Molti sono convinti che l’esistenza sulla terra è basata sulla violenza: la vita di una specie è la morte dell’altra. Anche l’essere umano aggredisce gli altri viventi e i suoi simili. Il problema dell’abbattimento degli orsi ritenuti troppo aggressivi, la dice lunga sul problema della violenza in natura. Noi cristiani cosa dobbiamo pensare? Bruno S. (Teramo)
Da più parti si sostiene che la storia umana si può descrivere come “la storia del pesce grande che mangia il pesce piccolo”. La forza dell’uno sull’altro sarebbe la dominante: l’uno avanza a spese dell’altro, la vita dell’uno comporta la morte dell’altro. È veramente così?
La violenza non è un dato fatale e irreversibile, così che non ci sarebbe altro da fare che constatare e arrendersi. L’essere umano è chiamato a camminare per la via della pace e della nonviolenza, a rendere buona la natura, usando in modo costruttivo le conoscenze scientifiche e le possibilità tecnologiche, ammansire e servirsi in modo rispettoso degli animali, imparare a risolvere in senso costruttivo i conflitti che il cammino dell’umanità inevitabilmente fa emergere.
Ma questo è impensabile se l’essere umano, dal profondo del cuore, non diventa buono. La violenza, che è nell’essere umano, si ripercuote anche sull’universo e quanto esso contiene.
È dall’essere umano che si deve partire per invertire la logica della violenza, così che la riconciliazione con Dio porti anche alla pace tra gli uomini.
L’appello evangelico alla conversione permette ed esige un passaggio dalla violenza alla pace, dall’egoismo all’amore. Il regno di Dio si fa strada, già ora, là dove gli uomini e le donne si muovono secondo le beatitudini evangeliche: pace, giustizia, mitezza, misericordia, perdono.
Sono parole, valori, prospettive che domandano di farsi scelte concrete nel privato e nel pubblico. Chi si impegna a contrastare la violenza e la forza nei rapporti interumani, nel creato e con tutte le creature, anticipa il futuro promesso.
Il progetto di Dio va in quella direzione, e chi agisce in quella direzione collabora alla grande opera di Dio. All’opposto chi, anche se credente, favorisce o tollera violenza dentro e fuori di lui, contrasta il disegno di Dio e in qualche modo ne ritarda l’avvento.