ALLA RICERCA DI GESÙ
Due giovani decidono di seguire il Signore, spinti dalla testimonianza della loro guida, Giovanni Battista. L’esperienza spirituale si poggia sul valore autentico della testimonianza
Ricerca e testimonianza
Con la scena del primo incontro tra Gesù e i due discepoli (Gv 1,35-51) il quarto evangelista immortala un’esperienza esemplare, che segnerà un radicale cambiamento di vita. Due giovani decidono di seguire il Signore, spinti dalla testimonianza della loro guida, Giovanni Battista. Dopo aver aperto il Vangelo con il solenne prologo (Gv 1,1-18), la prima figura che s’incontra nel racconto è il Battista (Gv 1,19-34). Egli è venuto come testimone della verità (Gv 1,6) e conferma il suo ruolo di precursore, confessando di non essere lui il messia, ma di essere quella “voce che grida nel deserto” per invitare il popolo a raddrizzare la via del Signore (Gv 1,23; cf. Is 40,3). La testimonianza del Battista riguarda l’incontro con Gesù nel Battesimo, mentre si posa sul Figlio di Dio lo Spirito Santo (Gv 1,29-34). Il Battista addita Gesù come “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (1,29). Sulla base di questa testimonianza due giovani, Andrea e un suo compagno, decidono di seguire Gesù, desiderosi di incontrare colui che stanno aspettando (cf. Gv 1,29-34). L’esperienza spirituale si poggia sul valore autentico della testimonianza.
Il dinamismo dello sguardo
Nei vangeli sinottici il primo incontro con i discepoli è contrassegnato dalla chiamata alla sequela che Gesù rivolge a Simone e ai suoi compagni (cf. Mc 1,6-20; Mt 4,18-22; Lc 5,1-11). Il quarto evangelista descrive una scena differente: non è Gesù a chiamare per primo, ma sono due giovani che decidono di seguirlo, dopo che il Battista ha “fissato lo sguardo” su Gesù che passava affermando: “Ecco l’agnello di Dio” (1,36). Il racconto recita: “Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l’agnello di Dio! 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (1,35-36). I due verbi all’aoristo sono molto espressivi: “fissare lo sguardo” e “seguire”. La sequela iniziale esprime il desiderio di incontrare Gesù, di sperimentare la sua amicizia, di “condividere” la sua novità. Il movimento della sequela rivela allo stesso tempo una motivazione e una condizione: la motivazione è data dalla ricerca di risposte esistenziali e spirituali che cambiano la vita di un giovane. La condizione è rappresentata dal desiderio di cercare e di diventare protagonisti del proprio futuro. Come tutti i giovani anche Andrea e Giovanni (il discepolo anonimo) sono spinti da questo desiderio e motivati dallo “sguardo profondo” su Cristo. Dal cuore agli occhi, dagli occhi alla strada: il dinamismo dello sguardo si traduce in cammino di ricerca.
Che cosa cercate?
In Gv 1,38-39 si descrive il primo dialogo tra il Signore e i due giovani. Il testo recita: “Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: Che cosa cercate? Gli risposero: Rabbì – che, tradotto, significa Maestro – dove dimori? Disse loro: Venite e vedrete”. Dal dialogo emerge il bisogno di “incontrare” una persona speciale, capace di aprire e illuminare i segreti della vita. Tale “desiderio” si trasforma in sequela (cf. Mc 2,15; Mt 9,9; Lc 5,27s.). La domanda che il Signore rivolge loro assume un profondo valore spirituale ed esistenziale: “Che cosa cercate?” (v. 38). Il Signore vuole invitare i due giovani a fare discernimento sull’oggetto della ricerca. Non si cerca solo “qualcosa” da identificare per possedere, ma si desidera cercare “qualcuno” da incontrare per condividere. Il verbo “cercare” nel Quarto Vangelo possiede un valore programmatico: la narrazione giovannea indica nel lettore la ricerca della persona divina, come suggerisce l’analoga espressione in Gv 18,4.6 (nel contesto del Getsemani) e Gv 21,15 (nel mattino di Pasqua). Sulla strada Gesù domanda ai due discepoli “Che cosa cercate”; nel Getsemani il Cristo chiederà alla folla: “Chi cercate?”, mentre nel giardino della risurrezione, il Risorto si rivolgerà a Maria Maddalena domandandole: “donna chi cerchi?”. La ricerca diventa una progressiva scoperta che assume un volto e un nome, a condizione che ciascuno si lasci guidare dal desiderio di continuare a cercare “colui” che è la chiave di ogni felicità.
Venite e vedrete!
Alla richiesta dei due discepoli che chiedono “Maestro, dove dimori?” segue la risposta del Signore: “venite e vedrete”. Anche questi due verbi fanno parte del patrimonio esperienziale e spirituale del racconto giovanneo. Il “venire” esprime un movimento esterno, un mettersi in cammino verso qualcuno. L’iniziale invito di Gesù non è ancora una chiamata vocazionale, ma un appello a camminare. Si tratta del dinamismo dell’uscire fuori di sé per andar verso l’altro. Nel rispetto della loro libertà, il Signore invita i due giovani a non chiudersi nei loro sogni messianici, ma a diventare protagonisti di un nuovo esodo che avrà conseguenze vitali. Il secondo verbo “vedere” è tra i più importanti del quarto vangelo perché designa il processo della rivelazione cristologica e della fede dei credenti. Dobbiamo ritenere che l’invito di Gesù a “vedere” non si limiti a un’osservazione locale e fattuale, ma a un processo di discernimento interiore che illumina e dà forma a un progetto di vita. Il volto, lo sguardo, gli occhi sono elementi simbolici nei quali ora si riflette una luce nuova. I due giovani si sentono accolti fin dalla prima risposta di Cristo e per loro si apre una strada di condivisione e di amicizia con lo sconosciuto Maestro di Nazaret.
Rimanere con Cristo
La risposta-invito di Gesù indica il percorso spirituale che i due discepoli sono chiamati a fare: un’esperienza personale con l’intimità di Cristo “rimanendo” presso di Lui. È l’ultimo verbo che l’evangelista introduce come tema dominante della vita spirituale dei credenti. Essere credenti significa scegliere di “rimanere in Cristo”, di abitare con Lui, di vivere in comunione con la Chiesa. Per i due giovani si schiude una dimora, si inaugura un’amicizia nuova. È un momento culminante dell’avventura esistenziale per Andrea e Giovanni. Tale in contro ha segnato la loro memoria, tanto da ricordare perfino il momento temporale qualificante del loro inizio: l’ora decima (v. 39). Il verbo “dimorare” non attesta solo una presenza locale, ma implica una relazione esistenziale e profonda con Cristo, che segna l’inizio di una trasformazione interiore dei discepoli. Tutto ha inizio da questo incontro.