MORALITÀ E REALISMO

By Nicola Guiso
Pubblicato il 1 Luglio 2018

Papa Francesco, nel presentare Liberare la libertà – Fede e politica nel terzo millennio, antologia di scritti, omelie, dibattiti del papa emerito Benedetto XVI, cita una omelia tenuta da J.Ratzinger ai deputati cattolici del Bundestag il 26 novembre 1981 in cui è detto tra l’altro: “Il vero servizio che la fede fa alla politica è la liberazione dai miti politici che sono il vero rischio del nostro tempo. Essere sobri e attuare ciò che è possibile (…) è sempre stato difficile; la voce della ragione non è stata mai così forte come il grido irrazionale . Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale; sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell’umanità dell’ uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell’avventura che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure,l’opera dell’uomo. Non è l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”.

Ho letto l’antologia di scritti e discorsi del papa emerito nei giorni in cui l’Italia era immersa nella più grave crisi politico-istituzionale del dopoguerra. La coincidenza mi ha turbato, considerata la lontananza delle motivazioni e dei toni dei protagonisti della crisi dalle osservazioni di J.Ratzinger richiamate da papa Francesco. Che sottolineano come anche nel nostro tempo il vero rischio per l’uomo politico è il fascino del grido irrazionale che richiama le grandi cose con le vibrazioni del moralismo; e il limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla ragione morale. Mentre la moralità politica consiste nella resistenza alla seduzione delle grandi parole. Poi ho pensate che altre volte è accaduto nella storia che si sia imboccata la strada giusta per dare risposte adeguate ai grandi problemi di un grande Paese solo dopo che i moralisti – tali per personalità o per calcolo, e in politica i secondi spesso sono più dei primi – si erano misurati sino in fondo con la realtà di quei problemi. Naturalmente mi sono augurato che i possibili danni provocati dai grandi moralisti non siano irreparabili. Pertanto credo non sia corretto esprimere giudizi definitivi dai primi atti del governo M5S-Lega presieduto da Giuseppe Conte. Che dopo il voto di fiducia ha dovuto affrontare il fallimento del G7 in Canada, che ha aggravato le tensioni Usa-Unione Europea. È seguita la crisi italo-francese (risolta più nella forma che nella sostanza, con l’incontro a Parigi Macron-Conte) innescata dall’atteggiamento duro del ministro Salvini sulla vicenda della nave Acquarius dirottata in Spagna, e dalla chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong.

Una vicenda che, ancora una volta, sta evidenziando il campionario di egoismi, di retorica di ipocrisie, di velleitarismi che segnano i comportamenti di tutti i paesi dell’Unione sulla questione epocale dell’immigrazione dal sud al nord del mondo, che sarò nei prossimi decenni il primo problema per tutto l’Occidente. E che rischia, già oggi, inoltre di indebolire il governo della Merkel – che ne parlerà con il presidente del Consiglio Conte nell’incontro in corso mentre andiamo in stampa – per i contrasti che ha creato tra i conservatori bavaresi e l’Unione Cristiano-democratica della cancelliera, alleati dal 1949. Quanto ai risultati delle elezioni di giugno, sarebbe opportuno evitare di considerarli sotto un profilo prevalentemente propagandistico, anche se hanno evidenziato alcuni elementi politici significativi. Positivi (per il centro-destra, e in particolare per la Lega); contradditori o con molti elementi negativi (per il M5S, per il PD e per i partiti alla sua sinistra).

Resta da dire che contraccolpi politici di rilievo potrebbero venire dal clamoroso intervento della magistratura sul caso – surreale per tanti aspetti – dello stadio di calcio che si dovrebbe costruire nella capitale. Anche perché sembrerebbe coinvolgere personalità di primissimo piano del M5S, e anche, sia pure a livelli più bassi, della Lega e di altri partiti.

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