“SOLO CON LA MISERICORDIA LA VITA È GIOIA.”

La storica visita di papa Francesco a L’Aquila
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 31 Agosto 2022

Lo scorso 28 agosto ha dato il via alla Perdonanza Celestiniana. Le sue parole sono state vissute con una gioia particolare perché finalmente dopo 728 anni è stato un pontefice ad aprire la Porta Santa. “Essere perdonati – ha sottolineato – è sperimentabile qui e opera ciò che più si avvicina alla risurrezione. L’Aquila, da secoli mantiene vivo il dono che proprio papa Celestino V le ha lasciato”

I santi sono un’affascinante spiegazione del Vangelo. La loro vita è il punto di vista privilegiato da cui possiamo scorgere la buona notizia che Gesù è venuto ad annunciare, e cioè che Dio è nostro Padre e ognuno di noi è amato da Lui. Questo è il cuore del Vangelo, e Gesù è la prova di questo amore”. Le parole di papa Francesco sono state vissute con una gioia particolare dal popolo aquilano. Perché finalmente un papa ha aperto la Porta Santa a L’Aquila. C’è voluto Francesco, che proprio lo scorso 28 agosto, si è recato nella città abruzzese e ha dato il via alla Perdonanza Celestiniana. Ci sono voluti ben 728 anni. Francesco infatti è il primo pontefice che ha presieduto il rito della “famosa” Perdonanza istituita da papa san Celestino V, eletto pontefice il 5 luglio del 1294 e incoronato il 29 agosto nella basilica di Santa Maria di Collemaggio. Una storia importante che però pochi conoscono. Il 28 e 29 di agosto di ogni anno a L’Aquila si rinnova il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che papa Celestino V, un mese dopo la sua incoronazione, il 29 settembre 1294, concesse con la Bolla Inter sanctorum solemnia, nota anche come Bolla del Perdono, a chiunque, confessato e comunicato, fosse entrato nella basilica di Santa Maria di Collemaggio dai vespri del 28 agosto a quelli del 29.

Ma che cosa è effettivamente la Perdonanza? Il cuore della Perdonanza Celestiniana (viene spiegato in dettaglio nel sito web della Perdonanza), arricchitasi nel corso degli anni di varie celebrazioni a carattere civico e storico e dal 2019 patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco perché simbolo di riconciliazione, coesione sociale e integrazione e avvenimento che promuove valori di condivisione, ospitalità e fraternità, è proprio il messaggio di Celestino V. Il suo invito alla riconciliazione, alla conversione e al perdono, specie in questi giorni di guerra.

Una storia davvero particolare quella di Celestino V, il “papa del gran rifiuto”, secondo Dante, il primo pontefice che si dimise da papa dopo pochi mesi dalla sua nomina. Prima di salire al soglio pontificio, fra’ Pietro Angeleri, questo il nome, trascorse molti anni di vita eremitica in una grotta sul monte Morrone, sopra Sulmona. Il 5 luglio 1294 fu designato dal conclave riunito a Perugia come successore di papa Niccolò IV, la cui morte (1292) aveva lasciato la sede vacante per più di due anni. Chiamato al soglio pontificio, dall’eremo di Sant’Onofrio al Morrone nel quale si era ritirato, fra’ Pietro, a dorso di un asino, si recò alla volta di L’Aquila. Il 29 agosto 1294 fu eletto papa nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, costruita per sua stessa volontà. Ma l’importanza della figura di Celestino V è racchiusa in una storica decisione. Quanti confessati e sinceramente pentiti, dai vespri del 28 agosto fino ai vespri del giorno 29, festa di san Giovanni Battista, avessero visitato devotamente la basilica di Collemaggio, avrebbero ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l’assoluzione dalla pena.

L’Aquila, da secoli – ha detto Francesco durante l’omelia nella basilica di Collemaggio – mantiene vivo il dono che proprio papa Celestino V le ha lasciato. È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentabile qui e opera ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia”.

Fino ad allora, l’indulgenza plenaria era stata concessa dalla Chiesa solo a favore dei crociati in partenza per la Terra Santa e ai pellegrini che si recavano alla Porziuncola di Assisi. Una rivoluzione, anche teologica. Le indulgenze non venivano concesse solo ai più ricchi, ma anche al resto della popolazione. Il 29 settembre del 1294, la cancelleria papale formalizzò la concessione di Celestino V con l’emanazione di una Bolla affidata all’autorità civile della città, che ne garantì la conservazione, avocando a sé anche il diritto sulla cerimonia del Perdono, alla quale le autorità religiose erano invitate solo a partecipare. La prima celebrazione solenne ebbe luogo nel 1295, contro la volontà di Bonifacio VIII, pontefice in carica – si legge sempre nel sito -, che tentò di annullare l’indulgenza celestiniana. I fedeli, i monaci di Collemaggio e l’autorità civile non si curarono del provvedimento del nuovo papa e, rifiutandosi di consegnargli la Bolla, così come era stato loro ordinato, si adoperarono da subito perché la cerimonia avesse il risalto che le si confaceva.

Ogni anno, dunque, a seguito della Bolla emanata da papa Celestino V, la Porta Santa viene aperta. La cerimonia del Perdono si arricchì particolarmente dopo il 1327, quando le spoglie di papa Celestino furono “traslate” da Ferentino (Frosinone), dove erano conservate, a Collemaggio e le sue reliquie mostrate al popolo. L’autenticità della Bolla del Perdono, più volte messa in discussione nel tempo, fu confermata da papa Paolo VI che, nel 1967, all’atto della revisione generale di tutte le indulgenze plenarie, annoverò quella di Celestino V al primo posto dell’elenco ufficiale.

Papa Francesco, che ha prorogato per un anno l’indulgenza plenaria, ha concluso con queste parole la sua omelia: “Che questo tempio sia sempre luogo in cui ci si possa riconciliare, e sperimentare quella Grazia che ci rimette in piedi e ci dà un’altra possibilità. Sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre. È così infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato”.

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