Cosa sono effettivamente la nascita e la morte? Questa annosa domanda, filosofica e teologica, è sempre più insidiata dalla tecnica, che non solo risponde aumentando (la nostra conoscenza con) i big data sul fenomeno che avviene nel “mezzo”, cioè la vita, ma sempre più tenta di ridefinire l’inizio e la fine dell’esistenza umana postulando un oltre uomo, un nuovo paradigma che si intrecci, o in futuro soppianti, la fragilità della carne.
La fantascienza risulta in questo ambito uno “strumento” prezioso per interrogarsi su “dove andremo a finire”. In I am mother (Netflix 2019, ne avevamo già parlato nel numero di settembre di quell’anno) al robot è demandata sia la funzione biologica che educativa: dopo l’estinzione di massa dell’umanità, un droide in una grande base bunker, al riparo dal mondo esterno contaminato, è programmato per scegliere tra migliaia di embrioni quello da mettere al mondo e lo alleva al pari di una madre premurosa ed efficace. Il robot non ha nome, semplicemente viene appellato per tutto il film, dalla stessa figlia umana, con il suo ruolo di “Madre”.
E che l’identità del robot si perda per far posto alla funzione, accade anche nel contesto, più spaziale, di Raised by wolves (HBO Max 2020), dove appare anche un “Padre”. La coppia di androidi, ancora con il compito di conservare il genere umano, va alla ricerca di un nuovo pianeta da abitare portando con sé diversi embrioni per far attecchire la vita umana su una nuova Terra, quella che conosciamo è infatti devastata dalla guerra.
E se sul fronte della nascita i robot sembrano aver imparato il mestiere della “culla”, anche all’estremo opposto non sono meno funzionali, riuscendo nel loro compito di prolungare la vita dell’uomo con metodi che sembrano alquanto discutibili. Non a caso nel titolo è stato messo il termine “cuccia”, che indica (o costringe?) l’uomo a esistenze sempre più artificiali.
Nella serie televisiva Altered Carbon, nell’anno 2384, l’identità dell’uomo può essere codificata attraverso l’I.D.U. (Immagazzinamento Digitale Umano) e caricata sulla “pila corticale”, un dispositivo che viene inserito chirurgicamente nella colonna vertebrale, ma che è trasferibile in caso di necessità da un corpo all’altro. Lo sdoppiamento, diremmo in termini nostri, tra anima e corpo, tra parte spirituale e materiale, permette agli esseri umani di questa fantascienza di sopravvivere alla morte fisica facendo in modo che i ricordi e la coscienza siano sempre preservati, “inseriti” in nuovi corpi sintetici, clonati o naturali, che vengono considerati come mere custodie della mente. Ma, attenzione, nel caso si dovesse perdere o distruggere la pila, allora non potrà essere evitata la “vera morte”.
Avvincente anche la nuovissima serie Foundation (Apple Tv+ 2021) che mette in streaming le storie di Asimov. Essa interroga il nostro particolare ambito attraverso la dinastia imperiale, in cui l’imperatore galattico Cleon I ha come discendenti dei suoi cloni, nella forma del triplice regnante, Alba, Giorno e Tramonto. E questa dinastia multisecolare è protetta e supervisionata da Eto Demerzel, che (mega-spoiler) si rivela essere una madre (e una guerriera) perfetta perché sotto le sembianze della donna si nasconde il robot.
E se vogliamo meno fantascienza avvicinandoci alla realtà, possiamo rivolgerci al classico viaggio spaziale, dove per colmare i lunghi tempi e i lunghi silenzi dei viaggi interstellari la “cuccia” è rappresentata dai pod refrigeratori che mettono in ipersonno il corpo, per risvegliarlo soltanto all’arrivo, previsto dopo anni, decenni o anche secoli. Questa è la strategia utilizzata dal classico 2001 odissea nello spazio, passando per Alien, fino ad Avatar per raggiungere Pandora.
Ma non solo film, in quanto la criogenizzazione è attualmente utilizzata da alcune realtà russe e americane per mantenere congelati post-mortem i corpi di circa un migliaio di persone, che hanno letteralmente scelto (e pagato fior di quattrini) per essere “inscatolati” in cilindri d’acciaio mantenuti a qualche centinaio di gradi sotto zero, con la speranza che la scienza un giorno possa intervenire per riportarli a qualche forma di vita.
Costretti a ritornare con i piedi per terra, e con l’orologio al 2022, reimmettiamoci nel nostro tempo, e come capita con i capolavori del cinema, in cui si percepisce d’aver “vissuto” un futuro coinvolgente e si soffre alla rottura dell’incantesimo quando in sala ritornano le luci, lasciamo che tanta immaginazione ci ispiri un futuro reale in cui tutto è veramente possibile.
marco.staffolani.stf@gmail.com