NECESSITÀ DEL DISCERNIMENTO

By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 31 Maggio 2018

Ci dedichiamo ora a commentare il numero 11 della costituzione pastorale, nel quale i padri conciliari si soffermano a meditare sull’azione dello Spirito Santo sul popolo di Dio in cammino nella storia verso il regno. Il discorso passa perciò dal considerare la situazione del mondo a interrogarsi circa il modo con cui ogni uomo deve orientarsi e comportarsi di fatto.

Scrivono i padri conciliari: “Il popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio”.

La luce della fede

La sua capacità di discernimento il popolo di Dio non la ricava solo dalla esperienza umana accumulata lungo i secoli, (anche se i padri conciliari non mancano di affermarne l’utilità e la necessità), ma anche e anzitutto da quella luce nei confronti della quale ogni altra luce diventa fioca e quasi inutile. La fede, per chi la coltiva con profondo senso di umiltà, è come una lampada che illumina e rischiara: “Lampada ai miei passi è la tua parola, Signore,/ luce sul mio cammino” (Salmo 119, 105).

“La fede infatti – scrivono i padri conciliari – tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane”. Annotiamo che le soluzioni verso le quali la fede guida sono dette “pienamente umane”, per indicare che ciò che la  fede dona o ridona non è qualcosa di aggiunto all’umano, ma lo integra, lo risana e lo porta a perfezione.

In altri termini: ogni uomo deve sapere e deve rendersi conto che non è chiamato solo a sbarcare il lunario, a sopravvivere nelle diverse traversie della vita terrena, ma a conseguire un premio eterno. Siamo fatti non per la terra, ma per il cielo; o meglio siamo chiamati a vivere sulla terra per arrivare al cielo. La terra ci è donata per abitarvi provvisoriamente, il cielo invece per abitarvi per sempre.

Discernere il bene dal male

Occorre chiarire bene su che cosa si intende per “discernimento”. È fin troppo facile, infatti, cadere in qualche equivoco, che certo non ci porterebbe verso traguardi desiderabili. Sarebbe controproducente restringere il significato del termine alla sfera teorica, come se si trattasse solo di capire per distinguere.

Discernere, infatti, implica certamente capacità di distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, eccetera. Ma non basta: discernere implica anche volontà di optare per il bene contro il male, per ciò che è giusto contro ciò che è ingiusto, eccetera. Infine, discernere esige che ci si ponga decisamente e fattivamente dalla parte del bene contro il male, dalla parte di ciò che è giusto contro ciò che è ingiusto, eccetera.

È quanto si intuisce anche in queste parole dei padri conciliari: “In questa luce il concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio sui valori che oggi sono in  grandissima stima e di ricondurli alla loro divina origine”. Ecco il punto: discernere tra valori autentici e pseudovalori per ricondurre l’uomo alla sua origine, cioè a Dio. Annotiamo inoltre che il “giudizio” di cui si parla e che deve essere emesso cade non sulle  intenzioni ma sugli atti dai quali traspare quale discernimento abbiamo esercitato.

Una missione di natura religiosa

“In seguito risulterà ancora più chiaramente che il popolo di Dio e l’umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio, così che la missione della Chiesa si mostri di natura religiosa e per ciò stesso profondamente umana”.

A questo punto i padri conciliari rimandano al capitolo IV della costituzione pastorale, che tratterà della vita della comunità politica: segno evidente che essi desiderano che questa loro affermazione, che potrebbe sembrare ancora un po’ astratta, venga completata e verificata con l’insegnamento che seguirà.

Ma soprattutto merita di essere messo in evidenza il significato che i padri conciliari danno alla espressione “missione di natura religiosa”. In piena coerenza con quanto hanno insegnato finora,essi ritengono che la Chiesa avrà svolto la sua missione in perfetta adesione al mandato di Gesù quando potrà dire di aver messo in atto un “reciproco servizio”: tale cioè da poter arricchire sia la Chiesa sia il mondo; tale, comunque, da non ledere i diritti di nessuno e da assicurare, al contrario, la giusta libertà a  ciascuno.

 

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