I “GIUBBETTI GIALLI” RIVOLTOSI ANONIMI

«è la rivoluzione, maestà» rispose un cortigiano a Luigi XV che, nel 1789, gli chiedeva che cosa stesse accadendo nelle piazze francesi. Poco ci manca che si dia la stessa risposta a Emmanuel Macron, di fronte alla rivolta dei giubbetti gialli che, quasi all’improvviso, ha incendiato e sta ancora incendiando il paese. Il 75 per cento della gente, dopo un anno dalla trionfale elezione, appoggiando la protesta giudica che il presidente Macron non sia all’altezza del suo compito. Qualcosa non marcia nei meccanismi del potere e la responsabilità di quanto accade deve essere in gran parte attribuita alla classe dirigente. La rivolta era cominciata il 18 ottobre, per l’aumento del prezzo del diesel e della benzina, che penalizza le classi lavoratrici più umili, quelle che tendono a risparmiare nei mezzi di trasporto e che stanno sentendo l’erosione del potere d’acquisto. Per il governo si trattava di un “contributo alla transizione ecologica” (rinviato dopo gli incidenti), ma i consumatori ne sentono il peso sulla propria pelle: da qui la spontanea protesta, alimentata dalla sensazione che Macron sia in qualche modo il rappresentante dei ricchi. Si porta ad esempio il fatto che abbia abolito in parte la tassa sul patrimonio e l’imposta sugli investimenti bancari e mantenuto invece quella immobiliare che colpisce anche i francesi meno abbienti. Va considerato che otto milioni di cittadini (otto per cento della popolazione) vivono al di sotto della soglia di povertà, che non è diminuita da quando, trent’anni fa, fu introdotto il reddito minimo di inserimento, attorno ai 500 euro individuali.

Non è esagerato dire quindi che a ribellarsi è la Francia povera, quella che chiede di diminuire le tasse e alla classe politica di dialogare con la gente: sulle barricate sono andati generalmente i cittadini qualunque, anche se in qualche caso si sono aggiunti i violenti e i “casseurs”, anarchici demolitori abituali, e se l’estrema destra ha tentato di infiltrarsi in quelli che inevitabilmente sono diventati scontri violenti con le forze di polizia. I dimostranti, nei vari appuntamenti, hanno superato le centinaia di migliaia, trecentomila soltanto a Parigi: duemila azioni di protesta, 1800 blocchi, oltre un milione di firme sul web. Purtroppo, con due morti, 227 feriti (di cui 7 gravi), e un paio di centinaio di fermati.

Non sono sfuggiti, nei giorni più caldi, alcuni toni al limite dell’arroganza da parte di Macron e di alcuni ministri: anche questo spiega la caduta del presidente nei sondaggi, addirittura meno del leader della destra Marine Le Pen. Soltanto ora si comincia a prendere le misure di un movimento, come quello dei giubbetti gialli, atipico, senza capi, senza strutture, apolitico, apartitico e sindacale, con otto “comunicanti ufficiali”, cioè portavoce per le varie zone: l’avversario di Macron è oggi Monsier Dupont, il cittadino anonimo che si sente colpito dall’indifferenza se non dal disprezzo della classe politica. Sarà necessaria molta diplomazia per recuperare il rapporto con il paese.

L'ECO di San Gabriele
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