iL SESSO COME SPORT

Non sono un teologo e nemmeno un moralista. Non ho fatto studi di pedagogia e non sono un esperto di quell’età critica che va sotto il nome di adolescenza. Mi avventuro, quindi, in un campo non mio e lo faccio felpatamente, prudentemente, non come un elefante in una cristalleria. Ne parlerò, quindi, da uomo della strada, guardando il fenomeno da lontano, come un comune mortale che vede, osserva e ragiona.

Una settimana fa ero all’estero e ho cenato con la direttrice di una scuola cattolica femminile (non dirò di quale Paese). Mi ha raccontato – sospirando – alcune cose che mi hanno colpito. Mi ha detto, questa suora che non veste da suora, che le ragazze del suo istituto cominciano ad avere rapporti sessuali nella prima pubertà, anche quattordici anni, e molte portano sul braccio un’incisione dove si deposita un anticoncezionale, e sono proprio le madri che accompagnano le figlie dal ginecologo per non avere la sorpresa di un nipote indesiderato. Non so la percentuale di questo fenomeno ma suppongo che si tratti di una cifra non irrisoria, e il Paese europeo di cui sto parlando era noto fino a quarant’anni fa per il suo integralismo tradizionale. E allora, non essendo un confessore, non mi fermerò a commentare questo fatto sul piano religioso o spirituale. Altri lo faranno molto meglio di me e con più autorevolezza.

Il fatto che la preoccupazione sia solamente quella di non restare incinte, significa che le ragazze vanno incontro a molteplici contatti. Per amore?

Ed è qui che l’uomo della strada sarebbe pronto anche a capire se si trattasse prima di tutto di un trasporto sentimentale, di una fascinazione intensa, di un coinvolgimento anche mentale. Ma quello che balza agli occhi è invece una serie di incontri casuali, sulla spiaggia, dopo la discoteca, fra le mura domestiche, nei collegi, in campagna, senza che esista un accumulo di tenerezza. E perché questo sesso consumato quasi per gioco? Perché così fan tutte, perché è la moda, perché ne parlano le riviste, perché cosi si confidano le attrici, perché si rischia di passare per retrograde e bacchettone. Un rapporto che spesso si consuma come si consuma una bevanda, rapidamente, inaspettatamente, senza tracce e coinvolgimenti. Un tempo si diceva che molti matrimoni fallivano perché le spose giungevano vergini al matrimonio, senza esperienza. Oggi che questa esperienza è diffusa, i matrimoni sembra che non ne traggano beneficio, segno che la medicina non è il sesso ma l’amore, un amore inteso come confidenza, come sostegno, come intelligenza, come fantasia, come cultura, come comprensione.

Ho chiesto a questa educatrice come vedeva il futuro, se intravvedeva una soluzione e un approdo. E la risposta è stata dapprima un attimo di silenzio, poi uno sguardo smarrito di chi non sa quale strada imboccare, attenzione soprattutto agli eccessi, se troppo moralismo o troppo lassismo, se troppa comprensione o troppa rassegnazione. Credo che a questo bivio sia oggi tutto il settore dell’educazione, nella scuola, in famiglia, nelle associazioni. Un’incertezza sui fini e sui metodi. Anche se ho tante prove che ci sono educatori nella scuola che hanno lasciato il segno, come un’eredità che si protrae negli anni. “Bisogna aspettare – mi ha detto questa suora laica – che la marea si ritragga e tanta speranza”. Non è un programma ma la certezza che la realtà corregge da sé tutti gli eccessi e trasforma mentalità e costumi. È la saggezza della storia, o – meglio – la provvidenza della storia.