QUI COMANDO IO…

Stati sovrani e autoproclamati…
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 23 Febbraio 2021

All’Onu ne aderiscono 193, poi ce ne sono altri che non ne fanno parte e, tra questi, i più piccoli: Città del Vaticano, Principato di Monaco, Nauru, Tuvalu e San Marino. Infine, alcuni estemporanei che reclamano l’indipendenza

Quanti sono gli stati sovrani nel mondo? All’Onu ne aderiscono 193; poi ce ne sono altri che non ne fanno parte e, tra questi, i più piccoli. Nell’ordine (dal più minuscolo): Città del Vaticano, Principato di Monaco, Nauru, Tuvalu, San Marino. Infine, alcuni stati che reclamano l’indipendenza, che si sono autoproclamati e sono riconosciuti solo da micronazioni simili. Si tratta di “stati”… estemporanei, le cui storie inducono al buonumore regalandoci un sorriso. Sono tutti “sopportati” dai Paesi nei quali si trovano, e nessuno mai ha pensato di muovere “guerra” nei loro confronti. Tranne uno, che è stato “abbattuto” dall’Italia, dimostratasi in quella circostanza, priva di senso dell’ironia. Vediamoli da vicino.

Repubblica di Molossia – Si trova nel Nevada (Usa) e si estende per un acro di terreno. Fu fondata nel 1999 da Kevin Baugh che ne è il presidente. L’intera Repubblica è formata da una piccola casa, nota come il Palazzo del Governo, dove Baugh vive con la sua famiglia, e dal terreno circostante. Molossia ha rivendicato altre aree del Paese e persino 50 mila acri su Venere. Ha una sua moneta che viene stampata su fiche da poker. In passato si è considerata in guerra con la Germania dell’Est. Non vengono accettate domande di nazionalità perché tutti i cittadini appartengono alla famiglia del presidente.

Conch Republic – Situata all’estremità sud della Florida, fu fondata nel 1982 in segno di protesta nei confronti degli Stati Uniti. In quel periodo la polizia di frontiera istituiva molti posti di blocco a caccia di immigrati clandestini o droga. I blocchi disturbavano i turisti e irretivano il Consiglio comunale della cittadina di Key West (68 mila abitanti). Quando le denunce del Consiglio non ricevettero risposta dal governo federale e i tentativi di ottenere un’ingiunzione contro i blocchi stradali fallirono in tribunale, come forma di protesta, il sindaco Dennis Wardlow e il Consiglio dichiararono l’indipendenza (23 aprile 1982). Poiché molti dei cittadini venivano chiamati Conchs, la nazione prese il nome di Conch Republic. I funzionari della Conch Republic furono invitati al Vertice delle Americhe a Miami del 1994 e al Giubileo della Florida del 1995. La Republic emette passaporti ed è dotata di un proprio esercito.

Regno di Redonda – Si tratta di una delle micronazioni più antiche al mondo e comprende solo l’isolotto caraibico disabitato di Redonda, di circa 3 km² situato tra le isole di Nevis e Monserrat, nelle Antille. L’isola appartiene allo stato di Antigua e Barbuda. Il regno venne fondato nel 1865 dal banchiere Matthew Dowdy Shiell con il beneplacito della Regina Vittoria e del dominio coloniale britannico. Ha più di cento abitanti poliglotti, considerato che ha due lingue ufficiali: l’inglese e lo spagnolo. Redonda ha anche una sua Fondazione con tanto di sito internet nel quale si informa il mondo che l’isola “fu scoperta da Cristoforo Colombo alle 20, la sera del 12 novembre 1493, nel suo secondo viaggio di esplorazione. A causa della sua forma apparentemente arrotondata, la chiamò Santa Maria la Redonda, ma non tentò di attraccare”.

Principato di Sealand – Ex avamposto militare nel Mare del Nord, una decina di chilometri al largo della contea di Suffolk (Regno Unito), dal 1967 è uno stato indipendente (o dice di esserlo); ha un paio di abitanti o poco più e una sua moneta. Fu fondato da Roy Bates, gestore di una radio pirata, per trasmettere in completa libertà. Sorge su una piattaforma petrolifera risalente alla Seconda guerra mondiale. Possiede bandiera, costituzione, inno nazionale; emette moneta e passaporti propri. Col tempo è diventata una roccaforte del web-hosting. È possibile acquistare online il titolo di Barone o Conte di Sealand.

Liberland – È la micronazione più giovane (13 aprile 2015); si estende per circa sette chilometri quadrati in un’area a cavallo del Danubio, in un territorio tra Serbia e Croazia (che se la contendono). Fu fondata dal politico e attivista ceco Vìt Jedlicka, sul principio libertario del “vivi e lascia vivere”. I simboli della bandiera sono un’aquila, un albero e un sole, che rappresentano libertà, prosperità ed energia. Ad aprile 2020, le richieste per diventare cittadini, dichiarate sul sito ufficiale, erano 500.000 e i residenti 1.000. Sette deputati polacchi hanno chiesto al loro governo di riconoscerla.

Repubblica di Užupis – È il pittoresco quartiere bohemien di Vilnius, capitale della Lituania. Da zona degradata, a metà degli anni 90 si trasformò perché artisti e intellettuali, attirati dai prezzi bassi, vi si trasferirono aprendo laboratori e gallerie che determinarono uno sviluppo eccezionale. Come forma di riscatto, nel 1997 fu istituita la Repubblica di Užupis, che si dichiarò indipendente il 1° aprile 2000. Užupis ha una costituzione, un inno, una bandiera (che cambia colore a seconda delle stagioni), una moneta, un esercito (una decina di uomini), un presidente e un parlamento con sede presso il bar Užupio Kavinė. Tra i cittadini onorari, figura il Dalai Lama.

Granducato di Flandrensis – Il Gran-ducato di Flandrensis è una micronazione con rivendicazioni su alcuni territori dell’Antartide. Fondato nel 2008 dal belga Niels Vermeersch Flandrensis, sulla base di un’interpretazione del Trattato sull’Antartide (1959), rivendica cinque isole al largo delle coste dell’Antartide occidentale. Lo staterello ha intenti di tutela ambientale e di sensibilizzazione sull’impatto del riscaldamento globale. Emette documenti di identità, moneta e possiede una propria Costituzione e un inno nazionale. I cento abitanti provengono da 21 nazioni.

Ma la più famosa di tutte, cui hanno dedicato un libro e un film, è anche quella che non esiste più, la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose (Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj). Fu progettata e realizzata dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa che realizzò una piattaforma di 400 metri quadrati destinata ad ampliarsi con la sopraelevazione di un piano. I lavori cominciarono nel 1966 e subito la Capitaneria di porto di Rimini ne chiese inutilmente il blocco. Anche la polizia si interessò alla vicenda, ma la piattaforma fu completata e nell’estate del 1967 fu inaugurata. Il primo maggio del 1968 Rosa dichiarò unilateralmente l’indipendenza della sua isola artificiale, nominandosene presidente. Chiamò la nuova micronazione Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose e la dotò di una lingua ufficiale, l’esperanto, di un governo e di una propria valuta. Il mese seguente tenne anche una conferenza stampa per comunicare al mondo la costituzione del nuovo stato.

Le autorità italiane non la presero bene: ordinarono la demolizione e disposero una specie di blocco navale intorno all’isola. Della faccenda si occuparono pure i servizi segreti e persino la Com-missione europea, alla quale fece ricorso il “presidente”. Lo stato continuò nella sua azione distruttrice, mandò una decina di pilotine della polizia con a bordo agenti e militari che presero possesso dell’Isola delle Rose, abitata in quel momento dal guardiano e dalla sua compagna. Gli appelli di Rosa caddero nel vuoto e il ministro dell’Interno, Franco Restivo (lo stesso dei carri armati a Reggio Calabria e della celere “cattiva” a L’Aquila, per i moti legati ai capoluoghi) la fece minare e abbattere nel 1969.

Finì così il sogno di una Repubblica favolistica nostrana. Mentre altrove le micronazioni venivano, e vengono, sopportate, da noi lo stato fu forte con i deboli. Fu cambiato il finale a una favola adolescenziale, facendo vincere l’orco cattivo. Ma coloro che amano le fiabe la ricorderanno sempre con i versi di De Andre: “… e come tutte le più belle cose/vivesti solo un giorno, come le rose”.

Comunque, qualcosa sortì: il Consiglio d’Europa dichiarò di non potersi esprimere in merito alla contesa tra lo stato italiano e la libera Repubblica delle Rose perché l’isola risultava al di fuori delle acque territoriali europee, riconoscendola implicitamente come stato indipendente. Per evitare che accadesse di nuovo un fatto simile, l’Onu spostò il confine delle acque nazionali da 6 a 12 miglia in tutto il mondo. Ad oggi la distruzione dell’Isola delle Rose rimane l’unica guerra di invasioni commessa dalla Repubblica italiana

Comments are closed.