NUOVI CAMMINI PER LA CHIESA

dal 6 al 27 ottobre il sinodo sull’Amazzonia
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 2 Settembre 2019

“Questo Sinodo ruota attorno alla vita, la vita del territorio amazzonico e dei suoi popoli, la vita della Chiesa, la vita del pianeta» L’Instrumentum laboris relativo alle linee guida del prossimo sinodo sull’Amazzonia che si svolgerà da domenica 6 a domenica 27 ottobre 2019, chiarisce subito l’ambito e i confini del lavoro da svolgere. Perché se da un lato, questo sinodo tocca in particolar modo la vita sociale comunitaria ed ecclesiale degli indigeni che abitano l’Amazzonia, non si può nascondere che la Chiesa universale, proprio attraverso questo sinodo, intraprende un cammino profetico riguardo molti temi, non solo ecclesiali, del vivere delle nostre comunità. Il ruolo delle donne, la mancanza delle vocazioni presbiterali, per esempio. E naturalmente tutti i problemi che un territorio vasto come l’Amazzonia possa avere. Che, ricordiamo, comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese e con le sue foreste amazzoniche rappresenta il 40% della superficie globale delle foreste tropicali. Come dire, il polmone verde del pianeta terra.

Il testo, costituito da 130 pagine, si compone di tre parti. La prima è La voce dell’Amazzonia, che ha lo scopo di presentare la realtà del territorio della regione panamazzonica e dei suoi popoli. L’Instrumentum laboris riconosce così che “dobbiamo alle comunità aborigene la cura e la coltivazione dell’Amazzonia da migliaia di anni” E che la loro vita però è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali dei popoli originari, come il diritto al territorio, all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori. Minaccia che deriva da interessi economici e politici, in particolare delle compagnie estrattive, provocando cambiamenti climatici dovute alla deforestazione che stanno portando l’Amazzonia a un punto di non ritorno, con migrazioni forzate della popolazione e inquinamento, che mette a rischio l’intero ecosistema.

La seconda parte tratta di Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri. Qui il documento prende in esame e offre suggerimenti per le questioni relative all’ecologia integrale. L’Amazzonia oggi è una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e di violenza. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni.

Ma è nella terza parte che le linee guida mettono a fuoco le sfide e le speranze per una Chiesa dal volto amazzonico (e quindi profetico). I nuovi cammini per la Chiesa nella regione sono anche, o potrebbero diventare presto, i nuovi cammini per la Chiesa universale. La realtà delle Chiese locali, si legge nel documento, ha bisogno di una Chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica, culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una Chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una Chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; e di una Chiesa armoniosa, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione.

Che significa ciò? Le risposte si trovano nel documento. Ad esempio alcune comunità hanno difficoltà a celebrare frequentemente l’eucaristia per la mancanza di sacerdoti. Per questo, ribadisce l’Instrumentum laboris, invece di lasciare le comunità senza l’eucaristia, si propone di rivedere alcuni dei criteri di selezione e preparazione dei ministri autorizzati a celebrarla. Il documento suggerisce di “promuovere vocazioni autoctone di uomini e donne in risposta ai bisogni di un’attenzione pastorale sacramentale; il loro contributo decisivo sta nell’impulso a un’autentica evangelizzazione dal punto di vista indigeno, secondo i loro usi e costumi. Si tratta di indigeni che predicano agli indigeni con una profonda conoscenza della loro cultura e della loro lingua, capaci di comunicare il messaggio del Vangelo con la forza e l’efficacia di chi ha il loro bagaglio culturale. È necessario passare da una Chiesa che visita a una Chiesa che rimane, accompagna ed è presente attraverso ministri che emergono dai suoi stessi abitanti”. E continua: “Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”

E le donne? “In campo ecclesiale, la presenza delle donne nelle comunità non è sempre valorizzata. Viene chiesto il riconoscimento delle donne a partire dai loro carismi e talenti. Si propone inoltre di garantire alle donne la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica. Si chiede anche che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e partecipino ai processi decisionali, e che possano così contribuire con la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale”

La Chiesa in uscita di papa Francesco, quindi, vira verso l’Amazzonia. Una distanza considerevole, rispetto alla Chiesa europea, che apre, almeno nelle intenzioni, spiragli per un futuro di riforme ecclesiali e di dialogo con l’umanità sofferente.

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