A CENA COI PIEDI PULITI

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 1 Gennaio 2019

Una cena per dirsi addio e per restare insieme. È quella di Gesù con gli apostoli, l’Ultima Cena che chiamiamo Eucaristia perché esprime il ringraziamento al Padre per il dono del Figlio che salva il mondo nell’amore dello Spirito Santo.

L’evento non fa parte del racconto della passione, ma ne anticipa il contenuto e lo tramanda nei secoli. Ne parlano gli evangelisti più Paolo apostolo. Per questo motivo è considerato parte integrante della passione-risurrezione e come tale lo si adotta nella liturgia e lo si spiega nel catechismo. Come tale, con tutta la fede e l’amore, lo consideriamo anche noi.

Il convito si svolge in uno scenario intimo e grandioso, con un crescendo di scene che stupiscono la riflessione e suscitano emozioni d’incanto e rapimento contemplativo, per gli orizzonti divini e umani che si succedono.

Arrivando all’appuntamento, Gesù appare stracolmo di un amore che dalla sorgente divina trabocca nel suo cuore di uomo. Ho tanto desiderato mangiare questa pasqua con voi prima della mia passione, Lc 22,15. Il senso originale delle parole fa capire che ha desiderato questo momento da tutta la vita. Ha fatto pasqua ogni anno, ma questa è speciale. Non è solo la pasqua ebraica a ricordo della liberazione dall’Egitto, ma diventa la pasqua cristiana della liberazione dalla potenza assoluta del peccato e della morte.

Ci tiene a sottolineare il legame con i suoi. Mangiare con voi, dice, non da solo o con chiunque altro, con gli intimi che nella fede accettano la vita che egli condividerà con loro, da spendere per la salvezza del mondo. Quindi anche con noi, come continua a ripetere ogni volta che lo incontriamo a Messa.

L’evangelista Giovanni, che non riporta lo svolgimento della cena, riferisce circa un’altra attitudine interiore di Gesù in quel momento e racconta un’altra scena preparatoria dagli stessi contenuti. Prima della festa di pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine, 13,1. La scena che segue ha lo stesso contenuto della croce, dove l’amore sino alla fine sarà consumato. Eccola: Durante la cena si alzò da tavola, depose le vesti e cominciò a lavare i piedi ai discepoli. Quando ebbe lavato loro i piedi riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi, Gv 13, 2-15.

Mentre per gli altri evangelisti l’amore sino alla fine è attuato nel farsi cibo nei segni del pane e del vino, per Giovanni il culmine dell’amore è espresso nel lavare i piedi all’umanità, cioè purificarla dal peccato nella sua morte e risurrezione. Il movimento morte e risurrezione è reso nei termini depose le vesti e riprese le vesti, che rievocano il deporre del suo corpo nel sepolcro e riprenderlo risorgendo dai morti.

Fate questo in memoria di me, coincide con: Vi ha dato l’esempio. Anche voi dovete lavarsi i piedi l’un l’altro, cioè e amarvi fino a spendere corpo e sangue. La cena e la croce si guardano, si attirano, si sovrappongono, s’includono fino a diventare la stessa cosa. La croce passa come evento di Gesù di Nazaret, ma resta in eterno come atto divino del Verbo incarnato e si prolunga nella cena come potenza della sua morte e risurrezione.

La cena è fatta per mangiare insieme, dove il capotavola è il Risorto che nutre i commensali con la Parola e il dono della vita nel segno del pane. Chi vuole, nella fede può attingervi la forza di mangiare con tutti, anche i diversi, i migranti, quelli che appartengono ad altri partiti e altre culture. Dato che mangiare insieme significa condividere la vita spendendola per gli altri, la cena implica la croce, cioè l’unione al sacrificio di Cristo, ripresentato nella cena. Così la cena è di Cristo e nostra. Vi siamo coinvolti come commensali e come cibo per gli altri.

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