gli specialisti. Soprattutto psicologi e psichiatri hanno rilevato, in particolare nei più piccoli e negli adolescenti, un numero crescente di sintomi allarmanti di ansia, depressione, paura, somatizzazioni. Un aumento dei disturbi alimentari. Genitori più aggressivi e tesi anche nel rapporto con i figli, o con il partner: dagli avvocati divorzisti a valle del lockdown, la segnalazione di un’impennata di richieste di separazione dovuta alla convivenza forzata. Tante attività economiche, magari appena nate, hanno dovuto gettare la spugna. E dunque se oggi possiamo passeggiare, andare al cinema, prendere il caffè o visitare un museo, forse la persona accanto a noi in fila, o davanti a noi allo stadio è proprio una di quelle che porta ancora i segni, fisici, psicologici ed economici, di quando l’Italia, tutta insieme, due anni fa chiuse la porta a chiave.

L’ultimo a lanciare l’allarme è stato il professore Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: “L’isolamento mette a grave rischio la tutela della salute mentale di adolescenti e giovani. Stiamo negando ai ragazzi una parte affettiva che fa parte del loro diventare adulti”.

Boom di ansia e depressione

La pandemia ha stravolto la vita di tutti ma bambini e adolescenti ne hanno pagato le conseguenze maggiori, come evidenziano diversi dati.

Gli accessi al Pronto Soccorso per disturbi psichiatrici sono cresciuti in modo considerevole con l’inizio della seconda ondata di ottobre 2020; i tentativi di suicidio e autolesionismo sono aumentati del 30% secondo i dati raccolti dal Bambino Gesù. A confermare l’impatto negativo della pandemia il report pubblicato dall’Unicef dal titolo La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani in cui vengono esposti i dati sulla salute mentale dei giovani. Più di un adolescente su sette, tra i 10 e i 19 anni, convive, secondo quanto emerso, con un disturbo mentale diagnosticato che, nel 40% dei casi circa, corrisponde ad ansia e depressione. Incertezza, solitudine e cambiamenti negli stili di vita hanno avvolto la vita di molti milioni di bambini, giovani e famiglie. Secondo il rapporto, i bambini e i giovani potrebbero risentire dell’impatto della pandemia sulla loro salute mentale e sul loro benessere per molti anni a venire. Anche le patologie legate alle dipendenze da sostanze e comportamenti, con disturbi legati al non corretto utilizzo dei social e delle piattaforme web, hanno visto una recrudescenza. Si è verificato, inoltre, un incremento dei fenomeni di violenza, sfociata anche in risse organizzate e pianificate online da giovani e giovanissimi come dimostrano i numerosi casi di cronaca che vede protagonisti, soprattutto nelle grandi città, le baby gang di cui fanno parte anche bambini di appena 12 anni.

Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) in un report pubblicato a marzo ha evidenziato che solo nel primo anno di pandemia c’è stata una crescita senza precedenti dei casi di depressione e ansia nel mondo, a causa dell’isolamento sociale e dei problemi economici legati al Covid. I più colpiti sono stati i giovani e le donne. E le ricadute della pandemia sulla salute mentale potrebbero essere ancora più pesanti. “I dati che abbiamo finora sull’impatto del Covid sulla salute mentale a livello globale mostrano solamente la punta dell’iceberg”, ha dichiarato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Tutti i paesi – ha detto – devono prestare maggiore attenzione alla salute mentale sostenendo le persone”. Solitudine, paura del contagio, sofferenza e lutti legati al Covid, nonché le preoccupazioni economiche sono i fattori scatenanti più influenti per depressione e ansia da pandemia. Particolarmente vulnerabili sono gli operatori sanitari che hanno combattuto in prima linea la lotta al Covid. Il rapporto, basato sulla revisione complessiva dei dati sull’impatto del Covid sulla salute mentale e sui servizi di salute mentale, evidenzia che a essere stati più gravemente colpiti sono soprattutto i giovani, a rischio in maniera sproporzionata di suicidio e comportamenti autolesionisti, e le donne, nonché gli individui con problemi di salute come asma, cancro e disturbi cardiovascolari.

La pandemia ha anche portato allo scoperto l’annoso problema del sotto-finanziamento per i servizi di salute mentale, diffuso a livello globale, – ha denunciato Dèvora Kestel, direttore del dipartimento di salute mentale e abuso di sostanze dell’Oms – adesso è più che mai urgente che i paesi assicurino che il supporto alla salute mentale sia accessibile a tutta la popolazione”.

Dalla “cordata educativa”

allo psicologo a scuola

Una situazione alla quale molte associazioni stanno cercando di porre rimedio attraverso numerose iniziative sul territorio. Lo shock della pandemia ha riportato alla ribalta la questione educativa, che è la questione assolutamente prioritaria del nostro tempo e sulla quale si avverte però l’assenza della società civile su questo tema, abituata da troppo tempo a trattare la questione come una delega e come pretesto per aprire fronti di conflittualità.

La diocesi di Milano, che con le sue milleduecento parrocchie è la più grande d’Italia e può contare su una rete di oratori molto estesa, ha lanciato l’iniziativa “Missione possibile. Una cordata educativa al passo con i giovani” che raccoglie numerose realtà che si occupano di educazione e rilancia la collaborazione tra oratori, scuole, società sportive, terzo settore, volontariato e famiglie.

La cordata educativa – ha detto don Stefano Guidi, direttore della Fondazione oratori milanesi – si propone quindi non solo come un’azione assistenziale, ma prima di tutto profetica, per alzare una voce, indicare un percorso possibile, per incoraggiare all’impresa. E la risposta non può essere specialistica, ma frutto della collaborazione tra competenze diverse. In questo percorso gli oratori giocano un ruolo prezioso e necessario”.

Un’altra iniziativa di cui si discute è quella di istituire la figura dello psicologo scolastico a disposizione degli studenti. Il deputato Emilio Carelli ha presentato una proposta di legge ad hoc spiegando che “lo psicologo a scuola deve essere un ponte tra scuola e famiglie, è una figura in grado di supportare e motivare gli studenti ma anche di individuare precocemente situazioni di difficoltà. C’è poi tutto il tema della comunicazione: spesso studenti, docenti e istituzione scuola non si parlano. Lo psicologo abbatterebbe anche queste barriere”.

Il presidente del Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi, David Lazzari, si è detto favorevole: “Questo tema è come un iceberg: una piccola parte è emersa e sono i disturbi che richiedono una terapia, ma i quattro quinti dell’iceberg sono nascosti. È su questa parte che bisogna intervenire e lo psicologo a scuola aiuterebbe a prevenire”.

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