DALLA NOTTE ALLA LUCE (Gv 3,1-21)

By giuseppe de virgilio
Pubblicato il 31 Agosto 2022

In modo unico l’evangelista Giovanni presenta la figura di Nicodemo, il maestro notturno che si reca da Gesù per aprire un dialogo sincero su Dio e sulla fede

Credere senza compromessi

Tra coloro che hanno incontrato il Signore spicca la singolare figura di Nicodemo, fariseo e maestro della Legge. L’episodio del suo incontro è contestualizzato a Gerusalemme, nell’ambito della predicazione di Gesù che avviene durante la festa di Pasqua (Gv 2,23). Insieme ai suoi discepoli il Signore si reca nella Città Santa ed entrato nel cortile del tempio, trova gente che vendeva buoi, pecore e colombe e i cambiamonete. L’evangelista descrive la reazione di Gesù: “Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!” (Gv 2,15-16). Si tratta del segno profetico della purificazione del tempio, luogo della presenza di Dio e della sua santità in mezzo al popolo (cf. Zc 14,21). Gesù va al cuore della spiritualità giudaica e mediante il suo gesto spinge il popolo a riflettere sulla grandezza del mistero di Dio e sulla realtà del peccato. L’azione simbolica di purificare il tempio da ogni forma di strumentalizzazione esprime la necessità di ripensare la propria fede e di eliminare ogni forma di compromesso e di strumentalizzazione.

Il segno pasquale del tempio

Il gesto profetico e il successivo confronto con i Giudei (Gv 2,18-23) ha permesso di far conoscere Gesù e il suo messaggio sconvolgente, finalizzato alla rivelazione pasquale: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19). L’evangelista annota che il Signore “parlava del tempio del suo corpo” e che i discepoli dopo la risurrezione si ricordarono di quelle parole profetiche (Gv 2,21-22). Pertanto il vero grande segno (sēmeîon) che inaugura la predicazione a Gerusalemme è l’annuncio della nuova Pasqua, che si compirà nella morte e nella risurrezione del Cristo. Il segno di Cristo si collega con la fede e implica un adeguato discernimento del cuore. Tale dialettica è presente nella storia di ogni persona in ricerca di Dio: saper leggere i segni presenti nella storia per comprendere la volontà di Dio e aderire al suo progetto salvifico. L’evangelista annota come Gesù conosceva l’intimo del cuore umano e la sua missione consiste nel suscitare la fede e l’amore verso Dio.

La notte di Nicodemo

In modo unico l’evangelista Giovanni presenta la figura di Nicodemo, il maestro notturno che si reca da Gesù per aprire un dialogo sincero su Dio e sulla fede. Il brano si articola in due parti: Gv 3,2-9 descrive il colloquio di Gesù con Nicodemo e Gv 3,10-21 presenta il monologo di Gesù, mentre Gv 2,23-3,1 fa da introduzione all’intero dialogo. Nicodemo si presenta come il prototipo del giudeo che rientra nella categoria di coloro che credono “per i segni”. Tale è l’affermazione enfatica del vangelo: “Maestro, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”. Nicodemo mostra la convinzione che Dio è con Gesù e che lo assiste nello svolgimento della sua missione. Ma la sua fede è ancora condizionata dai segni esterni di un “sapere intellettuale”. Nicodemo ha bisogno di fare un discernimento nuovo, mettendosi in ascolto della parola del Signore. Il maestro notturno vuole “venire alla luce” aprendo il suo cuore al dialogo con Cristo. Il racconto presenta tre discorsi di rivelazione del Signore, preceduti da una solenne introduzione (“in verità, in verità ti dico”), vv. 3; 5-8; 11-21, alternati da due incomprensioni di Nicodemo (vv. 4; 9). Gesù mette in crisi il suo illustre interlocutore evidenziando l’insufficienza di una fede esteriore e basata sui segni umani: la vita eterna e la visione (l’ingresso) del regno impongono una “rinascita” mediante una fede che “viene dall’alto”. Questa nuova nascita consiste in un radicale cammino di conversione che si compie per mezzo dello Spirito.

Rinascere dallo Spirito

Lo stupore del dialogo con Cristo invade il cuore di Nicodemo, che resta muto di fronte all’affermazione: “Se uno non rinasce dall’alto non può vedere il regno di Dio” (3,3). La condizione di una nuova esistenza si concretizza solo nel dinamismo battesimale che ha come protagonista lo Spirito Santo. Se la realtà carnale dell’uomo è segnata dalla fragilità e dall’anzianità, il rinnovamento spirituale è operato da Dio mediante l’acqua del battesimo. Tale comprensione non può derivare dalla “carne”, cioè dal piano puramente naturale dell’uomo, ma dallo “Spirito” che rappresenta la prospettiva soprannaturale dell’uomo, “immagine di Dio”. La perplessità del maestro della Legge spinge Gesù ad approfondire il processo di discernimento nella seconda parte del racconto (vv. 10-21), che si apre con il riferimento all’episodio del “serpente di bronzo” di Mosè, innalzato nel deserto per salvare il popolo dalla morte (cf. Nm 21,4-9). Il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo per rivelare al mondo il mistero salvifico di Dio, mediante il suo “innalzamento” (crocifissione: Gv 3,14-15). Il contenuto di questa rivelazione è l’amore estremo e totale del Padre che ha liberamente voluto salvare il mondo donando il suo unico Figlio (3,16). Egli è venuto per amare e non per giudicare (3,17).

Fedeltà e verità

Il contesto notturno del dialogo si trasforma in una veglia che si apre all’aurora. La splendida rivelazione giovannea si conclude con l’approfondimento del giudizio di Dio (vv. 19-21). Esso consiste nello spingere ogni uomo verso la verità. Il binomio “venire alla luce-fare verità” deve qualificare il cammino di ogni credente. Non si può rimanere nelle tenebre, ingannando se stessi e gli altri. Nicodemo è posto di fronte a una scelta: chiudersi nel legalismo o affidarsi all’amore liberante di Dio. In questo modo quella notte si illumina. La fede in Cristo apre il cuore di ogni uomo che cerca la verità a partire dalla conoscenza di se stesso. Questo dinamismo generativo accade anche al maestro di Israele. Egli “nasce di nuovo”, ridiventa in qualche modo come un bambino nella semplicità e nell’innocenza. Nel suo dialogo notturno con Gesù egli scopre che la verità non va considerata come una teoria, ma intesa come fedeltà a Colui che salva l’uomo dalla morte e dalle tenebre (v. 20). Nel racconto giovanneo il capo dei farisei diventa l’icona del credente che si apre alla fede salvifica di Dio in Cristo e che compie le opere nella luce dell’amore (cf. Gv 7,50-52).

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