IL POTERE DELL’AMORE

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 3 Ottobre 2022

L’arrembaggio al potere è un fenomeno che osserviamo ogni giorno in ogni ambito della società. Come pure gli effetti devastanti degli abusi di potere. Nell’omelia per la beatificazione di papa Luciani, Francesco ha sintetizzato: “Chi promette di essere il salvatore vuole aumentare il potere”. Per contro, è esperienza frequente il senso di frustrazione e di rabbia per l’impotenza dinanzi ai problemi del difficile momento che stiamo vivendo. Non serve elencarne i motivi che ormai sono conficcati nell’anima e nel corpo di ognuno di noi.

Che fare quando non c’è niente da fare? Quando viene meno il lavoro che ti dava sicurezza, o la bomba di una guerra insulsa, com’è sempre la guerra, ti ha distrutto la casa, ucciso un parente, terrorizzato i bambini? Quando l’aumento delle bollette e lo svaporare dei soldi non permette di mantenere la famiglia? Quando non sai per chi votare quando è tempo di esercitare la responsabilità civile? Oppure, per non dimenticare le situazioni permanenti della condizione umana, quando l’amore che avevi scelto per la vita ti abbandona, una malattia ti abbatte, la morte si annuncia inevitabile? Che fare?

Osiamo affermare che resta sempre la possibilità di amare. Non si vuole qui sviluppare la riflessione in contesto della fede cristiana, dove essa è ovvia, basata su Dio Padre e Amore, il cui Figlio incarnato Gesù Cristo ama ogni essere umano sino alla fine, cioè oltre gli estremi confini dell’amore, donando la sua vita sulla croce. Si desidera invece additare la validità laica e la forza razionale dell’amore come fonte di potere, dinamismo capace di trasformare e dare senso alle situazioni. Si tratta dell’amore che non permette al soggetto di chiudersi in se stesso lasciando le cose come vanno, ma si muove, prende l’iniziativa, si spende per cambiare, ci mette la faccia. Si sporca le mani, non si lava le mani. È l’amore che si realizza quando uno ha incentrato la vita sul principio del dono di sé.

Fra i tanti algoritmi di cui si parla bisognerebbe assumere quello della vita come dono di sé, che alla fine è il modo sicuro di realizzarla. Allora, alle domande dell’impotenza si contrappone la domanda risolutiva: che cosa posso fare per amare? Pur nella situazione più disperante, qual è la reazione che meglio afferma la mia dignità di essere umano? È continuare ad amare.

Pur dando agli eventi negativi la giusta valutazione razionale e lottando per modificarli, assumerne il peso con coraggio contando sui propri simili, forse a loro volta motivati dal vivere come dono di sé. Ci si può anche impegnare in politica, vivendola quale atto d’amore, come già Paolo VI insegnava e papa Francesco ha ricordato nell’enciclica Fratelli Tutti (180-182). Innamorati del bene comune del genere umano e della creazione. Se gli amici deludono o la persona del cuore tradisce, continuare ad amare anche fino al perdono, perché questo è il potere che vince. Chi delude o tradisce perde in umanità. E se la malattia colpisce personalmente e la morte si avvicina, non è vero che non c’è più niente da fare. Si può continuare ad amare, davvero sino alla fine, chiamando la morte dono della vita. Già quattro secoli prima di Cristo hanno intuito che l’unico modo di oltrepassare la barriera della morte è fare dono della vita, come descrive Euripide della regina Alcesti.

Colui che l’ha fatto per noi sulla croce è sostegno a questo stile di vita in quanti lo accolgono nella fede e nell’amore, ma anche attrazione e sfida a chi desidera realizzarsi in pienezza di umanità.

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