Tutti parlano chi ascolta?
Abbiamo forse fatto l’abitudine ai dibattiti televisivi, soprattutto in presenza di politici, in cui tutti parlano, anzi urlano, tutti sembrano fare a gara per interrompersi. Vince chi grida più forte. Gli argomenti non contano. Eppure la nostra è detta l’epoca della comunicazione. E qual è la cosa più importante della comunicazione: ascoltare quello che viene detto. Ma chi ascolta veramente l’altro? Chi è capace di ascoltare?
Durante una conversazione animata con un amico (si parlava di politica!) mi sono sentito zittire con queste parole: “Impossibile parlare con te. Tu non ascolti, rispondi prima ancora che abbia espresso la mia opinione”. Il rimprovero ha innescato in me un esame di coscienza e mi sono reso conto che sì qualche volta non ascolto quello che dice l’interlocutore, perché ho la presunzione di sapere già come la pensa e perciò non è nemmeno necessario che lui esprima la sua idea, l’importante è bloccare sul nascere il suo argomento che potrebbe mettermi in difficoltà. Una vera prevaricazione! A mia discolpa potrei dire che forse è un vizio innato perché già mi diceva la mamma: Dio ci ha dato una bocca e due orecchie perché ascoltiamo il doppio di quanto parliamo. E accompagnava le parole con il gesto di portare i due indici della mano prima sulla bocca e poi sulle orecchie. Ma, capirete, essendo l’ultimo di 10 figli erano troppi quelli cui dovevo prestare ascolto!
Purtroppo sono in buona (?) compagnia. Non sentirsi ascoltati è uno dei lamenti più comuni. Tipico quello degli adolescenti: i genitori non mi capiscono, non mi ascoltano. E quale genitore non ha lo stesso rimprovero per i figli? Uguale recriminazione da parte degli insegnanti. Si moltiplicano incontri, convegni, laboratori, meetings fra sindacati, imprenditori, partiti e governo e tutti lamentano che non c’è dialogo o che è comunque insoddisfacente. Si parla e molto, ma non ci si capisce, non ci si capisce perché non ci si ascolta. In certe coppie si arriva addirittura al punto che non c’è più nemmeno bisogno di ascoltare perché nessuno parla.
L’incapacità di ascoltare è una vera “malattia” e fra le più diffuse. I danni si vedono: i rapporti fra le persone, gli enti, gli stati diventano conflittuali e cresce l’incomunicabilità, la prevaricazione, l’ostilità, la guerra. Sì, la guerra, non solo quella di parole, ma anche quella armata, perché le guerre nascono dalla incapacità, spesso la “volontà” di non ascoltare perché si vuole schiacciare, vincere. A proposito, franco, quasi brutale, è papa Francesco: “Per fare la pace nel mondo mancano le orecchie, manca gente che sappia ascoltare”. E aggiunge: «Solo chi sa tacere, sa ascoltare… non si può ascoltare parlando. Bocca chiusa!».
In qualche posto nel cuore di ogni persona circola la domanda: Mi ascoltano? Conto qualcosa? L’umiliazione più profonda è non sentirsi ascoltati, cioè apprezzati, cioè utili. Il primo dovere dell’amore è ascoltare. Sarà capitato anche a voi di leggere negli occhi e sul viso di una persona la soddisfazione di sentirsi ascoltata. Spesso, il semplice fatto di essere ascoltati risolve i problemi. Ascoltare è il più bel dono che possiamo fare al prossimo. La prerogativa principale della saggezza è saper ascoltare.
Segnatevi la data, perché c’è anche una “Giornata internazionale dell’ascolto”. Si celebra il terzo giovedì di settembre, quest’anno il 20 settembre. Lo scopo: “Accrescere la consapevolezza del valore dell’ascolto e aiutare la gente a sviluppare migliori capacità e strategie di ascolto”. Infatti “il bisogno fondamentale dell’uomo è il bisogno di comprendere e farsi comprendere. Il modo migliore per comprendere la gente è ascoltarla” (Ralph Nichols, fondatore della ILA, Associazione internazionale dell’ascolto).
L’ideogramma giapponese che esprime la parola “ascoltare” (kiku) si compone di tre ideogrammi: orecchio, occhio e cuore. L’aveva già intuito il re Salomone che pregava: “Signore, dammi un cuore che sappia ascoltare” (1 Re 3,9).