NUMERI SBAGLIATI OPPURE “DOPATI”?

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 2 Gennaio 2022

Ogni anno c’è qualche istituto che stila classifiche sulla qualità della vita nelle città e nelle province del nostro paese. I parametri presi in considerazione sono, più o meno, gli stessi ogni anno: reddito, ricchezza, dimensione ambientale, affari e lavoro, sicurezza, tempo libero e turismo, formazione e istruzione. Sono classifiche che ci parlano del nostro modo di vivere e, in una qualche misura, del nostro grado di benessere. Ovviamente si tratta di indicazioni di massima, che probabilmente non vanno prese del tutto alla lettera. Si tratta di statistiche, di numeri che indicano linee di tendenza. Altrimenti ci sarebbe da fare qualche considerazione ironica che richiama alla mente abusati paradossi trilussiani: “Da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo l’anno: e , se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’è un antro che se ne magna due”.

Orbene, lor signori (quelli che sulle statistiche ci lavorano e si rompono la testa con i numeri) dovrebbero spiegarci, allora, come sia possibile che, da un anno all’altro, una provincia o una città possano precipitare dalla 22/esima alla 68/esima posizione. Com’è accaduto alla provincia dell’Aquila secondo la statistica di recente pubblicata dall’università la Sapienza di Roma, in collaborazione con Cattolica Assicurazioni. Possibile che, in una lasso di tempo di 12 mesi, gli abitanti della provincia siano diventati tutti improvvisamente più poveri o che abbiano finito di vivere, con la stessa repentina velocità, dall’Olimpo ambientale in una bolgia dantesca pervasa da miasmi di zolfo e con livello di inquinamento pari solo alle perenni nebbie di anidride carbonica di Pechino? Per le altre province, Teramo, Chieti, Pescara, nulla da eccepire: le posizioni con leggeri scostamenti sono rimaste sostanzialmente le stesse. Non se la passavano bene ieri e nemmeno oggi le cose vanno meglio.

In Abruzzo al primo posto, 60/esima posizione nella classifica nazionale, c’è la provincia di Teramo, l’anno scorso 57/esima; a seguire quella di Chieti, che è 67/esima, l’anno scorso 56/esima; Pescara che, anche se resta l’ultima della regione, al 73/esimo posto, guadagna posizioni rispetto alla scorso anno, quando era 81/esima.

Insomma, come è potuta accadere una metamorfosi di tale portata alla provincia dell’Aquila? Ci siamo persi qualcosa? Un altro terremoto, un cataclisma, licenziamenti in massa, esplosione di qualche impianto chimico che ha avvelenato l’aria? Cosa è potuto accadere di tanto drammatico da farle perdere 46 posizioni in classifica con un colpo solo? Insomma, ci pare proprio che qualcosa non abbia funzionato nei rilevamenti. O sono stati “dopati” prima o sono sbagliati adesso. È la statistica, bellezza.

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