SECONDO IL WORLD ECONOMIC FORUM NEGLI ULTIMI ANNI L’IMPLEMENTAZIONE DELLE RIFORME HA AGEVOLATO LA COMPETITIVITà DELLE IMPRESE, MA PESANO LA BUROCRAZIA E LA CORRUZIONE. IL FUTURO TUTTAVIA SI ANNUNCIA MENO TETRO
C’erano due amici, uno alto e l’altro bassino. Quest’ultimo si lamentava perché quando andavano a camminare l’amico lo distanziava sempre. “È perché ho le gambe più lunghe delle tue”, gli spiegava; poi, per tirarlo su di morale, aggiungeva: “Non te la prendere, d’altronde, anche tu ti muovi”. È questa la prima cosa che ci è venuta in mente guardando il rapporto sulla competitività del World Economic Forum (Wef), una fondazione svizzera senza fini di lucro con sede a Cologny, vicino a Ginevra. Nel suo Global Competitiveness Report 2016-2017 compaiono 138 Stati e noi occupiamo il 44° posto nella classifica riassuntiva stilata in base alle analisi di diversi fattori, non solo economici.
Nella relazione che accompagna lo studio, si sostiene che l’Italia è migliorata, ma più lentamente di altri; per questo motivo è stata superata da altri, perdendo addirittura una posizione. Cioè: andiamo avanti, ma restiamo sempre più indietro di tanti altri. Nella fattispecie, di Svizzera, Singapore e Usa (primi tre posti), ma anche di altri 19 paesi europei, come – giusto per fare qualche esempio – la Francia (21a) e la Spagna (23a); appena prima del Portogallo (46°). Praticamente, ci precedono tutti i paesi del nord Europa (Estonia compresa) e alcuni dell’est (Repubblica Ceca (31a) e Russia (43a), anche se possiamo considerarci bravissimi nei confronti della Grecia (86a) che, evidentemente, ha gambe ancora più corte delle nostre.
A frenarci, secondo gli analisti del Wef, sono l’elevato grado di tassazione, la debolezza del lavoro, dei mercati finanziari (in particolare le banche, frenate dai crediti deteriorati) e una digitalizzazione ancora poco diffusa. Le riforme hanno migliorato la situazione, ma pesano la burocrazia, la fuga dei talenti e i tempi lunghi necessari perché funzioni il famoso Jobs act. Anche se lentamente, si sta riducendo il divario con le altre principali economie europee. Però, altri paesi emergenti stanno facendo meglio, come l’India (39a), causando il calo di una posizione nel ranking. È successo anche alla Germania, che scende di un gradino, ma se lo può permettere: è quinta.
Nel report si sostiene che “l’implementazione delle riforme negli ultimi anni ha migliorato la competitività per le imprese, ma la corruzione (+14 per cento), ai fini delle prestazioni del settore pubblico rimane ancora elevata, con la burocrazia troppo pervasiva e un sistema giudiziario altamente inefficiente”. Sempre secondo il Wef, il nostro mercato del lavoro è diventato più efficiente: licenziamenti e assunzioni sono diventati più flessibili mentre la contrattazione sui salari è stata decentrata. Tutte queste riforme, a giudizio degli esperti del Wef hanno migliorato la situazione ma richiederanno tempo prima che possano essere raccolti i frutti; nel mentre, serviranno più relazioni cooperative e meno conflittuali tra datori di lavoro e dipendenti.
Nel frattempo l’Italia continua a sperperare le sue risorse: nel sud solo una donna su tre lavora (dati Istat) e la riforma del sistema pensionistico introdotta nel 2012 ha bloccato ulteriormente il mercato del lavoro ai giovani. Ma uno dei problemi è lo sviluppo del sistema finanziario: nell’accesso al credito l’Italia s’aggira nei bassifondi della graduatoria (122a su 138); il settore bancario è carico di crediti in sofferenza e alcune istituzioni necessitano di ricapitalizzazioni.
I recenti scandali bancari hanno ridotto ulteriormente la fiducia dei risparmiatori, mentre alcune questioni cruciali, tra cui il forte legame con le fondazioni locali, sono state risolte solo in parte. L’Italia ha rafforzato la sua posizione macroeconomica, ma il debito pubblico resta ancora elevato anche a causa della bassa inflazione: mentre scriviamo ha superato i 2.260 miliardi di euro e veleggia imperterrito verso cifre più alte; stessa cosa dicasi per l’andamento del rapporto debito/Pil: era del 123,3% nel 2012, si stima che entro la fine di quest’anno possa arrivare al 132,7%.
Il futuro, però, si annuncia meno tetro: il Wef scorge all’orizzonte “qualche segnale incoraggiante”, come la maggiore efficienza del mercato del lavoro e miglioramenti sul fronte dell’etica. Ma, avverte, ci vorrà tempo prima che si vedano i pieni benefici delle riforme. Inoltre, anche se è migliorata la percezione delle aziende sulla corruzione, siamo scarsi nel settore dell’amministrazione pubblica, dove furoreggiano la burocrazia e gli sprechi (130° posto!) e il sistema giudiziario è ritenuto inefficiente (nel report sulla risoluzione delle controversie occupa il terz’ultimo posto!).
Insomma, gli analisti del Wef guardano con scetticismo ai bei paesaggi che ci vengono presentati sulla nostra situazione. Secondo loro, gli italiani sono incapaci di affrontare e risolvere i punti deboli del loro sistema, come il debito, la burocrazia, l’imposizione fiscale troppo alta e la solita corruzione. Ma allora, cosa ci salva? La creatività. Come sempre: pane, amore e fantasia. Tanta fantasia.