Ed è arrivato il “liberi tutti” pur con qualche limite e precauzione (mascherina, distanziamento sociale) per non annullare i sacrifici e i risultati conseguiti. Un ritorno alla quasi normalità salutato con gioia e anche … preoccupazione, perché segna l’inizio della parte più difficile, la ripresa. È il momento di trasformare in impegno e realtà il grido speranzoso “Andrà tutto bene” con cui ci siamo fatti coraggio nel chiuso delle nostre case. Sapevamo che quel grido oltre che un augurio era un impegno.
Papa Francesco ha ammonito nel giorno di Pentecoste: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla chiudendosi in se stessi”. “Sprecare” la pandemia è non accogliere la lezione che il virus ci ha insegnato, non cercare di cambiare i nostri comportamenti e il nostro modello di sviluppo.
Che il Covid-19 sia stato un dramma l’abbiamo sperimentato tutti e i numeri lo confermano: più di 7 milioni di infettati (di cui oltre 232 mila in Italia), più di 400 mila morti (di cui oltre 34 mila in Italia). E i numeri è dimostrato sono in gran parte addomesticati e il virus è ancora attivo in molte parti. Alla crisi sanitaria è seguita una crisi socioeconomica che non ha precedenti, particolarmente acuta in Italia. Una vera “pandemia sociale” che ha stravolto l’economia mondiale e ridotto al lastrico milioni di persone rimaste senza lavoro e senza un reddito indispensabile per vivere. E la politica è in affanno e stenta a trovare la via dell’unità e solidarietà come richiederebbe la gravità della situazione.
Non mi pare che ci sia motivo di rimpiangere il passato e comunque è impossibile un ritorno al mondo pre-Covid-19. E, del resto, abbiamo resistito per quasi tre mesi incarcerati nelle nostre case nella speranza che dalla sofferenza qualcosa di bello e di nuovo potesse nascere. Qualcosa che passa necessariamente attraverso un “cambiamento”, parola diventata quasi un’invocazione sulla bocca di tutti e nei media. E come non mai si sono udite parole come speranza, condivisione, solidarietà. Non raccogliere questa esigenza di cambiamento è “sprecare” la pandemia, un dramma peggiore del virus stesso.
Il più deve essere fatto dallo Stato, dall’Europa, dalle organizzazioni internazionali, che riusciranno a liberarsi dai legami con i grandi gruppi industriali e finanziari solo sotto la spinta di una grande pressione dell’opinione pubblica. Il Papa quando mette in guardia dallo “sprecare” la pandemia, non pensa solo ai grandi, ma a tutti. Infatti ha precisato che il dramma maggiore avverrebbe “chiudendosi in se stessi”. Come dire: la crisi del Covid-19 non sarà stata inutile se induce tutti a cambiare mentalità, se ognuno smette di pensare solo per sé, ai propri interessi e si apre ai bisogni degli altri, alla condivisione, alla solidarietà. Il virus ha colpito dappertutto, non ha rispettato i confini degli stati e mostra che la sorte di ognuno è legata a quella degli altri. Salvando gli altri si salva se stessi. E questo vale a livello personale, familiare, nazionale, internazionale, planetario. La pandemia ha evidenziato che il sistema economico in corso non solo è vecchio, superato, ma anche fragile e inefficace perché basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse, senza tenere conto dei gruppi più deboli e della tutela dell’ambiente. Quindi, tanto per cominciare, solidarietà e rispetto della natura. Ognuno può fare qualcosa in questo campo. Per il cristiano questo è un impegno che deriva non solo dall’essere abitante di questo pianeta, ma dalla sua fede. In effetti ha come grande comandamento quello di “amare il prossimo come se stesso” e dalle prime pagine della Sacra Scrittura ha appreso che sulla terra non è il padrone, ma il fiduciario, un saggio colono di Dio. Tutti dobbiamo essere operatori del rinnovamento.