ESAGERATAMENTE ITALIANI
Diciamocelo chiaramente, a noi italiani a volte piace esagerare. A partire dalla nostra categoria, quella dei giornalisti, che recentemente, nei giorni delle consultazioni dopo l’incarico conferito dal presidente della Repubblica Mattarella al candidato presidente del Consiglio Mario Draghi, ha offerto il meglio sé. Dopo la “santificazione” del professore Mario Draghi, ovviamente non richiesta dal protagonista, abbiamo assistito a un susseguirsi di articoli e servizi televisivi sul “privato” del neo presidente, molti dei quali a dir poco imbarazzanti… Il tipo di crocchette acquistate per il suo bracco ungherese, la preferenza per la cacio e pepe e la braciola, il caffè macchiato con latte freddo, il posto occupato quando va a messa, i giornali e le riviste preferiti dalla sua signora, eccetera, eccetera. Io stesso sono stato testimone di un episodio emblematico. Dopo il primo giro di consultazioni, un giornalista di Radio Radicale, all’uscita del gruppo per le Autonomie (Svp), chiede in diretta a uno dei rappresentanti: “Nel vostro colloquio avete parlato in lingua tedesca?”. Risposta secca: “No, abbiamo parlato in italiano”. Più tardi, però, in un servizio di un’importante emittente televisiva, la giornalista chiude il suo resoconto annunciando una chicca: “Tra l’altro il presidente incaricato Mario Draghi nell’incontro con il Gruppo per le Autonomie ha parlato in tedesco…”.
Forse sarebbe opportuno ricordare, a noi tutti, che la funzione del giornalista è quella di controllo. Il curriculum del professor Mario Draghi è di assoluto livello, nulla da eccepire, ci mancherebbe, parla e canta da solo. Grida di giubilo e cotillons, però, lasciamoli a fan e supporters, il ruolo dell’informazione è un’altra cosa!
Da un’esagerazione all’altra. Da più parti si spinge per la riapertura delle scuole in nome della salvaguardia della preparazione dei nostri figli e della loro socialità a rischio. Credo che sull’insostituibilità del ruolo della scuola nella società siamo tutti d’accordo. Come anche sul prezioso compito svolto dai docenti nella crescita educativa e culturale dei ragazzi, formandoli naturalmente anche al pensiero critico e alla capacità di decodificare il linguaggio dei mass- media per comprenderne gli obiettivi e trarne un’opinione. Assolutamente giusto, poi, tenere conto anche degli effetti negativi che chiusure e restrizioni causano soprattutto al popolo giovanile abituato a libertà “diverse” da quelle degli adulti. Ripeto, tutti d’accordo. In questo tempo di pandemia e varianti, però, a mio avviso, sembra una pericolosa forzatura il ritornello: Riapriamo subito le scuole. La scienza, non i giornalisti o gli apprendisti stregoni, dice e ripete che la circolazione del virus è ancora intensa e quindi le misure per fermare la trasmissione vanno mantenute e applicate in maniera costante. Tra le tante dichiarazioni degli esperti, riportiamo il recente appello del professor Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute: “Ci dobbiamo sbrigare con le vaccinazioni. Rappresentano un perno fondamentale ma non bastano. La variante britannica è letale dal 20 al 30 per cento e purtroppo si diffonde maggiormente nelle scuole perché ha una contagiosità elevata, del 70%. Il presidente Draghi dovrebbe limitare la mobilità, siamo l’unico Paese che non è il lockdown”.
Allora, delle due, l’una: o si ascolta chi quotidianamente si trova in prima linea nel tentativo di piegare la curva dei contagi e salvare vite umane, oppure ci si sostituisce alla scienza proseguendo in ordine sparso, con tutte le conseguenze del caso. E in questa direzione, purtroppo, abbiamo assistito, anche recentemente, a improvvise retromarce di alcune regioni e comuni che hanno reintrodotto la didattica a distanza alla luce del crescente rischio Covid.
Il buonsenso, dunque, è d’obbligo. I vaccini, nonostante le note problematiche, stanno arrivando. Entro questo mese, poi, dovrebbe essere autorizzato anche quello prodotto da Johnson & Johnson. “Per l’Europa – ha annunciato Massimo Scaccaba-rozzi, presidente e amministratore delegato di Janssen Italia che fa parte del colosso Johnson & Johnson, e presidente di Farmindustria – c’è una prelazione per 200 milioni di dosi, più un’opzione per altre 200 milioni. Per l’Italia è previsto l’arrivo di 27 milioni di dosi per altrettante persone. Senza richiamo. È stato testato in modo particolare sui malati che avevano altre patologie (obesità, diabete, tumori, Hiv). Risultato: una copertura del 100% contro il rischio di ospedalizzazione o morte, dell’85% contro le forme gravi di Covid”.
A questo punto, dunque, è lecito domandarsi: sarebbe così catastrofico se posticipassimo la riapertura delle scuole in presenza? I nostri figli, culturalmente parlando, subirebbero un danno irreparabile? La loro socialità sarebbe inevitabilmente compromessa? A proposito: ma già prima della pandemia non si diceva che i nostri giovani erano dipendenti della tecnologia e quindi sovraesposti al mondo online e isolati dal resto della società? “Pinguini” che, pur sostando numerosi uno vicino all’altro, s’ignorano perché da tempo, e ripeto non a causa di questa pandemia, hanno trasferito la loro socialità sul web, attraverso smartphone, iPad, computer, eccetera…?
Un’ultima considerazione. Prima di lamentarci degli inevitabili e certificati scompensi causati dalla didattica a distanza tramite l’utilizzo di piattaforme multimediali, riteniamoci comunque dei fortunati. Molti Paesi economicamente più poveri, e quindi tanti ragazzi e ragazze del pianeta, non si possono permettere neanche quella.