UN INCONTRO STORICO

Testimonianze dalla Giornata Mondiale dei Giovani
By antonio sanfrancesco
Pubblicato il 1 Ottobre 2023

Il primo raduno dopo la pandemia del Covid ha riunito a Lisbona un milione e mezzo di giovani provenienti anche dagli angoli più sperduti del pianeta

Età media: 17-18 anni. Nessuno di loro era nato quando Giovanni Paolo II “inventò” questi raduni per abbracciare i giovani cattolici di ogni parte del globo. L’idea, al papa polacco, venne al Madison Square Garden di New York la sera del 3 ottobre del 1979 durante l’incontro con un gruppo di giovani americani. Entra nello stadio a bordo di una Ford Bronco appositamente allestita e con la papamobile effettua, in un frastuono indescrivibile, il giro di quel luogo abituato ad accogliere le più grandi stelle del mondo dello spettacolo. Mentre gli altoparlanti diffondono il famosissimo tema di Star Wars interpretato da un’orchestra locale, il Papa sale sul palco e si mette a imitare il batterista. Poi solleva il pollice, all’americana, verso quelle centinaia di migliaia di adolescenti rapiti. Giovanni Paolo II sfodera un ampio sorriso. La folla eccitata scandisce: “John Paul two, we love you!”. L’indomani, il pur compassato Time, titola: “John Paul II superstar”. Da allora è cambiato tutto. Il Papa, la Chiesa, il mondo. Non il cuore dell’uomo.

Per molti ragazzi, quasi tutti, la Giornata mondiale della gioventù (Gmg) di Lisbona, che si è svolta dal 1° al 6 agosto scorsi alla presenza di papa Francesco, è stato un “debutto”. Entusiasta, euforico, commovente.

Spesso si abusa dell’aggettivo “storico”. Ma non è azzardato definire storico un incontro – il primo dopo la pandemia del Covid che ha rinchiuso in casa il mondo intero – capace di radunare un milione e mezzo di giovani provenienti anche dagli angoli più sperduti del pianeta. Non per una gara di calcio o il concerto di una rockstar ma per un evento di fede. “Non pensavo che ci saremmo ritrovati così tanti, numerosi, di nuovo insieme dopo quello che abbiamo vissuto in questi anni”, dice una ragazza spagnola.

I più numerosi sono stati gli spagnoli (circa 78mila iscritti), poi gli italiani (65mila), portoghesi (44mila) francesi (43mila iscritti) e Stati Uniti (circa 20mila iscritti). Grande partecipazione anche di pellegrini provenienti dai Paesi di lingua portoghese come Brasile (5.826), Angola (752), Capo Verde (940), São Tomé e Príncipe (513), Mozambico (312), Guinea-Bissau (122) e Timor Est (62).

Andrea, 24 anni, arriva dalla Diocesi di Como insieme ad altri quattrocento ragazzi: “È la mia prima esperienza alla Gmg – racconta – e non me l’aspettavo così: vedere un gran numero di persone da Paesi diversi che condividono la gioia della stessa fede è un’emozione molto forte. Dei vari momenti, mi ha colpito la fede delle persone che nelle nostre vite sembra quasi scomparsa ma a ben vedere è come un fiume che scorre sotterraneo”.

Cristina, 21 anni, di Como, ha molto apprezzato la Via Crucis al Parque Eduardo VII che definisce “fatta apposta per far riflettere noi ragazzi” e le catechesi dei vescovi: “Mi hanno dato molti spunti esistenziali, con noi ragazzi bisogna fare così”.

Stupiti anche Gennaro e Tommaso, entrambi diciassettenni, che arrivano da Reggio Emilia insieme ad altri milleseicento ragazzi: “Non pensavamo potessero arrivare anche persone dell’Oceania o dell’Africa. Abbiamo incontrato ragazzi della Polinesia e delle Isole Marshall, Paesi che neppure conoscevamo. Signi-fica che c’è qualcosa in grado di unire persone così diverse. Oltre a tanti souvenir – aggiungono ridendo – ci portiamo a casa un ricordo indelebile e una ricchezza spirituale che ci servirà come energia”. Sebastiano, 22 anni, arriva da Gallio, provincia di Vicenza e diocesi di Padova che ha portato milleduecento ragazzi: “È la mia prima Gmg. Il nostro parroco ce l’aveva presentata molto blanda e tranquilla e invece ci ha sorpreso molto per la vitalità e la gioia. Siamo andati a Lourdes prima di arrivare a Lisbona. Cosa resterà? I legami di amicizia e la bellezza di vedere tanti giovani uniti dalla fede”.

C’è una meraviglia che diventa entusiasmo contagioso. Clarice, 19 anni, e Andrea, 17, arrivano dalla diocesi di Genova: “I nostri educatori ci avevano parlato della Gmg ma ci ha sorpreso molto il numero di italiani, più numeroso dei portoghesi. Sono stati molto belli gli incontri con coetanei di Paesi che neanche sapevamo esistessero. Ci sono piaciute molto anche le catechesi con un dialogo botta e risposta con i vescovi”. Dalla diocesi di Milano il gruppo più numeroso: seimila pellegrini, accompagnati in ogni tappa dall’arcivescovo Mario Delpini. Per Anna ed Elisa è la prima volta: “Qui ogni cosa è gioia – dicono – questo può aiutarci a ravvivare il desiderio di trasmetterci la fede”.

La gioia, ha detto papa Francesco nella Veglia nel Parco Tejo, è “missionaria” prendendo come esempio la sollecitudine di Maria che va a fare visita alla cugina Elisabetta, incinta: “La gioia non è per uno, è per portare qualcosa. Vi domando: voi, che siete qui, che siete venuti a incontrarvi, a trovare il messaggio di Cristo, a trovare un senso bello della vita, questo, lo terrete per voi o lo porterete agli altri? Cosa pensate? Non sento… È per portarlo agli altri, perché la gioia è missionaria! Ripetiamolo tutti insieme: la gioia è missionaria! E così io porto questa gioia agli altri”.

In fila per confessarsi

Molti ragazzi attendono in fila per confessarsi nella “Città della gioia” allestita nel Jardim Vasco de Gama, nel cuore del quartiere di Belèm che abbraccia due grandi aree: quella della Fiera vocazionale, i cui accessi recano i nomi e le immagini delle varie Gmg succedutesi negli anni, e il parco della Riconciliazione, dove i ragazzi si confessano. È stato un po’ il “cuore spirituale” della Gmg con il frastuono di canti e balli dei ragazzi e il silenzio assoluto nella cappellina ricavata sul prato dove è possibile restare in silenzio in adorazione del Santissimo Sacramento. “Il nostro parroco ci ha parlato con tanto trasporto della Gmg e di papa Francesco – racconta Nicola, 17 anni, qui con un gruppo di Piove di Sacco (Padova) – questo ci ha decisamente motivato. Siamo qui anche perché pensiamo sia importante fare sapere al papa quanto noi ragazzi gli vogliamo bene”.

Quasi tutti prima di arrivare a Lisbona sono andati in pellegrinaggio a Lourdes o a Fatima, santuari che, mentre molte chiese si svuotano, sono sempre pieni e hanno quasi il compito di custodire la fede. A Fatima, dove papa Francesco è andato sabato 5 agosto per implorare il dono della pace fermandosi in preghiera davanti alla Vergine nella Cappellina delle apparizioni, molti ragazzi hanno il volto rigato di lacrime, altri percorrono sulle ginocchia il percorso sulla spianata del santuario, altri ancora bruciano i ceri votivi dopo aver inserito nelle cassette le intenzioni di preghiera. Ad accompagnare il gruppo di pellegrini di Abruzzo e Molise, circa quattrocento, c’è il teologo e arcivescovo di Chieti, Bruno Forte: “Qui, in Portogallo – spiega ai ragazzi – iniziò una seconda modernità con il terremoto del 1755: Lisbona fu praticamente rasa al suolo, morirono centomila persone e chi cercava riparo verso la costa, rimase travolto dalle onde gigantesche create dal sisma. Voltaire sostenne che un evento così devastante provava che Dio o era crudele oppure non esisteva. Ne nacque un dibattito che durò per tutto l’ottocento. I cattolici cercarono le loro risposte, ma la risposta la diede nel 1917, sempre in Portogallo, la Madonna apparendo a Fatima e dicendo che Dio non abbandona l’umanità. Affidò ai pastorelli le profezie sul XX secolo, chiamato il ‘secolo breve’ perché consumato dai due conflitti mondiali e altri disastri creati dall’egoismo e dagli odi degli uomini. Quell’emancipazionismo cui Voltaire diede la prima scintilla, quella tentazione di pensare a un mondo senza Dio, è sempre dietro l’angolo e mette seriamente in pericolo l’uomo e il mondo”.

Gli italiani della Gmg si sono dati appuntamento al Passeio Maritimo de Algès, l’area portuale di Lisbona, per un momento di festa e di preghiera. “Dob-biamo dare molta fiducia a questi ragazzi e aiutarli a capire che questo mondo si può cambiare e che il protagonismo non serve per sé ma per gli altri”, dice il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna.

“È un’emozione unica vedere così tanta gente, trasmette un’energia pazzesca. Non si può smettere di sorridere e gioire. Mi sento a casa”, dice Chiara, 21 anni, della diocesi di Fidenza, da dove sono arrivati in settanta. “La messa d’apertura al Parque Eduardo VII ci ha galvanizzato perché è molto emozionante, e anche un po’ strano, vedere gente di tutto il mondo e di tante lingue uniti da qualcosa, anzi Qualcuno, di più grande”, dicono Daniele e Davide, anche loro al “debutto” nella Gmg, “da papa Francesco ci aspettiamo una ricarica per la nostra fede”. Martina è l’unica del gruppo che ha vissuto un’altra Gmg, quella di Cracovia 2016: “Questo incontro lo abbiamo atteso a lungo perché di mezzo c’è stata la pandemia che ci ha isolato e diviso. Dopo due anni di chiusura ci sembrava impossibile tornare ad abbracciarci e invece è stato bellissimo”.

Tra la folla c’è un nutrito gruppo che è arrivato da Torino in pullman al termine di un lungo pellegrinaggio mariano: “Siamo stati prima a Lourdes, poi a Fatima e infine a Coimbra dove è vissuta Lucia Dos Santos, morta nel 2005, una dei tre pastorelli di Fatima – raccontano Tommaso, Alice, Samuele, Federico e Stefano – non ci aspettavamo che la Gmg fosse così. Un posto dove possiamo parlare tra di noi e dove siamo tutti amici anche se non ci conosciamo”. Tra le esperienze che più hanno colpito i ragazzi durante il pellegrinaggio c’è la fiaccolata sulla spianata del santuario di Lourdes: “È stato un momento molto toccante, vedere gli ammalati pregare insieme ai loro accompagnatori, la luce delle fiaccole, tanti giovani diretti verso Lisbona”.

La gioia come esperienza essenziale per credere in Dio e farlo non da soli ma in comunità, insieme ad altre persone che condividono le stesse difficoltà e nutrono la stessa speranza. “Nel mio Paese ad andare in chiesa si rischia la vita – ha detto un ragazzo del Mali prima della messa finale del papa – ritrovarsi qui con tanti altri nostri coetanei significa che non siamo soli”.

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