DIFFICILE QUADRO POLITICO

By Nicola Guiso
Pubblicato il 2 Gennaio 2022

Raramente nella periodicità della nostra rivista si sono verificati fatti istituzionali obbliganti di grande rilievo e fatti politici derivanti da essi di pari valore, quali quelli che richiamiamo in questa nota. Il primo e più importante è l’elezione del successore di Mattarella a capo dello Stato o la sua riconferma, che appare sempre più improbabile per sua, più volte espressa, volontà. Fatto, inoltre, caratterizzato per la prima volta nella storia repubblicana, dalla eccezionale posizione politico-istituzionale acquisita dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che condiziona valutazioni e decisioni dei partiti, impegnandoli in duri confronti. Draghi infatti, per i suoi eccezionali trascorsi europei e – possiamo dirlo senza eccedere – mondiali è, di fatto, il candidato che si può definire obbligato alla carica di capo dello Stato. Anche se, come detto, creando situazioni in campo istituzionale e politico di grande portata nelle loro possibili conseguenze. Di qui la tendenza che sembrerebbe farsi strada nei maggiori partiti – e in particolare nel Pd e nella Lega – di agire in modi da creare le condizioni per Draghi di mantenere la carica di presidente del Consiglio sino al 2023, anno di normale scadenza della legislatura. E allo stesso tempo di convincere Mattarella ad accettare un voto di riconferma sino a quell’anno della carica di capo dello Stato, come già accaduto con Napolitano. Naturalmente, tale disegno comporterebbe, innanzitutto, una grande capacità dei partiti di controllare e orientare tutte le situazioni istituzionali e politiche derivanti soprattutto dalla lunga stagione di governo prevista per Mario Draghi. E pertanto, in primo luogo, dalla coincidenza di tali piani con la volontà dell’attuale presidente del Consiglio. Si tratta di atteggiamenti sui quali, sia pure per ragioni diverse, concordano quasi tutti i partiti. Mentre scriviamo, Salvini ha più volte espresso in tal senso la volontà della Lega. Letta, per il Pd, è stato altrettanto chiaro con questa dichiarazione: “I partiti come il nostro vogliono che ci sia un buon governo sino alla fine della legislatura” quale quello in carica.

Anche per Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, la sola forza oggi all’opposizione, l’imbullonamento di Draghi a Palazzo Chigi sino al 2023 potrebbe essere gradito quale fattore di ulteriore crescita in regioni ed enti locali, a causa della naturale conflittualità tra e nei partiti attualmente nella maggioranza di governo; alimentata dalla necessità di marcare in una situazione certamente difficile per essi le proprie specificità e i propri programmi. Quanto al grosso degli sgangherati prodotti delle divisioni del M5S – che fanno riferimento a Conte, Di Battista e Grillo, più decine di cani sciolti, eletti per la prima volta (sempre per il M5S nel 2018 – sono tutti sostenitori delle elezioni nel 2023. Soprattutto perché più di 100 di loro maturerebbero in tal modo i primi 5 anni di legislatura necessari per beneficiare della pensione.

Diversa la posizione di FI, che collega la possibilità di elezioni anticipate con la candidatura di Berlusconi alla carica di capo dello Stato. Che certamente può contare di molti voti potenziali ma, a mio giudizio (e non solo mio) con poche possibilità di trasformarli in voti elettivi definitivi. Una convinzione esplicitamente espressa da Antonio Taiani – vice di Berlusconi – che ha detto: “Mario Draghi sarebbe uno straordinario presidente della Repubblica, ma se va al Quirinale bisognerebbe votare”. È evidente, comunque, che gli obiettivi strategici dei partiti siano in tutto condizionati dalle motivazioni di Mario Draghi, che sono sempre apparse ispirate a motivi di vita e di lavoro di segno democratico, e volontà di servire gli interessi essenziali della comunità nazionale.

Da segnalare infine l’ennesimo tentativo di Clemente Mastella di tornare, se non al centro almeno a ridosso della grande politica con la creazione di un nuovo partito, ovviamente “di centro”. Non senza aver però ricordato di passaggio, che la moglie, senatrice, se in prima battuta sarà candidato, voterà Silvio Berlusconi.

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