OSARE LA SPERANZA

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 4 Giugno 2022

La pandemia ancora in corso e una guerra sotto gli occhi hanno spezzato l’illusione di un benessere intoccabile. Ci siamo scoperti fragili e insicuri. Ma si può reagire. Lo esige la dignità umana e l’identità cristiana. Resistere alla prova, sostenersi a vicenda, continuare a sperare operando per la pace

Il terzo millennio sta andando avanti un po’ male. È partito con l’abbattimento del Centro Commerciale Mondiale di New York, che ha sconcertato e impaurito mezzo mondo. Prosegue con la crisi economica che ha spezzato il sogno di un progresso senza limiti, e con una pandemia che getta molti nella depressione. Ha incappato in una guerra che resta minacciosa e lascerà conseguenze pesanti. Non ci sono più parole per descrivere quello che sta succedendo sotto i nostri occhi e i sentimenti che ci straziano dinanzi allo spettacolo che riteniamo inconcepibile ai nostri giorni. D’improvviso ci sentiamo più fragili e insicuri.

Che fare, non dico per essere ottimisti, ma almeno per afferrare il positivo della vita? Si dice: sia fatta la volontà di Dio. Oppure, più popolarmente, non si muove foglia che Dio non voglia. Ma non vuol dire che possiamo restare estranei. Dio fa la sua volontà per mezzo di noi, delle nostre scelte. I fatti della storia e della vita quotidiana dipendono dalle decisioni umane, nell’uso o abuso del dono creaturale della libertà, o sono conseguenza del limite naturale delle cose e del modo umano di trattarle. In ogni evento che accade Dio vuole che gli esseri umani siano umani e che i credenti siano credenti veri, cioè praticanti, e così testimoni. A tutti Dio chiede che dinanzi al male e al dolore trovino senso anche dove sembra non esservi senso, che lottino per evitarli o superarli, che denuncino chi li provoca ingiustamente, che si aiutino tra loro soccorrendo chi ne è vittima, curando i malati, accogliendo gli sfollati, consolando chi ha perso il coraggio, e via di seguito per le quattordici opere di misericordia, fino a pregare Dio per i vivi e per i morti. Cose su cui, tra l’altro, saremo giudicati alla fine di questa vita. Sono atteggiamenti positivi che rendono migliore il mondo e danno senso di realizzazione, anche se non l’allegria da stadio o da concerto rock.

Si dice anche che Dio è capace di tirar fuori il bene dal male. Anche questo è vero ma difficile da capire. Che bene si può ricavare dalle morti solitarie in ospedale, abbandonati da tutti? E dalle morti sotto le bombe o sotto i colpi delle esecuzioni sommarie? O dalle morti precedute da stupri, torture e oltraggi alla sacralità del corpo umano? E dalle morti innocenti, specie dei bambini? Eccetera! Non lo sappiamo, ma Dio lo farà, perché è giusto e misericordioso. Non sappiamo come Dio tratterà le singole persone travolte da questi destini, ma vi sarà una completezza per le vite incomplete, e una giustizia per le morti ingiuste.

Il dolore di quanti sono coinvolti direttamente in queste tragedie è un cumulo immenso in cerca di senso. Pensiamo a chi ha perduto le persone più care o è stato spogliato di tutto. Ai feriti, mutilati, sfollati. Per loro c’è un mondo di valori a cui attingere pace interiore e energia per la resistenza nella prova, oggi si dice anche resilienza. La ragione, la scienza, la psicologia, la religione, la società, la solidarietà umana offrono spiragli di luce e mezzi di sostegno. Finché c’è vita c’è speranza, si dice ancora. Insieme alla fede e alla carità, la speranza fa parte delle energie che Dio ha piantato nei credenti fin dal Battesimo, che si chiamano virtù teologali.

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