SFIGURATO IL VOLTO TRASFIGURATA L’ANIMA

VINCENZO ISASI
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 3 Settembre 2013

Il volto sereno e giovanile di Vincenzo aveva cambiato i lineamenti. Si era avvicinato a quello sofferente e sfigurato di Gesù durante la passione. Era un dolore per tutti coloro che lo incontravano e tentavano di regalargli un sorriso e una briciola di speranza. Qualcuno meno forte incrociando i suoi occhi quasi istintivamente abbassava lo sguardo e abbreviava il discorso; poi si allontanava piano piano cercando di non tradire la commozione e volendo nascondere le sue lacrime: si sarebbe sciolo in pianto lontano da lui. Quel volto, il volto di Vincenzo, diventato quasi una maschera, inumidiva gli occhi e feriva il cuore. Ma lui, Vincenzo, godeva di una invidiabile pace, sperimentava interiormente una progressiva trasfigurazione nel volto luminoso del Signore risorto; mentre il suo corpo si andava disfacendo la sua anima avvertiva con maggiore intensità la presenza di Dio che lo riempiva del suo amore di padre buono e sempre presente.

Figlio di Antonio e Vittoria Barrena, Vincenzo vede la luce il 26 dicembre 1902 a Fruniz, paese della Spagna settentrionale. A tredici anni entra nel seminario passionista di Gabiria. La vita dei seminaristi è scandita da un orario che comprende molto studio, spazi dedicati alla preghiera e sano divertimento. Le varianti sono poche, ma i vari appuntamenti sono sapientemente collocati nell’arco della giornata e si susseguono in modo tale da non lasciare spazio alla monotonia. Vincenzo vi si trova contento. Quanto a doti intellettuali la natura non è stata molto generosa con lui. Il ragazzo però con l’impegno riesce ad ottenere buoni risultati meritando anche gli elogi dei suoi insegnanti. Il direttore lo ricorda sincero nei colloqui, esemplare nella condotta, desideroso di essere sempre più buono, tenace nei propositi, fermo nella scelta religiosa e sacerdotale.

Dopo quattro anni i superiori, giudicando molto positiva la sua formazione scolastica e spirituale e la sua maturità umana e vocazionale, lo ammettono volentieri al noviziato. Vincenzo quindi si trasferisce ad Angosto: veste l’abito religioso il 15 ottobre 1919 ed emette la professione dei voti il 16 ottobre dell’anno successivo. Il suo cammino verso il sacerdozio prosegue nel convento di Melide dove studia dal 1920 al 1924 offrendo sempre  buon esempio di sé per la serietà e l’impegno. Nutre una particolare devozione alla Madonna immacolata. Nella meditazione preferisce riflettere sulla morte e sulla vita eterna: queste verità lo aiutano a vivere bene il momento presente e lo rendono attento a non sciuparne neppure un brandello. A san Giuseppe, di cui è molto devoto, chiede ogni giorno la grazia di una buona morte. Qualche testimone dirà che Vincenzo prevedeva di morire ancora giovane.

Nell’ottobre del 1924 ancora un trasferimento: il giovane lascia la casa religiosa di Melide per quella di Mondoñedo. Vi resterà pochi mesi che saranno tuttavia sufficienti perché tutta la comunità si accorga della sua bontà e lo ammiri per la sua virtù. Nel successivo mese di marzo comincia ad avere seri problemi al volto e alla cavità orale. Aveva sofferto qualcosa di simile anche in precedenza, ma tutto si era risolto positivamente. Ora invece il male sembra aver messo radici più profonde e resiste a ogni cura. Vincenzo subisce un intervento chirurgico alla bocca: ma ormai è troppo tardi. Per dargli un minimo di sollievo e farlo vivere in un clima più dolce, viene portato nuovamente nel convento di Angosto. Vi arriva il 20 maggio 1925; vivrà ancora per pochi giorni. Il tumore continua con crudele violenza e con vorace rapidità la sua implacabile opera devastatrice. Il giovane ha difficoltà nel parlare e nel nutrirsi, deperisce a vista d’occhio.

Mercoledì 10 giugno esce per l’ultima volta nel giardino del convento: passeggia stancamente, contempla il cielo, si intenerisce guardando i fiori. La sera si sente più affaticato del solito e la febbre aumenta in modo imprevisto. Il malato chiede di confessarsi e alla presenza dei confratelli dichiara con commovente serenità di accettare la morte dalle mani del Signore; a lui ancora una volta offre la sua giovane vita. “E mentre la comunità lo assiste in preghiera – riferisce la cronaca del convento – Vincenzo il 10 giugno 1925 spira nel bacio del Signore. Era arrivato al secondo anno di teologia e aveva 22 anni, 5 mesi e15 giorni”. (162)

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