L’ISPIRAZIONE DI GIOVANNI XXIII
Papa Benedetto XVI, nella sua lettera Porta fidei in vista dell’anno della fede aveva espresso il desiderio che esso suscitasse un rinnovato interesse per il concilio Vaticano II e auspicava che lo si potesse rivivere sia come evento ecclesiale di straordinaria importanza, sia riprendendo la lettura e lo studio dei suoi documenti. Oggi il nuovo vescovo di Roma, papa Francesco, ci rinnova lo stesso invito, per gli stessi motivi e con le stesse finalità. Accogliendo questi inviti sarà nostra premura rileggere i documenti del concilio Vaticano II e interpretarli dentro il loro contesto storico ed ecclesiale.
Prima di riflettere su alcune pagine del concilio Vaticano II, sembra opportuno caratterizzarlo con alcune espressioni dei due papi che l’hanno voluto e celebrato: Giovanni XXIII e Paolo VI. Essi ci hanno offerto alcune chiavi di lettura del concilio come evento storico e dei documenti conciliari, che noi cercheremo di conoscere direttamente
UN DONO ECCEZIONALE Ecco come lo ha pensato papa Roncalli: “Dinanzi a questo duplice spettacolo, un mondo che rivela un grave stato di indigenza spirituale e la chiesa di Cristo, ancora così vibrante di vitalità noi, fin da quando salimmo al supremo pontificato, nonostante la nostra indegnità e per un tratto della divina provvidenza, sentimmo subito ur-gente il dovere di chiamare a raccolta i nostri figli, per dare alla chiesa la possibilità di contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’era moderna. Per questo motivo, accogliendo come venuta dall’alto una voce intima del nostro spirito, abbiamo ritenuto essere ormai maturi i tempi per offrire alla chiesa cattolica e al mondo il dono di un nuovo concilio ecumenico, in aggiunta e in continuazione della serie dei venti grandi concili, riusciti lungo i secoli una vera provvidenza celeste”. Devono essere soppesate attentamente queste parole di quel santo papa: in esse riconosciamo un tratto caratteristico della sua spiritualità che, con ogni evidenza, conserva un sapore squisitamente evangelico. Papa Giovanni lo si può comprendere solo in questa chiave interpretativa.
UN ATTO DI FEDE Ecco un’altra espressione con la quale papa Giovanni, nel suo discorso di chiusura della prima sessione dei lavori conciliari, ha caratterizzato il concilio Vaticano II: “Il concilio, nella sua realtà, è un atto di fede in Dio, di obbedienza alle sue leggi, di sforzo sincero di corrispondere al piano della redenzione, per cui Verbum caro factum est de Maria virgine… La previsione di questo ampio orizzonte, che si apre con intensità di promessa su tutto l’arco del prossimo anno, infonde nel cuore un palpito di più ardente speranza per l’avvenire delle grandi finalità, per cui abbiamo voluto il concilio: affinché la chiesa, consolidata nella fede, confermata nella speranza, più ardente nella carità, rifiorisca di nuovo e giovanile vigore; munita di santi ordinamenti, sia più energica e spedita nel propagare il regno di Cristo”. Portare il concilio su un piano decisamente soprannaturale era l’intenzione di papa Giovanni. Anche se dovrà passare attraverso vicende storiche complesse e contrastanti, il Vaticano II conserverà sempre questa dimensione, che lo riscatta da certe interpretazioni banali e devianti.
UNA NUOVA PENTECOSTE È stato ancora Giovanni XXIII a definire il concilio Vaticano II una nuova Pentecoste: espressione un po’ ardita ma vera. Il concilio, infatti, è stato indubbiamente una speciale effusione dello Spirito Santo sui padri conciliari e su quanti vi hanno collaborato. Ecco le sue parole: “Sarà veramente una nuova Pentecoste che farà fiorire la chiesa nella sua interiore ricchezza e nel suo estendersi maternamente verso tutti i campi dell’umana attività; sarà un nuovo balzo in avanti del regno di Cristo nel mondo, un riaffermare in modo sempre più alto e suadente la lieta novella della redenzione, l’annunzio luminoso della sovranità di Dio, della fratellanza umana nella carità, della sua promessa in terra agli uomini di buona volontà, una rispondenza al celeste beneplacito. Un lungo cammino ci rimane da percorrere, ma sappiate che il supremo pastore della chiesa vi seguirà uno per uno, con affetto, nell’azione pastorale che svolgete nelle singole diocesi; azione che non sarà disgiunta dalle sollecitudini per il concilio”. Il riferimento al grande evento della Pentecoste (vedi Atti 2) riporta alla mente anche il fatto che lo stesso pontefice fece esplicito riferimento anche al concilio di Gerusalemme, del quale si parla in Atti degli apostoli 15: egli lo indicava come un concilio emblematico che doveva essere considerato come esemplare.