UN PROBLEMA AMBIENTALE E SANITARIO
SU 102 CAPOLUOGHI DI PROVINCIA, ANALIZZATI RECENTEMENTE CON SPECIALI CENTRALINE DI RILEVAMENTO, NESSUNO È RIUSCITO A RISPETTARE TUTTI I VALORI LIMITE SUGGERITI DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
L’unico aspetto positivo della pandemia è stata la possibilità di vedere quanto inquinamento ci circonda e respiriamo. Infatti, durante il lockdown, con i fumi delle fabbriche e il traffico ridotti ai minimi termini, le immagini satellitari di quel periodo, confrontate con le stesse degli anni precedenti, svelarono territori nascosti dalle immense nubi inquinanti. Addirittura, in India agli abitanti di una città “riapparvero” dei monti che sembravano scomparsi. Questo avveniva nel 2020; già lo scorso anno, con il ritorno ai regimi pre-Covid le condizioni atmosferiche sono peggiorate, e ora si stanno riallineando ai valori tragici del passato. L’inquinamento atmosferico è un problema non soltanto ambientale, ma anche, e soprattutto, sanitario. Proprio la pandemia ci ha insegnato quanto importante sia la salute delle persone e quanto questa dipenda dall’ambiente che ci circonda. Uno studio dell’università dell’Insubria di Varese dimostra come ci siano forti correlazioni tra l’esposizione cronica a elevati livelli di inquinamento atmosferico – e conseguente fragilità delle popolazioni – e l’aumento della sintomatologia da Covid. Per l’esposizione a 1µg/mc in più di PM2.5 (rispetto ai valori attualmente ritenuti cautelativi dal punto di vista della salute) si è notato un aumento del 5,1% in più del tasso di casi da Covid, pari a 294 casi aggiuntivi ogni 100mila persone/anno. Tutto ciò nonostante negli ultimi dieci anni si sia registrato un netto miglioramento della qualità dell’aria.
Ovviamente, l’Italia non fa eccezione, come dimostra il recente rapporto annuale di Legambiente Mal’aria di città. Quanto manca alle città italiane per diventare clean cities, realizzato nell’ambito della campagna Città pulite, in cui si fa il bilancio sull’inquinamento atmosferico nelle città italiane. Su 102 capoluoghi di provincia, analizzati con speciali centraline di rilevamento, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ossia una media annuale di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02. Nelle ultime valutazioni annuali effettuate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) è emerso come l’esposizione al particolato fine causi circa 400mila morti premature all’anno nei 41 Paesi europei, di cui circa cinquantamila in Italia. A questo proposito, è importante sottolineare che non esiste una soglia minima per gli effetti negativi sulla salute dell’esposizione alle polveri sottili: diminuire le concentrazioni è un beneficio per la salute, indipendentemente dai valori di concentrazioni da cui si parte.
In particolare, per quanto ci riguarda, sono 17 le città nelle quali sono stati riscontrati valori più alti di polveri sottili, ovvero che superano i valori Omsper più del doppio, con Alessandria che nel 2021 ha registrato una media annuale di PM10 pari a 33 µg/mc rispetto al limite Oms di 15 µg/mc; seguita da Milano con 32 µg/mc, Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino con 31 µg/mc. Undici sono quelle più inquinate da PM2.5, che superano di oltre quattro volte i valori Oms, con le criticità maggiori registrate a Cremona e Venezia (media annuale 24 µg/mc contro un valore Oms di 5 µg/mc). Sono ben 13 le città più inquinate da biossido di azoto (NO2), ovvero che superano il limite per più di tre volte, con Milano e Torino in forte sofferenza. Il capoluogo lombardo nel 2021 ha registrato una media annuale di 39 µg/mc contro un valore Oms di 10 µg/mc e Torino di 37 µg/ mc). Pochissime le città che rispettano i valori suggeriti dall’Oms per il PM10 (Caltanissetta, La Spezia, L’Aquila, Nuoro e Verbania) e il biossido di azoto (Agrigento, Enna, Grosseto, Ragusa e Trapani), nessuna per il PM2.5.
Da questa analisi è stato possibile verificare la “distanza” che separa le nostre città dai valori suggeriti dall’Oms. La nuova revisione della direttiva sulla qualità dell’aria che si appresta a essere attuata nei prossimi mesi abbasserà i limiti normativi in funzione dei nuovi limiti Oms. Nel giro di pochi anni questi valori diventeranno vincolanti anche dal punto di vista legale e vi saranno ulteriori procedure di infrazione per gli Stati membri inadempienti (l’Italia ha già tre infrazioni sulle spalle). Per il PM10 le città dovranno ridurre le concentrazioni mediamente del 33 per cento se vorranno rientrare nei prossimi anni nei limiti più stringenti dell’Oms.
Di fronte a questa fotografia, Legambiente ribadisce “l’urgenza di ripensare e ridisegnare in prima battuta le aree metropolitane, gli spazi pubblici urbani e la mobilità sostenibile, sempre più intermodale, in condivisione ed elettrica”. Alcune proposte prevedono: ridisegnare gli spazi urbani a misura d’uomo, con quartieri liberati dalle auto (“città dei 15 minuti” in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita); incentivare la ciclopedonalità; aumentare la dotazione del trasporto pubblico elettrico anche nelle periferie e nei centri minori; realizzare 5.000 km di ciclovie e corsie ciclabili; bloccare entro il 2030 la commercializzazione dei veicoli a combustione interna. Sul fronte del riscaldamento domestico, servono un grande piano di qualificazione energetica dell’edilizia pubblica e una riconversione drastica delle abitazioni ad emissioni zero; nel settore agricolo è necessario garantire l’effettivo monitoraggio delle pratiche agricole per ridurre drasticamente le emissioni di ammoniaca.
Un segnale importante è giunto dal Parlamento che ha approvato la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, per tutelare l’ambiente, le biodiversità, gli animali e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Modifiche già in vigore, dato che sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22 febbraio scorso. Ecco i nuovi testi.
Articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”; Articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Ora viene la parte più difficile: cambiare il comportamento degli italiani.