POVERTÀ E CONTRASTO

By Rosario Trefiletti
Pubblicato il 1 Luglio 2022

Il nostro Centro studi ha compiuto una ricerca e relativi approfondimenti sulla situazione del Paese in tema di povertà. Dal 2015 al 2021 questo vero dramma sociale è aumentato in maniera clamorosa portando da quattro milioni a oltre cinque i cittadini poveri. Un fatto assolutamente clamoroso e sconcertante se consideriamo che, all’interno di quelle cifre, si registra la presenza di circa un milione e trecentomila minori. È una situazione assolutamente inaccettabile anche alla luce delle diseguaglianze economiche, sociali e culturali che caratterizzano la nostra Italia. Da qui la necessità di interventi molto determinati a contrastare una tale drammatica situazione. Innanzitutto si rende necessario mettere in campo, nel più breve tempo possibile, tutti gli investimenti stabiliti dal PNRR. Non però solo un nuovo modello di sviluppo sostenibile ed ecocompatibile, ma anche risposte in termini occupazionali, soprattutto nei confronti dei giovani. Oltre a soddisfare un principio etico molto importante si andrebbe a determinare maggiori redditi per i nuovi occupati, diminuendo anche la spesa di welfare da parte delle famiglie, che sappiamo essere di oltre 500 euro mensili. Con beneficio anche per il potere di acquisto delle famiglie che di fatto, oggi, si trovano a sostenere figli e nipoti.

La strada per combattere la povertà, però, necessita anche di un altro pilastro, anch’esso importante, legato a interventi e strumenti solidaristici, già peraltro presenti in tutto il nostro ordinamento normativo. Stupisce la polemica presente oggi nel Paese in merito a uno strumento fondamentale quale il Reddito di Cittadinanza. Anziché indirizzare la discussione su miglioramenti delle norme, delle applicazioni e delle relative verifiche e controlli, si propone l’abolizione di uno strumento che tanto può fare per il contrasto alla povertà. E che dire della grave e stucchevole polemica sulla mancanza di persone in grado di soddisfare le richieste di lavoro, soprattutto in campo turistico? Sarebbe infatti opportuno verificare, con serietà e onestà intellettuale, se alla base non ci sia, invece, l’offerta di rapporti di lavoro assai precari, gravosi, al limite dello sfruttamento. Anche qui si tratterebbe di ragionare su un salario minimo garantito, come peraltro già vigente in numerosi Paesi europei, per evitare simili rapporti di lavoro precari e comprensivi, e perché no anche di lavoro in nero.

Queste ultime considerazioni portano inevitabilmente a discutere – e naturalmente ad auspicare soluzioni – in merito a un problema che danneggia la nostra economia e la stessa convivenza sociale: l’evasione fiscale. Sono anni che denunciamo questo fenomeno. L’Agenzia delle Entrate parla di un totale di 19 milioni di soggetti evasori e di un totale finanziario evaso di ben oltre 100 miliardi di euro. Aggiungiamo noi un ulteriore dato che va pubblicizzato: oltre un milione di conti correnti all’estero, non sempre collegati a precise normative di legge e sicuramente in molti casi funzionali anche alla costituzione di fondi neri, di evasione e di riciclo di denaro.

Da tutto ciò si evince che il Paese necessita, come più volte abbiamo sostenuto, di un patto etico in cui ognuno, in relazione ai propri redditi, faccia il suo dovere e sostenga l’intera economia, i servizi pubblici necessari al Paese e mostri quindi rispetto per i principi di solidarietà fondamentali per un Paese che vuol definirsi sociale e civile. In mancanza di ciò, dunque, dovrà esserci un forte impegno da parte delle istituzioni a mettere in campo tutti gli strumenti necessari, di verifica e di controllo, al fine di recuperare questa ingente massa di risorse evase. Ovviamente partendo dalla decisione di non effettuare più condoni vari, rottamazione di cartelle esattoriali e quant’altro. L’evasione fiscale è un furto nei confronti delle persone oneste, che sono la maggior parte e che compiono fino in fondo il loro dovere.

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