CROCIFISSO-RISORTO CON NOI NELLA PANDEMIA

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 30 Novembre 2020

Gesù Cristo muore e risorge con noi in questa pandemia che sconvolge l’umanità. È morto anonimo negli ospedali e nelle case di riposo, trasportato nelle bare sui camion dell’esercito. Muore nel dolore dei colpiti dal virus, nella paura di chi sente sovrastare la minaccia, nelle ansie di chi perde il lavoro, nelle preoccupazioni per la situazione economica, nel turbamento psichico dinanzi alla precarietà del tutto. Risorge in chi morendo crede e soffrendo spera, in quanti si spendono nel curare i malati e vincere la malattia, in chi nel ministero o nella fraternità laica si adopera a portare conforto e trovare senso alla desolazione universale. Sorprende e rattrista che in tanto vociare di talk show e resoconti di cronaca e informazioni scientifiche, scarsamente risuona un messaggio sul valore del dolore vissuto con dignità e anche con amore, e sul destino delle vite recise. Eppure “per combattere questa pandemia possiamo mettere in campo, e lo faremo, tutte le risorse materiali, tecniche e scientifiche possibili, ma senza riscoprire e usare quelle spirituali sarà tutto inutile” (A. D’Avenia, Corriere della Sera, 30.3.20, 29).

Si può definire questa pandemia una tragedia epocale o paragonarla a una guerra universale, ma non chiamarla castigo di Dio. È una conseguenza del limite creaturale e del nostro errato rapporto con la creazione. Semmai è un castigo per l’abuso della nostra libertà nel manipolare gli equilibri della natura. Dio non castiga perché è amore. Per la logica dell’amore non ci priva del dono della libertà, ma soffre nel vederla usata per rovinare la nostra felicità. La nostra umanità è anche sua perché assunta dal Figlio nell’incarnazione. La nostra carne è anche sua carne perché egli ci vive dentro come Risorto e Spirito datore di vita (cfr. 1Cor 15,45), sia nel suo corpo mistico che è la chiesa, sia nel corpo dell’umanità a cui s’è unito divenendo umano.

Senza perderci nei meandri del mistero, in concreto egli soffre nel sentire l’umanità ferita nel bene indispensabile delle relazioni sociali. Fatti per vivere insieme, siamo costretti a isolarci per non fare o ricevere del male. Forzati a coprirci il volto, non ci riconosciamo più. Ci hanno tolto il sorriso e smorzato lo sguardo, come anche il suo volto fu sfigurato durante la passione. Non possiamo abbracciarci né stringerci la mano. L’obbligo della distanza fisica ha sconvolto il mondo relazionale. Bambini senza i nonni, nonni senza nipotini, ragazzi senza compagni, giovani senza amici, studenti senza rapporto personale con gli educatori. Anche lui fu isolato da tutti e escluso da ogni rapporto umano durante la sua passione. La contrazione dei rapporti sociali ferisce soprattutto la Chiesa, prima impedita poi limitata persino nella celebrazione dell’Eucaristia. Cristo è oggi crocifisso con l’umanità crocifissa dalla pandemia, costretta a uno stile di vita che non sembra più umano.

Ma Cristo è anche risorto. Nella forza che riusciamo a trovare per andare avanti nonostante tutto. Nella testimonianza di quanti non si lasciano andare al disfattismo o negazionismo o infinito altercare sulle decisioni da prendere, ma costruiscono percorsi di speranza nell’ascolto e nel dialogo paziente. È risorto in quanti hanno preso coscienza che nessuno può salvarsi da solo, ma ci si può salvare solo insieme, prendendosi cura gli uni degli altri. Perché è chiaro che siamo interconnessi in una vulnerabilità che ci unifica in un baleno. Il contagio di una pandemia ci coglie con rapidità non paragonabile ad altri aspetti di interdipendenza, come una moda o una cultura.

È risorto in chi ha compreso che l’unica via di futuro è la fraternità universale. Papa Francesco addita all’umanità questa luce di risurrezione con la lettera Fratelli Tutti. Nessuno potrà più dire si salvi chi può. La comunità mondiale naviga sulla stessa barca. Non potremo più chiamarci gli uni e gli altri, ma soltanto noi (32.35). La pandemia universale spinge l’umanità verso la fraternità universale. La quale non significherà solo fraternità umana, ma fraternità creaturale e cosmica. Non solo antropo-centrica ma bio-centrica. La sopravvivenza dell’umanità è legata a quella del pianeta. La salvezza, sia laica che cristiana, potrà avvenire solo insieme con fratello sole e luna e foco e animali e piante e l’universo intero, voluto da Dio e unificato nell’abbraccio del suo amore.

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